Quando Gesù rischiò di essere buttato giù dalla rupe perché si dichiarò come inviato a predicare a tutti, pagani compresi, il perdono e la misericordia

di Frate Domenico Spatola

Anticipava quel che gli succederà, quando, catturato nella morte, risorgerà

Si configurò una tragedia. A Nazareth, dove Gesù era cresciuto e per trenta anni conosciuto come “il figlio di Giuseppe il carpentiere e di Maria”. Era fresco di ritorno dal battesimo di Giovanni, lo videro cambiato e non lo riconoscevano come lo stesso di prima. Per la liturgia del sabato in sinagoga, aveva scelto il testo del profeta Isaia che parlava del Messia. Argomento prediletto, perché parlava dell’Unto del Signore. Notarono, con raccapriccio, una anomalia in quel ascolto. Aveva cassato arbitrariamente la frase del profeta da loro più attesa: “Il Signore mi ha mandato ad annunciare il giorno di vendetta”. Il profeta Isaia la intendeva volgere ai pagani. Gesù invece si dichiarò come inviato a predicare a tutti, pagani compresi, il perdono e la misericordia. Si sollevarono in sinagoga contro, e trascinarono Gesù fin sul ciglio della rupe, dove era costruita la loro città, per precipitarlo giù. Ma egli passò in mezzo a loro e andò via. Anticipava quel che gli succederà, quando, catturato nella morte, risorgerà. Sul posto i Crociati memori del racconto erigeranno una edicola alla Vergine Maria, dal titolo emblematico “Mater tremoris”, voleva ricordare la paura della Mamma che assistette al pericolo scansato della morte anzitempo del suo Figlio.

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