Quattro grandi gruppi internazionali oggi controllano dal 70% al 90% del mercato mondiale del grano. In più ci sono industriali e commercianti che penalizzano gli agricoltori. Cosa fare per difendersi

Il problema riguarda anche altri cereali, la solia, i semi oleosi, lo zucchero e il caffè. Oggi proviamo a fare il punto della situazione sul grano duro di Sud Italia e Sicilia

“Cereali e semi oleosi, 4 gruppi controllano il mercato mondiale” è il titolo di un articolo di Roberto Bartolini su IL NUOVO AGRICOLTORE. Nell’articolo si legge che “Il 70% del commercio di cereali e il 60% delle contrattazioni di semi oleosi e colture proteiche a livello mondiale è controllato solo da quattro grandi gruppi: Archer Daniels Midland (ADM), Bunge, Cargill e Louis Dreyfus Company (LDC). Lo svela uno studio che il Parlamento europeo ha commissionato a Ernst & Young, e proprio questa anomala concentrazione degli scambi commerciali in poche mani spiega in maniera inequivocabile il motivo per cui queste materie prime, ormai da anni, sono oggetto di forti oscillazioni dei prezzi di mercato (qui per esteso l’articolo). Non conosciamo bene quanto grano tenero si coltivi oggi nel Nord Italia, dal momento che la varietà di grano tenero canadese Manitoba, ormai da anni, va per la maggiore. Ma sappiamo con certezza che il prezzo del grano duro, che in Italia interessa prevalentemente il Sud Italia e la Sicilia, è oggetto di speculazioni al ribasso con il beneplacito dell’Unione europea, del Governo nazionale e delle Regioni, che fanno entrare in Italia grano duro a prezzi bassi per costringere gli agricoltori a vendere o affittare i terreni a seminativo per piazzare pannelli fotovoltaici. In certi momenti il prezzo del grano duro è anche influenzato dall’andamento del mercato mondiale, come avvenuto nel 2021, quando la carenza di prodotto frutto della siccità ha fatto triplicare il prezzo.

Il ruolo preponderante delle ABCD

Oggi proveremo ad approfondire l’andamento del mercato mondiale del grano. O meglio, il ruolo esercitato dalle cosiddette ABCD delle commodity agricole: le quattro grandi multinazionali che dominano il commercio globale di materie prime agricole. Sono l’Archers Daniels Midland (ADM) e i gruppi Bunge, Cargill e Dreyfus (Louis Dreyfus Company, LDC). Questi colossi operano in tutta la filiera agroalimentare: acquisto di materie prime, distribuzione e commercializzazione in tutto il mondo. Le ABCD controllano buona parte del commercio mondiale non soltanto dei cereali, ma anche semi oleosi, dello zucchero, del caffè e delle altre cosiddette commodity agricole. Non ci sono dati precisi sul valore dei beni commercializzati, perché molte delle operazioni che effettuano sono private. Tuttavia qualche stima orientativa si può ipotizzare: per esempio, nel caso dei cereali si presume che gestiscano dal 70% al 90% del commercio mondiale. Notevole il ruolo esercitato anche nel mercato mondiale della soia, che insieme con il mais è indispensabile nell’alimentazione degli animali da carne.

Il controllo della logistica

Esercitare un grande peso, se non controllare una parte consistente delle attività commerciali mondiali in materia di cereali, soia e semi oleosi significa essere presenti, da protagonisti, nella logistica. E infatti questi quattro gruppi controllano navi, porti, silos e impianti per la trasformazione. Non è sagerato affermare che le ABCD si configurino come soggetti oligopolisti, se è vero che esercitano un ruolo diminante nella filiera agricola globale. Il risultato è che questi quattro gruppi influenzano i prezzi di cereali, soia e semi oleosi sia a monte (acquisto dei prodotti agricoli dagli agricoltori), sia a valle (vendita dei prodotti ai rivenditori e alle industrie di trasformazione). C’è anche la parte finanziaria, che forse è la più decisiva. I quattro gruppi si muovono nel mercato mondiale utilizzando strumenti finanziari come futures e derivati. Così facendo ottengono profitti dalle fluttuazioni di mercato che essi stessi provocano. Insomma, con le loro decisioni di acquisti e di vendite creano le tendenze di mercato e le sfruttano. Sappiamo tutti che il mercato internazionale è regolato da politiche agricole internazionali, accordi commerciali, tariffe e sussidi. Ebbene, grazie alla loro forza, sono in grado di interferire e qualche volta di controllare anche queste dinamiche di mercato, soprattutto nei Paesi con agricolture forti: per esempio negli Stati Uniti d’America e nel Sudamerica. Più complicato il rapporto con Cina e Russia, Paesi con agricolture sviluppate in grado di esercitare anche loro un ruolo importante.

