Mentre falliscono gli errati accordi di Parigi sul clima del 2021 gli americani, grazie ai dazi doganali sui prodotti europei, si accingono a liberare per la seconda volta l’Europa dai soliti tedeschi

Oggi il mondo prenderà atto che gli accordi di Parigi sul clima del 2021 sono ormai carta straccia

Oggi, 11 Novembre, a Baku, in Azerbaijan, si apre la Conferenza annuale dell’ONU sul clima, COP 29, che si annuncia un totale fallimento. Infatti, a meno di due mesi e mezzo dal suo insediamento alla Casa Bianca, il nuovo presidente degi Stati Uniti d’America, Donald Trump (sopra, foto Wikipedia), ha annunciato che il suo Paese non si riconosce negli accordi di Parigi del 2021. Trump, durante gli anni della sua prima presidenza – 2016-2020 – ha rifiutato di firmare questi accordi. Li ha firmati il suo successore nel 2021, Joe Biden, dopo un’elezione molto discutibile. Il presidente neo-eletto, in campagna elettorale, ha annunciato la disdetta di questi accordi e sta mantenendo gli impegni assunti con i suoi elettori. Si chiama democrazia. Il presidente appena eletto avrebbe già pronto un ordine esecutivo che firmerà il giorno del suo insediamento, il 20 Gennaio prossimo, che consentirà all’America di dire ‘addio’ agli accordi sul clima, peraltro non inoppugnabili sul piano scientifico. Insomma, basta con la rincorsa a limitare l’emissione di gas serra. Ricordiamo che non tutti gli scienziati concordano sulla tesi che sia l’aumento della CO2 presente nell’atmosfera la responsabile del cosiddetto riscaldamento globale. Altri scienziati sostengono che la CO2 è responsabile, al massimo, del 5% del riscaldamento globale, mentre per il 95% dipenderebbe dal sole.

Trump, come promesso in campagna elettorale, punta ad aumentare la produzione di petrolio e gas per ridurre i costi energetici

Trump si è impegnato anche a consentire un maggior numero di trivellazioni e di estrazioni di idrocarburi. L’obiettivo è aumentare l’offerta di petrolio e gas con la contestuale riduzione dei prezzi di questi prodotti petroliferi. “Si tratta – scrive scenari economici.it – di uno dei primi segnali di come Trump intenda disfare l’eredità di Joe Biden, che ha spesso sbandierato le credenziali verdi della sua amministrazione e ha speso miliardi di dollari in progetti di energia rinnovabile. Alcuni progetti sono stati degli sprechi epocali, come quello nei caricatori per auto EV, dove 7,5 miliardi di investimento hanno prodotto 7 stazioni di ricarica in due anni. Un disastro. In campagna elettorale, Trump ha ripetutamente promesso di liberalizzare la produzione di petrolio, dicendo alle folle dei comizi che avrebbe ‘trivellato, baby, trivellato’. Ha affermato che questa politica vedrà i prezzi dell’energia dimezzarsi entro 12 mesi dal suo insediamento (qui per esteso l’articolo di scenari economici.it). Del resto, non è un mistero per nessuno che gli accordi di Parigi del 2021, sotto la copertura di una lotta ai cambiamenti climatici, nascondono anche grandi affari e le solite ‘operazioni’ che favoriscono le economie di alcuni Paesi a scapito di altri Paesi. Devono averlo capito, anche se con un po’ di ritardo, anche i Democratici americani, tant’è vero che il presidente americano uscente, il citato Biden, non parteciperà ai lavori di questa Conferenza sul clima. Saranno assenti anche il presidente del Brasile, Lula, il presidente francese Emmanuel Macron, i capi di Stato di Cina, Giappone, Sudafrica e Australia e la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen. Guarda caso, ognuno di questi capi di Stato ha preso altri ‘impegni’. Morale: questi accordi di Parigi sul clima sono ormai carta straccia. (Sopra, immagine della Conferenza sul clima COP 29 tratta da Avvenire)

L’Unione europea a ‘trazione’ tedesca si prepara a tenersi nella ‘pancia’ i beni che fino ad oggi ha esportato negli USA

Negli uffici dell’Unione europea, intanto, regna grande preoccupazione. In campagna elettorale Trump ha annunciato una ferma politica di dazi doganali verso l’Unione europea. Alcuni ‘europeisti’ si sono affrettati a spiegare che le politiche imperniate sui dazi doganali non pagano. Peccato che la stessa Unione europea ha appioppato dazi doganali fino al 45% alle auto elettriche cinesi realizzate con sostanziosi aiuti del Governo cinese. Per non parlare del blocco delle merci russe in Europa. Chi ricorre ai dazi doganali non può certo lamentarsi se poi la ruota gira… Per la cronaca, va detto che non sono gli Stati Uniti d’America ad aver bisogno del mercato europeo ma è l’esatto contrario. L’America, ‘numeri’ alla mano, è il primo mercato di sbocco dei prodotti europei con un volume commerciale che sfiora i 530 miliardi di dollari all’anno. Mentre le esportazioni statunitensi sono dirette, per lo più, verso la Cina, il Canada e il Messico per un valore annuo di circa 750 miliardi di dollari. Anche se negli ultimi mesi l’euro ha perso circa il 2% del proprio valore rispetto al dollaro (cosa che favorisce le esportazioni europee negli USA), ciò potrebbe non servire se Washington appiotterà alla Ue, come ha promesso Trump in campagna elettorale, robusti dazi doganali ai prodotti europei. Una mossa che, se da un lato indebolisce l’economia europea, dall’altro lato rafforza l’economia americana, proteggendo la produzione statunitense e aumentando i posti di lavoro.

