Trump oltre a volere acquistare la Groenlandia e a voler prendersi il Canale di Panama ha proposto a Canada, Messico e Gran Bretagna di entrare a far parte degli Stati Uniti d’America

In questo articolo proviamo a illustrare il perché la proposta del nuovo presidente USA è tutt’altro che campata in aria

Lo scontro economico tra Cina e Stati Uniti d’America si fa sempre più duro. Se la strategia del presidente USA uscente, il Democratico Joe Biden, è stata quella di ritardare il più possibile il varo della moneta unica agganciata all’oro dei Paesi che fanno parte del BRICS (che sono aumentati numericamente nel corso degli anni: Brasile, India, Cina e Russia i Paesi fondatori ai quali si è aggiunto il Sudafrica nel 2010 e nell’anno che si sta concludendo Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia ed Iran, con la prospettiva della futura adesione di tanti Paesi che non si riconoscono nel cosiddetto Occidente industrializzato) seminendo guerre in mezzo mondo, la strategia del nuovo presdente Donald Trump è del tutto diversa: invece di tergiversare vuole andare allo scontro economico cpn i Paesi del BRICS, non prima di aver creato una, come dire?, massa critica da contrapporre agli avversari. Da qui la proposta di acquistare la Groenlandia, di prendersi senza tanti complimenti il Canale di Panama (sul quale, secondo Trump, la Cina avrebbe già messo le mani), di proporre l’annessione al Messico e al Canada e di far diventare la Gran Bretagna il 51esimo Stato americano (ricordiamo che la Gran Bretagna comprende Inghiterra, Scozia e Galles).

Dal sistema globalista dell’economia, che peraltro ha provocato danni enormi aumentando le diseguaglienze, si passerà al protezionismo spinto: da qui i dazi doganali che l’amministrazione Trump conta di utilizzare a piene mani

A primo acchito non mancheranno i lettori che penseranno che Trump sia “il solito matto” (così lo hanno sempre descritto i media occidentali di ‘sinistra’ fino a prima della sua rielezione, mentre oggi sono molto più pacati); noi che riprendiamo questa notizia, ovviamente, siamo più matti di Trump. In realtà, la strategia del nuovo presidente americano è tutt’altro che campata in aria. Come già accennato, il nuovo capo della Casa Bianca vuole passare al contrattacco e, con molta probabilità, ha accanto a sé la lobby ebraica che, da sempre, gestisce il cosiddetto ‘Signoraggio’ bancario’. Andare all’attacco significherà, in primo luogo, proteggere il sistema produttivo americano. In una parola, dal sistema globalista dell’economia, peraltro in crisi, si passerà al protezionismo spinto: da qui i dazi doganali che l’amministrazione Trump conta di utilizzare a piene mani. Con i dazi gli Stati Uniti versione Trump non solo rafforzeranno il sistema economico americano proteggendolo, aiutando i ceti medio bassi che i Democratici americani hanno massacrato, ma cominceranno contestualmente a ridurre il deficit federale. La ‘guerra economica’ che l’amministrazione Trump intende condurre non prevede ‘prigionieri’: se il Canada, il Regno Unito e il Messico vorranno andare da soli, beh, che si accomodino pure sembra dire Trump: sappiano che i dazi doganali arriveranno anche per loro (soprattutto per l’attuale Governo canadese che Trump non ‘digerisce’ proprio).

La guerra economica e commerciale che si scatenerà imporrà l’autonomia alimentare degli Stati. Su questo fronte l’Unione europea è messa malissimo a causa di una gestione errata del comparto agricolo

Non è uno scenario da prendere sottogamba. L’economia della Gran Bretagna non andava male fino a prima della guerra in Ucraina. Oggi, come nell’Unione europea, la situazione è difficile. Da 51esima stella americana – non abbiamo capito se con la propria moneta o adottando il dollaro – il Regno Unito sarebbe al riparo dagli effetti della guerra monetaria e commerciale che sta per scatenarsi. Fuori dal ‘recinto’ statunitense sarebbe un bel problema. Certo, Scozia e Galles sognano l’indipendenza. Ma c’è un piccolo problema: questi due Paesi sono in grado di restare non allineati rispetto a BRICS e USA? E’ una bella domanda, perché sullo sfondo non c’è soltanto l’oro (indispensabile in un sistema monetario che ritorna alle monete agganciate a questo metallo) ma anche il petrolio, il gas, i metalli rari e, non ultima, l’autonomia alimentare. I consiglieri di Trump sanno che il clima è cambiato, che le guerre si combattono anche controllando lo stesso clima, magari scatenendo siccità e inondazioni, che bisogna accumulare grandi riserve di cereali e di prodotti agricoli trasformati, perché ipotizzare, se non le classiche carestie, almeno riduzioni considerevoli di raccolti è nelle cose con i tempi che corrono. Chi non è attrezzato a reggere la guerra economica, monetaria e le possibili manomissioni climatiche rischia di non fare una bella fine. Non mi chiedete che fine farà l’Unione europea perché non so rispondere. L’unica ipotesi plausibile che formulo è la fine dell’euro, che è una moneta disastrosa, il seguito non riesco a immaginarlo. Purtroppo c’è un’amara certezza: l’Unione europea non ha autonomia alimentare e tutt’oggi smantella terreni agricoli per piazzare pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Una follia. Eppure dal 2021 ad oggi l’Europa è stata colpita da siccità e inondazioni che non hanno insegnato nulla. Non escludo che Trump proponga qualche ‘annessione’ anche ad alcuni Paesi dell’Unione europea ormai in disfacimento. Dal 20 Gennaio in poi, con l’insediamento di Trump sulla plancia di comando degli USA ne vedremo delle belle. Domani o nei prossimi giorni proveremo a illustrare quali saranno gli effetti in agricoltura.

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