La variabile del clima oggi controllato in parte dall’uomo

L’agricoltura, per definizione, si confronta con l’imponderabile, ovvero con il clima. E, anche se nessuno l’ammette, debbono rapportarsi pure con gli eventi climatici provocati dall’uomo: siccità e soprattutto alluvioni. Insomma l’agricoltura deve tenere conto anche dalle potenze mondiali che si colpiscono a vicenda manomettendo il clima (qui un articolo). Il clima, naturale o modificato dall’uomo, può provocare effetti immediati sulla disponibilità e sul prezzo delle materie prime agricole. Un esempio di volatilità dei prezzi, come già ricordato, si è materializzato nel 2021, ma anche nel 2008. In questi casi i colossi hanno tratto vantaggi da queste crisi. I produttori di grano duro meridionali e siciliani vivono da anni, sulla propria pelle, gli effetti perversi delle speculazioni al ribasso sio prezzi. Come già accennato, commercianti e industriali della pasta non hanno mai agevolato la vita degli agricoltori di Sud Italia e Sicilia che producono grano duro. Oggi ad essere penalizzati non sono solo i piccoli produttori di grano duro del Mezzogiorno ma anche i grandi produttori. Tutti, piccoli e grandi produttori di grano duro sono costretti ad accettare le condizioni imposte a livello locale da commercianti e industriali e, a livello globale, da chi controlla il mercato. Ci sono studi che collegano le attività di trading con l’aumento della volatilità dei prezzi e con le crisi alimentari. Non va dimenticato che chi controlla l’agricoltura su larga scala influenza la cosiddetta deforestazione. Basti pensare alla foresta Amazzonica in alcuni casi depauperata per fare posto a grandi estensioni agricole.

Iniziative come ‘Compra Sud’ e, in Sicilia, ‘Compra Sicilia’ vanno rilanciate e valorizzate, soprattutto oggi con il ridimensionamento della globalizzazione già in atto

Si può contrastare il ruolo di questi quattro grandi attori del commercio internazionale di cereali, semi oleosi, soia e via continuando? Gli ottimisti dicono molto si potrà fare regolamentando il settore o aumentando la competizione. Si pensi al ruolo della Cina, della Russia, e delle Big Tech che investono in agricoltura. Fino ad ora, in verità, Cina e Russia hanno ‘usato’ il sistema ultra-liberista e globalista occidentale, là dpve hanno trovato convenienza. Oggi, però, lo scenario è mutato, perché con Donald Trump alla Casa Bianca si va verso lo smantellamento della globalizzazione. In un prossimo articolo racconteremo meglio quello che potrebbe succedere. Ora è importante sottolineare un elemento: la possibilità di iniziare a ragionare su un’agricoltura che ridimensioni la logica delle commodity agricole. Ridimensionare non eliminare. Perché il commercio mondiale rimarrà sempre. Si potrebbe cominciare a pensare a un mercato locale del grano. Il processo è già in atto. Sono tante, ad esempio, le piccole industrie artigianali che producono pasta con i grani locali nel Sud e in Sicilia. Bisogna lavorare per valorizzare il km zero in agricoltura, fin dove ciò è possibile. Il Sud e la Sicilia possono lavorare per valorizzare il proprio grano duro per la produzione di pasta, pane e derivati dello stesso grano duro da commercializzare nelle stesse aree di produzione. Iniziative come ‘Compra Sud’ e, in Sicilia, ‘Compra Sicilia’ vanno rilanciate e valorizzate. Utilizzando sempre di più i mercatini locali e contadini. E valorizzando l’agricoltura biologica e i grani antichi di cui la Sicilia è ricca. Cominciando a ipotizzare anche per il grano irrigazioni di soccorso. Occhio anche agli acquisti. Meridionali e siciliani debbono cominciare a pensare di lasciare negli scaffali dei Centri commerciali e dei grandi e piccoli supermercati la pasta e i derivati del grano prodotti con grani esteri o con grani non riconoscibili dalle etichette. La crisi della globalizzazione che sta per iniziare faciliterà questa svolta culturale. Per concludere, va capovolta la filosofia’: certo, senza i commercianti e gli industriali gli agricoltori che producono grano duro avrebbero problemi; ma senza il grano duro di Sud e Sicilia i produttori di pasta italiani avrebbero problemi a vendere la pasta, perché a quel punto la televisione non potrebbe più raccontare il falso.

Foto tratta da Wikipedia

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