Regione siciliana e Comuni dell’Isola sono senza soldi: ma non si deve dire. Quanto deve durare ancora questa farsa? Il nuovo Patto di stabilità che finirà di ‘strangolare’ l’Italia

La nostra non è una domanda oziosa, perché la situazione finanziaria siciliana è destinata a peggiorare a causa delle follie ‘europeiste’

Quanto deve durare ancora la farsa che tutto va bene, che tutto è a posto quando invece i Comuni della nostra Isola e la Regione siciliana sono senza soldi? Se diamo un’occhiata ai giornali scopriamo, ad esempio, che la Reset, una delle società controllate dal Comune di Palermo, non riesce ad assicurare ai circa mille e 150 lavoratori retribuzioni dignitose. I sindacalisti, in buona parte legati ai ‘carrozzoni’ politici, sanno benissimo che i soldi sono finiti, ma fanno finta di non saperlo e chiedono al Comune del capoluogo siciliano risorse che il Comune non ha (qui un articolo di PalermoToday). Sempre su PalermoToday leggiamo un articolo dal titolo: “Senza bilancio di previsione niente servizi per i cittadini: commissariati 29 Comuni palermitani“. In un comunicato leggiamo che “Sono stati nominati commissari ad acta in quasi 150 Comuni della Sicilia a causa dell’inadempienza nell’approvazione del bilancio di previsione 2024. L’assessore agli enti locali, Andrea Messina, ha spiegato che questa misura è necessaria per sollecitare tutti i Comuni ad approvare il documento finanziario entro i termini previsti”. In realtà, non si tratta di un comunicato, come si illustra nel documento che ci hanno inviato: “Questo non è un comunicato stampa ma un contenuto che abbiamo prodotto in autonomia e pubblicato sul nostro magazine on line Zarabazà e che vogliamo condividere con Voi, né l’assessore Andrea Messina né il Dipartimento Enti Locali delle Regione siciliana sono nostri clienti, questo è un invito a collaborare per fare rete. Video per incorporamento YouTube con intervista all’assessore Andrea Messina”. (Sopra, foto tratta da Wikipedia)

E’ bene che i cittadini siciliani si abituino a vivere senza servizi. E’ il prezzo che già pagano e che continueranno a pagare in modo sempre più accentuato grazie all’Unione europea dell’euro

Nel primo e nel secondo caso va detto che la non approvazione dei bilanci da parte dei Comuni siciliani non è un capriccio ma è la conseguenza della mancanza di soldi. In Sicilia fino a prima dell’arrivo del Governo di Matteo Renzi i Comuni e, in parte, anche le nove Province ricevevano ogni anno quasi un miliardo di euro attraverso il Fondo regionale per le Autonomia locali che, sulla carta, è stato ridotto a circa 300 milioni di euro. Scriviamo sulla carta perché questi 300 milioni di euro ci sono e non ci sono. Di solito vengono erogati in più tranche con notevoli ritardi. A questo si aggiunge il fatto che le entrate dei Comuni derivanti da tasse e imposte comunali sono diminuite. In minima parte perché i cittadini non vogliono più pagare. E’ il caso della Tari, la Tassa sull’immondizia. Ci sono luoghi della nostra Isola dove i rifiuti rimangono per le strade per intere settimane; in più tali luoghi sono sempre sporchi. Questo avviene in parte per disorganizzazione, in parte perché i Comuni non hanno soldi. Così ci sono cittadini che, pur non avendo problemi economici si rifiutano di pagare la Tari perché non ne possono più di vivere sommersi dall’immondizia. Nella stragrande maggioranza dei casi va detto che tanti cittadini siciliani, oggi, non pagano più la Tari e altre tasse e imposte comunali perché sono poveri o perché si sono impoveriti negli ultimi dieci anni. Va da sé che i Comuni, privati di buona parte dei fondi statali e regionali e delle entrate derivanti da tasse e imposte non possono approvare i bilanci. Quanto all’invio dei commissari, da parte della Regione, se è giusto ricordare che si tratta di un atto dovuto, va anche detto che si tratta di un atto che non risolve il problema, perché i commissari non hanno la bacchetta magica per fare spuntare i soldi. Visto che l’Italia si ostina a restare dentro il ‘lager’ dell’Unione europea, ebbene, sarebbe razionale cambiare la legge evitando di inviare commissari regionali (che sono un costo aggiuntivo per la Regione) spiegando ai cittadini che debbono abituarsi a vivere senza servizi.

Il segretario politico di Siciliani Liberi, Ciro Lomonte, sulla situazione finanziaria dell’Italia ha ragione su tutta la linea

Come scrive spesso il Segretario politico di Siciliani Liberi, Ciro Lomonte, lo Stato italiano, massacrato dall’Unione europea sul piano finanziario, ha trasferito sulle Regioni e sui Comuni i propri ‘buchi’ di Bilancio. Lo stesso Lomonte ha illustrato una notizia che meriterebbe di essere approfondita: “I siciliani non lo sanno: ma da molti mesi ormai tutti i soldi della Regione siciliana sono su un unico c/c gestito da una banca milanese quotata in Borsa, l’ex Credito Italiano privatizzato dagli ex PCI. Da lì per i tecnici del Tesoro a Roma è semplice intervenire ordinando qualsiasi prelievo o trasferimento forzoso. Nulla può la Regione siciliana: se non organizzare kermesse con i poveri Sindaci siciliani riuniti a teatro per farsi dire che ‘i fondi europei del FSC stanno arrivando'” (qui l’articolo per esteso con le dichiarazioni di Lomonte). Torniamo così alla domanda posta all’inizio di questo articolo: quanto deve durare ancora la farsa che tutto va bene, che tutto è a posto quando invece i Comuni della nostra Isola e la Regione siciliana sono senza soldi? Lo stesso discorso vale per altre Regioni italiane. L’Autonomia differenziata, voluta dalle Regioni del Nord Italia, serve soprattutto a questo: scippare alle Regioni del Sud e alla Sicilia da 60 a 70 miliardi di euro all’anno che sono i soldi che fino al 2019 le stesse Regioni del Nord perdevano ogni anno a causa delle politiche di rigore economico e finanziari dell’Unione europea. Perché citiamo il 2019? Perché in quell’anno il Governo Conte bis, con Francesco Boccia, PD, Ministro degli Affari regionali, stava per approvare l’Autonomia differenziata. E’ stata la pandemia a interrompere tutto. Oggi i dirigenti di PD e Movimento 5 Stelle, con il codazzo delle solite organizzazioni sindacali tradizionali, sono contrari all’Autonomia differenziata. Ma cinque anni fa erano favorevoli (come potete leggere qui).

Per mandare all’aria l’Autonomia differenziata non servono le proteste. Facciamogliela approvare. In un prossimo articolo racconteremo come costringere i nostri ‘amici’ del Nord Italia a ‘rimangiarsela’ di corsa

Oggi la situazione per i nostri ‘amici’ del Nord Italia è peggiorata. L’Unione europea ha rimesso in pista il Patto di stabilità che era stato bloccato negli anni della pandemia. Un Patto di stabilità ancora più penalizzante, perché la Germania è con il ‘culo a terra’ e deve scippare quante più risorse possibili alla Ue per farsi, come ha sempre fatto, i cavoli propri, cercando di contenere gli effetti di una crisi economica che andrà avanti. Una quota parte degli interessi sul debito pubblico, che ammontano a 80-90 miliardi di euro all’anno, li pagano anche le Regioni del Nord Italia. In più c’è la guerra in Ucraina che non è fatta solo di soldi e armi da fornire a Zelensky e compagnia bella, ma anche della barca di denaro che serve per mantenere i milioni di profughi ucraini presenti in Europa. Da qui l’Autonomia differenziata per scippare a Sud e Sicilia un bel po’ di quattrini. C’è un modo per fare ‘inghiottire’ ai nostri amici del Nord Italia l’Autonomia differenziata facendo pagare il conto dell’Autonomia differenziata al sistema delle imprese del Nord Italia? Sì. Non si tratta delle proteste poco credibili di PD e grillini, con il solito codazzo di sindacati tradizionali, soggetti poco credibili, se è vero, come abbiamo ricordato, che cinque anni fa stavano per approvare l’Autonomia differenziata. Un modo per bloccare l’Autonomia differenziata c’è. Ma prima è necessario che l’approvino. Poi la parola passerà ai cittadini di Sud e Sicilia che hanno a disposizione un paio di strumento formidabili che convinceranno i nostri ‘amici’ del Nord Italia a rimangiarsi di corsa l’Autonomia differenziata chioedendo anche scusa. Serve solo un po’ di organizzazione. Ma di questo parleremo in un prossimo articolo.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *