Ribelli Houthi 1 – Occidente 0. Il Canale di Suez è chiuso, la spedizione militare americana ed europea nel Mar Rosso ha fallito. Gli agricoltori siciliani invece di esportare puntino sul mercato locale

La spedizione militare per liberare il Golfo di Aden, il Mar Rosso e il Canale di Suez ha dimostrato la propria inutilità

“Quello che si temeva è accaduto: il Canale di Suez è oramai tagliato fuori dalle rotte marittime a causa della nota crisi in Medio-Oriente. Ovviamente già ci si proietta alla prossima stagione per l’export italiano di ortofrutta, che partirà nell’Estate e non mancano i rischi soprattutto per l’imminente campagna dell’uva da tavola”. Così scrive ITALIA FRUIT NEWS. La prova che la ‘famosa’ spedizione militare dell’Occidente nel Mar Rosso per bloccare i ribelli Houthi e liberare il Canale di Suez è stata un inutile spreco di tempo e denaro. I ribelli Houthi hanno vinto su tutta la linea: il Canale di Suez è bloccato e le navi commerciali occidentali provenienti dall’Asia, se vogliono raggiungere l’Europa, debbono passare dal Capo di Buona Speranza, con circa 14-15 giorni di navigazione in più, aumento dei costi e rischio di essere catturati dai pirati. Lo stesso discorso vale per le navi commerciali europee che debbono recarsi in Asia: niente passaggio dal Canale di Suez e un bel giro attorno all’Africa con tempi e costi maggiorati.

Si è verificato puntualmente quanto abbiamo previsto oltre quattro mesi fa

Si sta verificando quanto abbiamo scritto lo scorso 19 Dicembre: “L’obiettivo di questo nuovo fronte di guerra è costringere le navi petroliere, le navi gasiere (sono le navi che trasportano gas liquefatto) e, in generale, tutte le navi commerciali dirette in Europa ad allungare il tragitto passando dal Capo di Buona Speranza, facendo schizzare all’insù i prezzi di petrolio, gas liquefatto e altri prodotti” (qui il nostro articolo per esteso). Non poteva che finire così, dal momento che i ribelli Houthi sono appoggiati non soltanto dall’Iran ma anche da Cina e Russia. Dobbiamo anzi ringraziare i ribelli Houthi se fino ad ora non hanno tagliato i cavi in fibra ottica che collegano Europa, Africa e Medio Oriente (qui un nostro articolo). Ovviamente, la televisione si guarderà bene dal raccontare il fallimento della missione militare nel Mar Rosso. Cosa dovrebbero dire? Che le navi militari occidentali si sono prodotte in una bella gita per andare, per dirla alla siciliana, a cogghiri acqua c’u panaru e ammuttari ‘u fumu ca’ stanga? Per l’inflazione non ci sono problemi: ci pensa l’Unione europea a disinformare i cittadini raccontando le solite minchiate: l’inflazione scende, i prezzi diminuiscono e bla bla bla. Dopo di che oggi, 5 Aprile 2024, un barile di petrolio si vende 91 dollari e il prezzo è in aumento. Appena il prezzo di un barile di petrolio supererà i 100 dollari cominceranno a ‘ballare’ anche i prezzi di benzina e gasolio.

Il problema che si è creato può essere trasformato in un’opportunità: gli agricoltori siciliani vendano i propri prodotti ai cittadini-consumatori siciliani potenziando i mercati contadini e inventandosi altre fome di commercializzazione

Ci saranno riflessi in Sicilia? Certo. ITALIA FRUIT NEWS, causa chiusura del Canale di Suez, annuncia la difficoltà di esportare uva da tavola per Puglia e Sicilia. La Puglia, lo scorso anno ha accusato una perdita della produzione del 40% circa e, forse proprio per questo, il mercato ha tenuto. Per la Sicilia, lo scorso anno, la crisi dell’uva Italia di Canicattì e Mazzarrone è stata pesante. Quest’anno la situazione diventerà problematica, almeno per le esportazioni: rimarrà, per l’uva da tavola pugliese e siciliana, il mercato dell’Arabia Saudita, mentre nulla si potrà fare per gli altri Paesi che si raggiungevano via mare passando dal Canale di Suez. Ci sarebbero i trasporti con gli aerei: ma quanto costerebbero? Ovviamente, non pagherà solo l’agricoltura siciliana: ci saranno problemi per le mele del Nord Italia, per i kiwi del Lazio e via continuando. Tutto negativo? No: gli agricoltori siciliani hanno una grande opportunità: cominciare a dialogare con i cittadini-consumatori siciliani per convincerli ad acquistare sempre più prodotti agricoli siciliani. Si tratta di organizzarsi meglio. Si tratta di fare quello che le attuali organizzazioni agricole non hanno mai fatto: favorire l’incontro tra offerta agricola siciliana e consumatori siciliani. Quando nei giorni della protesta degli agricoltori siciliani abbiamo invitato questi ultimi a dare vita a un nuovo sindacato degli agricoltori ci riferivamo anche a questo: l’esportazione fuori dalla Sicilia di prodotti agricoli siciliani serve fino a un certo punto, soprattutto durante una guerra che, nella migliore delle ipotesi, durerà sino all’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America, prevista per Gennaio 2025. Due le cose da fare subito: informare i cittadini siciliani che i prodotti agricoli esteri sono in buona parte di qualità pessima; e trovare il modo di far arrivare ai cittadini siciliani ortaggi e frutta prodotti in Sicilia.

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