Vinicio Boschetti parla della crisi della carta stampata: “Oggi i giornali costano troppo. Un euro e mezzo è un prezzo troppo alto. Questo non aiuta la loro vendita”

Oggi quarta puntata del volume dato alle stampa da Vinicio Boschetti, grande conoscitore della carta stampata in Sicilia (e non soltanto in Sicilia) dalla fine degli anni 70 ad oggi

“Se guardo oggi il mondo della carta stampata italiana mi viene la depressione. Nella mia vita non ho mai visto una crisi dei giornali come quella di oggi. Ognuno dà la sua spiegazione. La tesi forte, difficile da smontare, è che con l’avvento dei giornali informatici è cambiato tutto. E’ vero. Sulla rete oggi si trova di tutto. Molti quotidiani stanno cominciando a far pagare chi si collega. Chiedono l’abbonamento. Funzionerà? Non mi pronuncio. Io sono rimasto al mio mondo: il mondo dei giornali cartacei che ha accompagnato la mia vita per oltre sessant’anni. Per me il giornale si deve toccare, si deve sfogliare. Ancora oggi acquisto almeno sei quotidiani al giorno. Ecco, se c’è una cosa che cambierei è il prezzo. Un euro e mezzo per un giornale è troppo. Se ai tempi della lira un giornale fosse costato tre mila lire non lo avrebbe acquistato nessuno. Con l’euro l’effetto prezzo alto, dal punto di vista psicologico, si è attenuato. Ma tanta gente, oggi, non va oltre mille e trecento, mille e quattrocento euro al mese. Spendere tre euro al giorno per due quotidiani è pesante. Sono novanta euro al mese. Troppo. A mio avviso bisognerebbe abbassare i prezzi. Qualcuno mi dirà: la pubblicità che i giornali riescono ad intercettare, oggi, registra un calo spaventoso. Lo so. Ma tenere i prezzi dei quotidiani così alti non aiuta”. (sopra foto tratta da Diritto dell’Informazione)

“Il quotidiano, per definizione deve essere popolare. E il prezzo deve essere popolare”

Siamo arrivati alla quarta puntata del volume dato alle stampe da Vinicio Boschetti Giustizia è sfatta – pubblicitario di successo, grande protagonista della carta stampata in Sicilia dalla fine degli anni ’70 del secolo passato fino ai primi anni del 2000. Personaggio vulcanico, forse un po’ pasticcione ma di animo buono. Noi che l’abbiamo conosciuto nei primi anni ’80 del secolo passato non esitiamo a definirlo l’editore di giornali più ‘tradito’ del mondo. Oggi Vinicio ci racconta cosa pensa dei giornali cartacei di oggi: seguirlo ne vale la pena, perché è un profondo conoscitore della carta stampata e della ‘psicologia’, mettiamola così, di chi va in edicola ad acquistare un quotidiano. E poi la sua avventura umana e professionale in Sardegna e in Calabria. “Il quotidiano, per definizione – scrive Vinicio Boschetti- deve essere popolare. E il prezzo deve essere popolare. E ve lo dice uno che ha sperimentato il primo free press in Italia. Su questo argomento tornerò più avanti. Ora voglio raccontare il mio approccio in Sicilia con la carta stampata. Come ho già ricordato, a Genova mi ero messo in luce con buoni numeri. Il mio lavoro di pubblicitario non era sfuggito all’occhio attento del Commendatore Filippo Augusto Carbone, Amministratore Delegato della  Manzoni. E’ stato lui a volermi in Sicilia e non soltanto in Sicilia. A Palermo mi occupavo del quotidiano la Repubblica, che era appena stato fondato. Un giorno mi telefonò il commendatore Carbone. Mi disse: “In Sicilia stai andando bene, e non avevo dubbi. Ti devi trasferire per qualche settimana in Sardegna. Non manca a te ambientarti. A Palermo e in altre città della Sicilia ti muovi benissimo. E sono sicuro che farai la stessa cosa in Sardegna”. Insomma, dovevo andare a Cagliari. Bisognava raccogliere la pubblicità per il paginone che la Repubblica dedicava alla Sardegna, dove era già arrivato un allora giovane Corrado Augias. Bisognava lavorare al paginone week end in Sardegna. Io, ovviamente, dovevo cercare la pubblicità. Ricordo ancora quei giorni”.

L’arrivo in Sardegna

“Era il Marzo del 1978, proprio i giorni in cui avevano rapito il leader della Democrazia Cristiana, Aldo Moro. Giorni brutti e pesanti – ricorda Boschetti -. Clima politico molto teso. Paura. Tutta l’Italia era avvolta da questa atmosfera, dalle Alpi alla Sicilia. Lo stesso Commendatore Carbone era perfettamente cosciente delle difficoltà che avrei incontrato. “Vedi cosa puoi raccogliere”, mi disse. Quando ho messo piede in Sardegna non conoscevo nessuno. L’unica cosa che mi veniva in mente era il Cagliari di Gigi Riva e Manlio Scopigno che aveva vinto per la prima volta lo scudetto nel 1970. Il primo impatto è stato pesante. I sardi sono bellissime persone, ma sono un po’ diffidenti. Dovevo trovare la chiave per entrare nel mondo di quest’isola meravigliosa. Debbo dire che, inaspettatamente, sono stato fortunato. Per caso, dopo qualche giorno a Cagliari, mentre riflettevo su come cominciare a lavorare, ho scoperto che il presidente della Regione era un socialdemocratico, Ghinami. Le Regioni, in quegli anni, non erano molto note alle cronache. Tranne che in Sicilia, dove c’è l’Autonomia e il Parlamento. Anche in Sardegna c’è l’Autonomia con il Parlamento. E, se proprio la debbo dire tutta, ho avuto modo di appurare che in Sardegna il senso di appartenenza alla loro Isola, l’amore per l’Autonomia è, in generale, molto più forte che in Sicilia. Non c’è niente di male ad ammetterlo, i sardi sono molto fieri della loro Isola. Più dei siciliani verso la Sicilia. Nei miei primi giri in questa isola ho conosciuto Niki Grauso, che allora era il proprietario del quotidiano L’Unione Sarda. Come ho detto, per caso ho scoperto che, in quel momento, c’era un presidente della Regione Sardegna del PSDI, il dott. Ghinami. Con le mie conoscenze nel mondo socialdemocratico ho impiegato un giorno per arrivare al presidente della Regione Sardegna. Ricordo ancora la chiacchierata che ci siamo fatti. Gli ho parlato della mia appartenenza al partito, la mia militanza e le tante persone che conoscevo nel Partito Socialdemocratico. Abbiamo familiarizzato”.

“Nonostante il momento difficile e nonostante la novità di un giornale nazionale che si presentava al cospetto della diffidente Sardegna sono riuscito a raccogliere ben 70 milioni di lire. Un risultato eccezionale”

“Mi sono divertito quando abbiamo cominciato a parlare del giornale che rappresentavo, la Repubblica. Appena nominai il giornale il presidente della Regione Sardegna saltò dalla sedia: ‘Mi dici che sei socialdemocratico e ti presenti con il giornale del Partito Repubblicano?’, mi disse con l’aria un po’ delusa. Dovetti spiegare che la Repubblica, con il Partito Repubblicano, non c’entrata proprio nulla. ‘Presidente – gli dissi – il quotidiano la Repubblica è stato fondato per diventare un giornale nazionale, per essere letto in tutta l’Italia’. Sul suo tavolo c’era la mazzetta di giornali. Presi il Corriere della Sera e gli dissi: ‘Ecco, il Corriere della Sera, anche se punta ad essere un quotidiano nazionale è, in realtà, il giornale di Milano e della Lombardia e di qualche zona del Nord Italia. Così come La Stampa è il giornale di Torino e del Piemonte e di un po’ di Nord Italia. Il Messaggero è il giornale di Roma e del Lazio e di un po’ di Centro Italia. Il Mattino è il giornale di Napoli e della Campania. Certo, sono quotidiani che arrivano in tutta l’Italia, ma al di fuori delle loro rispettive aree di appartenenza vendono poche copie. Il quotidiano che rappresento – la Repubblica – è nato per diventare il primo giornale veramente italiano. Un quotidiano che punta ad avere lettori in tutt’e venti le Regioni italiane. Io, oggi, sono qui anche per cominciare a far conoscere e, possibilmente, a radicare la Repubblica in Sardegna”. Il mio discorso molto diretto colpì il presidente della Regione Sardegna. Mi diede una mano? Sì, direttamente e indirettamente. Mi ha fatto conoscere persone che mi hanno aiutato. Ho messo su il primo Speciale regionale del quotidiano la Repubblica. Nonostante il momento difficile e nonostante la novità di un giornale nazionale che si presentava al cospetto della diffidente Sardegna sono riuscito a raccogliere ben 70 milioni di lire. Un risultato eccezionale. Ricordo il mio primo cliente, Zedda Piras, che mi regalò una bottiglia di Mirto che lui produceva”.

Appuntamento in Calabria

“Il Commendatore Carbone era contento. Anzi, più che contento. Di lì a poco la Finegil – la società che gestiva la Repubblica e altri giornali – prese La Nuova Sardegna, quotidiano di quest’Isola e aprì una filiale a Sassari. A un certo punto ho pensato che mi avrebbero dirottato per sempre in Sardegna, visto che stavo andando alla grande. Non era così, perché il Commentatore Carbone voleva la mia presenza in Sicilia e, ogni tanto, qualche puntata in Sardegna. Si lavorava tanto con tante soddisfazioni. Solo Sicilia e Sardegna? Ma quando mai. Il Commentatore Carbone mi diceva: ‘Dobbiamo mettere radici in tutto il Sud Italia. E tu, uomo del Sud, sei la persona giusta. Sei empatico. Ho notato che susciti simpatia. Vediamo cosa sai fare in Calabria’. E così mi mandarono anche in Calabria. Dove – ma ormai c’ero abituato – dovevo cominciare da zero. Lì non ho trovato sponde politiche. Ma anche in Calabria sono stato fortunato, perché ho conosciuto alcuni compagni del PSDI che mi hanno dato una mano. Nella mia avventura calabrese mi sono portato dietro Dori Veneziano, persona molto efficiente. Anche i calabresi sono un po’ diffidenti. Ma se entri in contatto con loro e se gli presenti idee che gli vanno a genio ti seguono. Ho capito che in Calabria, oltre agli speciali, dovevo trovare qualcosa di diverso e di nuovo. Dopo pochi giorni, il tempo di ambientarmi, ho inventato due slogan. Il primo era ‘Calabria produce Calabria conviene’. Oggi leggo iniziative che promuovono il Km zero e invitano i meridionali a portare in tavola i prodotti locali. Io queste cose le ho messe a punto alla fine degli anni ’70 con successo. Il secondo slogan che mi sono inventato era: ‘Oggi c’è il Sole in Calabria’ accompagnato da una vignetta. Slogan e vignetta da inserire in tutti i giornali della Manzoni. Il messaggio era che mentre in altre zone d’Italia pioveva c’era freddo, in Calabria c’era il Sole. L’idea piacque molto ai calabresi di quegli anni e abbiamo fatto ottimi numeri. Mi piace ricordare un mezzo scivolone. Avevo preparato mezza pagina di pubblicità promuovendo la Calabria. E cosa fanno i giornalisti? Nella stessa pagina della pubblicità che promuoveva spunta un articolo che racconta di arresti della ‘ndrangheta… Carbone se la prese a ridere. Si fece un quadretto di questa pagina che teneva nella sua stanza. Era fiero di me; spesso, quando ero a Roma, andavo con lui a fare colazione dal Principe Carlo Caracciolo con latte bianco e biscotti savoiardi; alla fine finivamo a magiare pane e porchetta all’uscita. Ma adesso è il momento di parlare di Palermo. O meglio, della carta stampata a Palermo”.

Fine quarta puntata/ Continua

QUI TROVATE LE PRIME TRE PUNTATE

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