Stragi 1992: accertata solo una parvenza di verità. I depistaggi riusciti. Giovanni Falcone rappresentava un ostacolo al nuovo ordine mondiale globalista che oggi grazie a Trump sta franando

di Andrea Piazza

Per non dimenticare il vero significato di due stragi in rapida successione

Prendo spunto da una foto pubblicata con un post dall’amico Antonio Vassallo di Capaci (vedere sopra) per articolare una riflessione. L’immagine evocativa è stata scattata in prossimità della torretta di osservazione di Capaci ed alla destra immortala un cartello dal titolo: “Per non dimenticare Capaci 23 maggio 1992 con sullo sfondo del termine Giustizia”. Visivamente ci catapulta d’amble al doloroso 1992, l’anno divenuto iconico a causa delle stragi eseguite sul territorio palermitano. Le due stragi in rapida successione secondo un rituale macabro, rappresentato anche un momento solenne di svolta culturale ed irriversibile presa di distanza sociale da tutto ciò che fosse in connessione con l’associazionismo mafioso.

La presenza della mafia nelle stragi del 1992 è la punta di un iceberg, più figurativa che sostanziale

Nonostante le stragi con il sangue abbiano cancellato la vita di magistrati e degli agenti di scorta, rappresenta un paradosso che, nei processi dove si sarebbe dovuto prestare la massima attenzione, i depistaggi – non ad opera di cosa nostra – abbiano avuto la meglio. L’indicazione del movente classico, portato avanti urbi et orbi dalla linea imperante della magistratura, sarebbe riconducibile ad una vendetta mafiosa contro la definitività delle condanne del maxi processo. Per alcuni di noi, la toppa è per così dire peggio del buco, un’offesa alla memoria ed all’intelligenza umana. Personalmente, resto nella convinzione, manifestata anche in dibattiti a tema, che la presenza della mafia nelle stragi è la punta dell’iceberg, ovverosia più figurativa che sostanziale. Ovviamente non escludo la responsabilità dell’associazione criminale cosa nostra che ha partecipato attivamente a pieno titolo, ma il ruolo della mafia è stato volutamente amplificato per non guardare oltre.

Giovanni Falcone un ostacolo al sistema ultra-liberistna e globalista che si sostanzia proprio nel 1992 con il Trattato di Maastricht

Le indagini (anche se il reato di strage non è soggetto a termine di prescrizione) si sarebbero dovute concentrare in via preliminare sulla complessità degli attentati, decodificabili in una reale pianificazione militare, accompagnata dai reiterati DEPISTAGGI DI STATO, costanti nelle vicende complesse della mafia siciliana. Non è casuale che, da Maastricht ’92, l’avvento del capitalismo neoliberista finanziario sia mutata in peius la nostra storia nazionale. Giovanni Falcone conosceva le dinamiche dei flussi organizzativi finanziari che alimentavano la verticale del potere dopo la fine della guerra fredda. Negli anni subito successivi al reset dalla caduta del muro di Berlino, personalità forti come il giudice Falcone costituivano una minaccia al cambiamento imposto dal nuovo ordine mondiale, in rapporto agli interessi macro sistemici occidentali nell’area di interscambio del Mediterraneo. Non sarebbe stato possibile sterilizzare Giovanni Falcone perché non era ricattabile.

Italia assoggettata al progetto finanziario sovranazionale

Nulla è più stato come prima, ad iniziare dal colpo istituzionale che portò alla carica di Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro al posto di Giulio Andreotti che, diversamente, avrebbe portato avanti il dialogo con il mondo arabo in una chiave atlantista conservatrice. Di contro, la storia ci ha consegnato un’Italia diversa che, in qualità di Paese che aveva perso la Seconda guerra mondiale, anche in seguito all’azzeramento dei partiti ideologici, è stata assoggettata al progetto finanziario sovranazionale. Oggi è come se ci ritrovassimo ai nastri di partenza, ad una sorta di riedizione in una chiave non stragista del 1992, dove l’amministrazione del Presidente Donald Trump (che condivido) è pronta a combattere contro il globalismo. Dopo oltre un trentennio ci ritroviamo ai nastri di partenza, ad un punto di svolta che, potrebbe riportare l’Italia ad assumere un ruolo di prim’ordine e ad abbondanare la seconda linea.

In questo scenario la Trattativa tra Stato e Mafia è stata un’altra distrazione sulla via di Damasco

Ritornando al 1992, il medesimo destino nefasto è stato riservato al magistrato Paolo Borsellino, che restava l’unico erede spirituale di Giovanni Falcone. L’unico in grado di mettere a nudo il progetto di mutazione “individuando personaggi illustri ed istituzioni finanziarie” alle quali è stata consegnata l’Italia nella nuova dimensione Eurocratica. In questa logica di pesi e contrappesi anche la “trattativa Stato-Mafia” ha rappresentato un’altra distrazione sulla via di Damasco. La suggestione e la semplificazione ci hanno allontanato dalla ricerca dei reali ideatori ed esecutori materiali delle stragi del 1992. Abbiamo annusato, da un lato, una diversa chiave di lettura non perimetrata riduttivamente alla criminalità mafiosa; ma, al contempo, è stato centrato un falso bersaglio che non ci ha consentito di guardare oltre. Se, con un approccio investigativo a tutto campo, si fosse ripartiti dalle peculiarità degli attentati per tracciare i profili e per individuare, quanto meno, gli sviluppatori esecutivi, gli sviluppi e i risultati sarebbero stati altri. Al punto dove ci ritroviamo, smarriti e alla deriva, non ci resta che rifugiarci nell’analisi storica per comprendere cosa è realmente accaduto nel 1992. In conclusione, rimaniamo spettatori a bocca asciutta, assetati di verità perche quanto è stato accettato è soltanto una parvenza di verità.

Foto di Antonio Vassallo

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