Un ultimo saluto a Ninni Giuffrida, grande protagonista della vita amministrativa dell’Assemblea regionale siciliana e storico di polso

E’ stato un personaggio importante nella vita del Parlamento dell’Isola e della ricerca storica

Tristezza e tanti ricordi. Ninni Giuffrida (foto sopra tratta dalla sua pagina Facebook) ha lasciato questo mondo. Una notizia che mi ha gettato nello sconforto. Per me Ninni è stato un punto di riferimento, quando mi sono occupato di politica seguendo le ‘avventure’ dell’Assemblea regionale siciliana, soprattutto negli anni ’90 del secolo passato. Quando ho messo per la prima volta piede nei saloni del Palazzo Reale di Palermo, nell’ormai lontano 1985, non lo conoscevo. Un collega mi disse mentre sorseggiavamo un caffè nel bar del Parlamento della nostra Isola: “Quello è il dottore Giuffrida, uno dei più stretti collaboratori del presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Salvatore Lauricella”. Di quegli anni ricordo Salvatore ‘Totò’ Parlagreco, bravissimo giornalista, direttore della rivista mensile dell’Ars, Cronache parlamentari, e i colleghi altrettanto bravi Mario Obole, Camillo Pantaleone, Giovanni Cataldo e Andrea Ballerini. A presentarmi Ninni, un anno dopo, poco prima delle elezioni regionali di quell’anno, fu un deputato regionale di Messina. Se debbo essere sincero, fino al 1991, anno di conclusione di una legislatura tormentata, con Ninni, quando ci incontravamo, parlavamo di tanti argomenti, ma quasi mai di politica.

Ninni Giuffrida ha gestito con grande maestria la vita dell’Assemblea regionale siciliana in un momento storico difficile. Il ricordo di Pippo Morina, collega ironico e molto bravo

Ninni, come si legge oggi in tanti articoli che lo ricordano, oltre che giurista e Segretario generale dell’Assemblea regionale siciliana, è stato un valente storico e un promotore di iniziative culturali. La storia era la sua passione. Suo padre, del resto, è stato uno storico di grande valore e lui non è stato di meno. Se fino al 1991 con Ninni ci scambiavamo opinioni sull’attualità e sui fatti storici, a partire dal 1993 cambia bruscamente l’atmosfera politica. Sono gli anni di Tangentopoli. Periodo di grandi rivolgimenti politici e di inchiesta giudiziarie che non risparmiano la politica siciliana e la stessa Assemblea regionale siciliana. Tra il 1993 e il 1994 – a onor del vero non ricordo perfettamente il periodo: ma dovremmo essere lì – ho ricoperto la carica di direttore di Assemblea, un mensile di politica voluto da Franco Piro, uno dei più bravi parlamentari regionali che ho avuto il privilegio di conoscere. Con Franco abbiamo avuto qualche diversità di vedute, ma la mia stima nei suoi riguardi è rimasta immutata. La direzione del mensile mi dava l’opportunità di essere ogni giorno in Assemblea regionale siciliana. Ecco, diciamo che, fino a tutto il 1995, ogni mattina incontravo Ninni Giuffrida e un altro collega giornalista che stimavo tantissimo: Pippo Morina, in quegli anni cronista politico dell’ANSA. Per la politica siciliana e per la vita dell’Assemblea regionale siciliana sono stati anni difficili. In uno scenario difficilissimo Ninni è stato bravissimo a gestire una fase molto complicata per il Parlamento siciliano. Ricordare Ninni Giuffrida significa ricordare quegli anni assai complicati.

Gli anni del Polo progressista

In quel brutto periodo non sono mancati i deputati regionali arrestati. I provvedimenti giudiziari colpivano per lo più democristiani e socialisti. Tangentopoli, com’è a tutti noto, nasce soprattutto per eliminare dal contesto politico italiano la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista Italiano. Sull’onda di Tangentopoli sarebbe iniziata la svendita dell’Italia e l’intrappolamento del nostro Paese nella ‘ragnatela massonica’ dell’Unione europea e della moneta unica europea. Il riferimento non è alla massoneria in generale, ma alla massoneria finanziaria che ancora oggi controlla una sempre più traballante Unione europea. Tangentopoli non riuscirà a portare al Governo dell’Italia, nel 1994, i post comunisti che, con l’avallo degli americani (soprattutto del Partito Democratico americano e di un grande personaggio del calibro di Henry Kissinger) avrebbero dovuto governare la transizione italiana verso un futuro incerto. va detto che allora gli americani non vedevano, come avviene oggi, l’Unione europea come una sorta di base operativa di Cina e Russia e non l’avversavano. Oggi non è più così. Ma allora tutto sembrava facile. L’equazione politica di primo grado prevedeva l’eliminazione fisica di DC e PSI e l’Italòia nella mani dei post comunisti. A scombinare i giochi penserà da una parte Berlusconi, dall’altra parte il profondo disprezzo per i socialisti manifestato dagli ex comunisti. Il Pci di Enrico Berlinguer aveva iniziato una polemica durissima contro i socialisti nei primi anni ’80, non senza una giusta motivazione politica, se è vero che il PSI di Bettino Craxi appoggiava il blocco della scala mobile. Scelta sbagliata, perché un partito che si dice socialista non può bloccare uno strumento a difesa dei lavoratori. Io, che ho sempre votato socialista, ho votato contro il blocco della scala mobile seguendo le indicazioni di chi difendeva la scala mobile, Pci e la parte comunista della Cgil, più qualche area poltica. Ma il blocco della scala mobile passò.

1994: il ‘naufragio’ della sinistra

Perchè ho ricordato il referendum sulla scala mobile celebrato nel 1985? Perché è in quel momento che PCI e PSI non dialogheranno più. Una divisione profonda che provocherà effetti negativi nel 1994. Ricordo perfettamente le elezioni europee e le elezioni politiche nazionali del 1994. Craxi era rifugiato in Tunisia, ad Hammamet. Comunisti e socialisti erano ai ferri corti. Una parte dei socialisti era passata con Berlusconi ancor prima della nascita di Forza Italia. E chi era rimasto nel Partito Socialista veniva discriminato e oltraggiato dai comunisti, che avevano cambiato nome con Achille Occhetto sulla plancia di comando del ‘nuovo’ partito, il PDS. In realtà, Occhetto e ‘compagni’ erano rimasti quelli di sempre: ipocriti e tanto altro ancora. Il 1994 è stato l’anno del Polo progressista. Ogni mattina con Ninni Giuffrida e Pippo Morina commentavamo la complicata formazione delle liste del Polo progressista per le elezioni politiche del 1994. A parte qualche eccezione, i comunisti e il resto dei partiti della sinistra non volevano socialisti nelle liste. L’eccezione, in realtà, era una sola: Mirello Crisafulli, comunista di Enna, che sosteneva che escludere i socialisti era un grave errore. Sappiamo tutti com’è finita: con la vittoria di Berlusconi, sia alle elezioni europee, sia alle elezioni politiche nazionali. Io non credevo che Berlusconi avrebbe vinto le elezioni, benché, da cronista politico, notavo dentro Forza Italia allora nascente una passione popolare e tra gli stessi politici che non era solo apprezzamento per la novità. Ninni Giuffrida, che era sì un uomo delle istituzioni, ma anche un uomo di sinistra, intuì quello che sarebbe successo. Ovvero il ‘naufragio’ della sinistra.

E’ sempre stato un piacere leggere i libri e i lavori storici che Ninni Giuffrida mi segnalava

A fine 1995, quando mi sono dimesso dal quotidiano Il Mediterraneo, che avevo fondato insieme con Francesco Terracina (che in verità si chiama Saro) e Vinicio Boschetti – che era il responsabile della pubblicità del giornale – con Ninni ci sentivamo poco. Abbiamo ripreso a vederci nel 1998, quando lavoravo per il quotidiano Oggi Sicilia nel ruolo di cronista politico. In quegli anni i suoi consigli sono sempre stati preziosi. Quando avevo dubbi mi rivolgevo a lui e a un altro grande amico, Arrigo Pasquini. Entrambi sono stati preziosi. Soprattutto nelle parti ‘tecniche’, i consigli di Ninni Giuffrida sono stati sempre corretti e precisi. Non ricordo di preciso quando Ninni ha lasciato l’Assemblea regionale siciliana: forse nei primi anni del 2000. Ogni tanto ci incontravamo al bar Matranga di viale del Fante naturalmente a Palermo. Sempre gentile, sempre disponibile. Mi raccontava della sua nuova attività di docente universitario della quale era molto orgoglioso. A parte la Storia d’Italia di Indro Montanelli e la storia di quella grande truffa del Risorgimento in Sicilia, più qualche altro autore, non sono un grande appassionato di storia. Se ho il tempo per i libri, l’ammetto, preferisco la letteratura. Con Ninni facevo un’eccezione: quando ci incontravamo e mi donava qualche volume, o quando mi segnalava qualcosa sulla rete, era sempre un piacere. Perdo un amico al quale sono stato legato per tanti anni da un rapporto di stima e di affetto. Condoglianze alla famiglia di Ninni Giuffrida.

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