Vinicio Boschetti racconta: la nascita del quotidiano Il Mediterraneo di Palermo. I retroscena di un’avventura che ha visto la luce nella casa del papà di Giulio Ambrosetti

L’idea di un nuovo giornale

Alla fine, per me, il tentativo di riaprire il quotidiano L’Ora è stata una perdita di tempo. Intanto con Francesco Terracina e Giulio Ambrosetti coltivavamo l’idea di un nuovo quotidiano. Una mattina Giulio mi chiamò al telefono. “Sai – mi disse – c’è una mezza idea. Ci dobbiamo vedere a casa di mio padre”. Gli risposi: “Prima vieni qui da me e mi spieghi di che si tratta. Ad ora di pranzo Giulio mi ha raggiunto al capannone di Torretta. Giulio ama un piatto: gli spaghetti alla carrettiera con doppio peperoncino. Da quelle parti c’è una trattoria per camionisti dove, a suo parere, la preparano benissimo. Così ci siamo seduti davanti a un piatto di spaghetti. “Senti – mi ha detto Giulio – ieri sono andato a pranzo da mio padre. Sono arrivato in anticipo e, seduto in giardino con mio padre, ho trovato l’onorevole Salvatore Sciangula. Abbiamo cominciato a parlare del più e del meno, ricordando gli anni in cui lui era assessore regionale ai Lavori pubblici. A un certo punto mi ha detto: ‘Ti interesserebbe fare un giornale?’. Perché no, gli ho risposto. ‘Però te ne devi occupare tu – ha precisato Sciangula –. Io di attività editoriale non ne mastico. Dovresti trovare tu chi si occupa di tutto’. Gli ho risposto che conosco la persona adatta, che ovviamente sei tu. Gli ho detto che sei un bravissimo pubblicitario. Così ho preso un appuntamento per domani da mio padre, a metà mattinata. Ovviamente avvertiamo anche Saro (come ho detto, per Giulio Francesco si chiama Saro e non ha mai smesso di chiamarlo così). E, naturalmente, Pippo Morina. Del resto, cercavamo investitori, no?”. (Sopra foto tratta da Diritto dell’Informazione)

La sede della prima redazione in via Rosolino Pilo

Così l’indomani mattina ci siamo trovati nella casa del papà di Giulio. Eravamo in sei: l’onorevole Sciangula, io, Pippo Morina, Giulio Ambrosetti, Francesco Terracina e il padre di Giulio. Sciangula con me fu molto chiaro: era disposto a finanziare il giornale e gli piaceva l’idea che a dirigerlo fosse Giulio: “Lo conosco da anni ed è una persona libera – ha detto Sciangula -. Per noi, in questa fase politica di grande confusione, è la garanzia che ci serve”. Eravamo in piena Tangentopoli e la confusione regnava sovrana. Silvio Berlusconi stava scendendo in campo ma nessuno immaginava che avrebbe vinto le elezioni politiche del 1994. In questo scenario caotico ho iniziato a muovermi sfruttando le mie conoscenze. Prima, però, come ho sempre fatto fino a quando è rimasto in vita, sono andato a trovare il conte Arturo Cassina. Mi ascoltò con attenzione e poi alla fine mi disse: “Vai, questa volta hai il mio placet. Vedrò di darti una mano con la redazione”. Così è cominciata la nuova avventura. In Francia, a Nizza, ho ordinato una macchina di stampa Goss Comunity. Ricordo ancora che diedi 50 milioni di lire di anticipo. Poi si sarebbe presentato l’intermediario per ritirare altri 100 milioni di lire. Ho fatto costruire un capannone accanto a quello dei miei figli, a Torretta, per sistemare la rotativa, che è la macchina di stampa che serve per stampare un quotidiano. Il Conte Cassina mi ha affittato quella che sarebbe stata la prima sede del giornale in un palazzo nel centro di Palermo, in via Rosolino Pilo. Ovviamente, un affitto basso per venirmi incontro. Stavo già acquistando i computer quando, chiamiamola così, esplode la ‘bomba’: l’arresto dell’onorevole Sciangula. Per me è stata una botta in testa micidiale. (Sopra, foto di Vinicio Boschetti)

L’acquisto della rotativa

In attesa che arrivassero i fondi degli investitori capeggiati da Sciangula – lo stesso ex assessore regionale mi aveva detto che non sarebbe stato solo – avevo anticipato io, tra rotativa, computer e affitti, più di 200 milioni di lire. La vicenda giudiziaria di Sciangula era un po’ ingarbugliata. Se debbo essere sincero, nonostante i suoi guai non mi ha abbandonato. Tramite il suo segretario mi fece avere 100 milioni di lire in assegni post datati. Di questi 100 milioni ho recuperato appena 30 milioni di lire. Ho acquistato tavoli, sedie, computer. Sciangula mi fece recapitare una bellissima scrivania. Dopo di che era un gran casino. Ho scontato i titoli di Sciangula al Monte dei Paschi di Siena ed ho dovuto dare indietro 70 milioni di lire. Avevo messo in moto la ‘macchina’ del giornale e, di fatto, non avevo i soldi per proseguire. Ho detto che ho anticipato i 50 milioni di lire per la rotativa, il resto dei soldi li hanno anticipati i miei figli. Il mio amico Eugenio Manzella e due ragazzi divennero i tipografi. Come ho già ricordato, la rotativa è stata sistemata nel secondo capannone di Torretta. Sembrava che tutto dovesse andare per il meglio, invece sono cominciati i problemi. Intanto ci voleva la corrente elettrica per fare funzionare la rotativa. Ho acquistato un generatore di corrente a nafta da mille litri, perché l’ENEL, per portare la corrente elettrica nel secondo capannone di Torretta, mi chiese un capitale. I due ragazzi della tipografia, per mettere l’inchiostro nella rotativa, si dovevano arrampicare su uno sgabello perché erano bassi. I miei figli li prendevano in giro bonariamente chiamandoli puffi. Con gli amici di Manzella, non senza fatica, abbiamo sistemato la parte elettrica. Insomma, la tipografia era pronta. O almeno così pensavo.

Il progetto grafico di Paolo Firriani

A questo punto debbo raccontare come abbiamo deciso di chiamare il giornale e come è nata la redazione. Abbiamo deciso di chiamare il giornale Il Mediterraneo e su questo siamo stati tutti d’accordo. C’è stato qualche mugugno per la direzione. Il direttore avrebbe dovuto essere Giulio. Poi, però, abbiamo optato per Francesco Terracina. L’abbiamo anche motivato e Giulio era tutto sommato d’accordo. “Accetto per l’amicizia che mi lega a Saro. Ma gli accordi non erano questi”. Gli abbiamo detto: Giulio, tu sei un giornalista che scrive e devi trovare le notizie, di fatto sei il direttore insieme con Francesco. Giulio ha accettato. Ma ha posto una condizione: “Le assunzioni dei giornalisti dobbiamo farle insieme. Se cominciate ad assumere a destra e a manca sarò costretto a salutarvi”. Un altro motivo di scontro è stata la data di uscita del giornale. Giulio voleva prendersi almeno due, tre settimane di tempo per sistemare la redazione. Non solo. Giulio chiedeva almeno una settimana di prova per vedere come funzionava la rotativa. In più, il progetto grafico del giornale messo a punto da Paolo Ferriani era innovativo e, sempre secondo Giulio, i giornalisti avevano bisogno di almeno una settimana di prova per prenderci la mano. Ricordo che Giulio e debbo dire anche Francesco Terracina erano innamorati del progetto grafico di Paolo. La novità risiedeva nel sommario, che era un po’ più lungo dei sommari ordinari e, a scelta del giornalista, poteva raccontare non soltanto il contenuto dell’articolo, ma anche qualche eventuale approfondimento.

La morte dell’ex assessore regionale Salvatore Sciangula, che avrebbe dovuto editare il giornale sostenuto da una cordata di investitori

In verità, Giulio non aveva tutti i torti quando chiedeva almeno una settimana di tempo per prendere la mano con la grafica e per verificare la funzionalità della rotativa. E infatti i giornalisti si lamentavano un po’ della grafica. La chiamavano “La trappola di Ferriani”. In realtà bisognava lavorare un po’ di più al desk. Tutto qui. Insomma, prima di andare in edicola volevano un altro po’ di tempo per le prove. Solo che io avevo già chiuso i primi contratti pubblicitari, perché il mio lavoro di pubblicitario l’ho fatto sempre bene. Con la contrarietà di Giulio e con una redazione ancora monca il giornale è andato in edicola. I primi sette giorni sono stati di passione. Anzi, se debbo essere sincero, un mezzo disastro. La stampa non era granché e il giornale macchiava le mani dei lettori. La partenza non è stata bella. Anzi. Va detto, però, che dopo una settimana era tutto a posto. Ora sì che iniziava la vera avventura. Ero gasatissimo e più che mai convinto che Il Mediterraneo sarebbe stato un grande giornale. Ma non sempre tutto va per il verso giusto. Sciangula, che aveva già problemi giudiziari, muore durante i lavori parlamentari dell’Assemblea regionale siciliana. Ovviamente, sono rimasto spiazzato. E soprattutto solo. Ma ormai l’avventura era iniziata. E non avevo intenzione di tirarmi indietro. La società che editava il giornale – Edizioni locali – aveva già affittato il locale dove sistemare la redazione. C’era già tutta l’attrezzatura e c’era, in parte, anche la redazione. A gestire la società era arrivato Giuseppe Lauria, amministratore unico sin dalla fondazione della società, che era una garanzia sia per me, sia per Sciangula. Lauria, infatti, aveva alle spalle una grande esperienza nel settore finanziario e bancario. Venendo a mancare Sciangula non potevo proseguire da solo. Anche perché io sono un pubblicitario, non un editore. Avevo bisogno di un partner. E per questo che mi sono rivolto a Giovanni Ania, titolare di un’azienda che distribuisce giornali e periodici. Ania si impegnò ad acquistare quote della società Edizioni Locali, versando, a più riprese, circa 150 milioni di lire. Di fatto, ha sostituito Sciangula. Ania si garantì il regime d’esclusività nella distribuzione del giornale. Quello con Ania è stato un accordo piuttosto oneroso per me. Per trenta mesi circa la sua azienda si assicurò un aggio mensile di 13 milioni di lire per la distribuzione del giornale, soldi che si tratteneva dal ricavato delle vendite. Il tutto a prescindere dal valore reale e dal volume delle stesse vendite. Avevo un’alternativa? No. Perché, alla fine, l’azienda di Ania sosteneva la distribuzione del giornale e avrebbe dovuto dare una mano nella vendita, stimolando gli edicolanti e mettere bene in vista il quotidiano. Giulio era perplesso. Diceva che il giornale, a tutti i livelli, stava prendendo una brutta piega.

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