Con la guerra in Ucraina gli americani hanno scompaginato i ‘giochi’ di Cina, Russia e Unione europea a ‘trazione’ tedesca

La domanda è: perché gli USA hanno interesse a introdurre dazi doganali per penalizzare l’economia Ue? La risposta è semplice ed è geopolitica. Gli Stati Uniti d’America, anche con la svolta ‘isolazionista’ che Trump imprimerà nei prossimi quattro anni alla politica estera americana, vogliono mantenere salde radici in Europa, ma si debbono sbarazzare dell’Unione europea. La Ue, il Fondo Monetario Internazionale, la NATO e l’ONU e l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (braccio operativo in campo sanitario della stessa ONU), oltre ad aver messo sempre i bastoni tra le ruote a Trump, sono espressioni del sistema ultra-liberista e globalista che il nuovo presidente USA combatte. L’Unione europea, più volte, ha provato a indebolire l’area del dollaro americano. L’euro, la moneta unica europea, è stata costruita alla fine degli anni ’90 dai tedeschi per provare a sostituire il dollaro americano negli scambi commerciali internazionali. Un progetto megalomane che la bravura dell’economista Alan Greenspan, all’epoca presidente della Federal Reserve detta anche FED (la Banca Centrale americana) ha intercettato e bloccato, non senza ‘punire’ l’ingordigia dei banchieri europei con l’operazione subprime del 2008, ovvero una crisi economica finanziaria sistemica che ha ridimensionato la follia economico-monetaria ‘europeista’ d’ispirazione tedesca. E che dire del maldestro tentativo della Ue di stabilizzare l’euro a spese del dollaro americano, d’accordo con Cina e Russia? (qui un articolo). Altra furbata ‘europeista’ che gli USA hanno intercettato e bloccato con la guerra in Ucraina. Una mossa geopoliticamente geniale, quella americana, che ha messo contro Cina e Russia da una parte e Unione europea a ‘trazione’ tedesca dall’altra parte, alleati di ferro fino a prima dello scoppio della guerra in Ucraina. Ora gli americani stanno presentando il conto: e hanno ragione da vendere.

L’errore dei tedeschi è stato quello di non capire che gli americani, in economia e in geopolitica, sono più avanti. Così ora la Ue guidata dalla Germania si dovrà ‘sciropare’ i dazi doganali americani che distruggeranno una parte importante dell’economia europea segnando la fine, a Dio piacendo, della stessa Unione europea dell’euro ‘tedescocentrica’

Ma la Germania non ha mollato la presa: attraverso un accordo tra l’allora Cancelliera Angela Merkel e i Socialdemocratici tedeschi, ha mantenuto saldi i rapporti con la Russia, realizzando i due gasdotti che attraversano il Mar Baltico (Nord Stream 1 e Nord Stream 2) per portare il gas russo nella stessa Germania; e ha stretto un patto di ferro con la Cina trasferendo nel Paese del Dragone una parte importante della propria industria automobilistica per costruire auto elettriche con la tecnologiaa cinese. La risposta americana non si è fatta attendere. Gli statunitensi hanno fatto saltare in aria il Nord Stream 1 mentre non si sa nulla del gasdotto Nord Stream 2 che pare sia ancora funzionante ma non operativo; e hanno imposto alla Ue di appioppare dazi doganali del 45% sulle auto elettriche cinesi. Insomma questa volta la solita la furbata tedesca sta andando a ‘farsi benedire’. Con i dazi doganali europei sulle auto cinesi sfuma il progetto della Germania di vendere in Europa auto elettriche tedesche prodotte in Cina a prezzi molto contenuti per fregare le altre industrie automobilistiche europee. Ora Trump dovrebbe completare l’opera iniziata dall’amministrazione Biden: colpire la Ue con i dazi doganali per ridurre drasticamente il volume di beni prodotti in Europa ed esportati negli Stati Uniti d’America. La dimostrazione che negli USA i due partiti – il Partito Democratico e il Partito Repubblicano – divisi su grandi questioni, su un punto concordano: nella difesa degli interessi del proprio Paese. L’Unione europea è già in caduta libera. Con i dazi doganali americani sui prodotti europei dovrebbe sprofondare entro un anno e i popoli dei 27 Paesi Ue, che in maggioranza sono contrari all’Unione europea, torneranno ad essere liberi. Per la seconda volta, dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti d’America a libereranno l’Europa dalla Germania.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *