LA MASSONERIA ITALIANA VERSO LO SCISMA? LA DOMANDA CI STA TUTTA DOPO L'INTERVENTO DELLA MAGISTRATURA - Se siete interessati a capire cosa sta succedendo dentro la Massoneria del nostro Paese vi consigliamo di leggere un articolo di Cesare Sacchetti sul blog 'La Cruna dell'Ago'. Un'inchiesta che ripercorre la storia della Massoneria mondiale e svela i retroscena di uno scontro violentissimo tra i 'grembiuli' (qui l'articolo sulla lotte interne alla Massoneria).
FACCIAMO PIAZZA PULITA DI TUTTE LE INESATTEZZE SCRITTE SUL REGNO DELLE DUE SICILIE - C'è chi non è adeguatamente informato e crede che il Regno delle Due Sicilie sia nato nel 1816, quando il glorioso Regno di Sicilia venne unificato con il Regno di Napoli. Le cose non stanno affatto così. Proviamo ad approfondire questo argomento (qui un articolo).
CONTINUIAMO CON I PIEMONTESI DAL 1861 AL 1870: ECCO COME AMMAZZAVANO I SICILIANI - A Licata madri e figlie torturate e uccise. Ragazzi frustati e poi infilzati con le baionette. Questo ed altro a Girgenti, Licata, Sciacca, Favara, Calatafimi, Marsala, Bagheria... (qui l'articolo).
COME I PIEMONTESI, DOPO ESSERSI IMPOSSESSATI DEL REGNO DELLE DUE SICILIE, TORTURAVANO I CALABRESI - Sono testimonianze incredibili che vengono tenute nascoste per non turbare la falsa storia del Risorgimento nel Sud Italia e in Sicilia ancora oggi raccontata nei libri di storia ufficiali (qui un articolo)
CON IL DENARO RUBATO AI SICILIANI GARIBALDI PAGA I MERCENARI E I TRADITORI - La vera storia di mille in Sicilia. Una storia di corruzione 'pilotata' dagli inglesi per fare fuori il Regno delle Due Sicilie (qui un articolo).
QUANTI SICILIANI HANNO SCANNATO I GENERALI PIEMONTESI DAL 1860 AL 1863? - Il Risorgimento in Sicilia è stato un equivoco e un imbroglio. I siciliani hanno reagito ai nuovi invasori. Tante le rivolte popolari, da Palermo ad Agrigento, da Resuttano a Biancavilla, da Trecastagni a San Filippo D'Agira, da Castiglione a Noto, da Mascalucia ad Aci Sant'Antonio, da Paternò a Riposto... (qui un articolo).
IL RISORGIMENTO IN SICILIA? UN IMBROGLIO. LA VERA STORIA DI GIUSEPPE LA FARINA, STEFANO TURR E NINO BIXIO - Sono tre 'banditi' che ancora oggi vengono celebrati come 'patrioti'. Questi tre signori, in Sicilia, al tempo dell'invasione dei mille, ne hanno combinate di tutti i colori. Ecco le loro storie (qui un articolo).
GLI UFO? UN INGANNO DELLA MASSONERIA - Non siamo molto d'accordo con questa tesi. Ma l'articolo di Cesare Sacchetti pubblicato nel Blog La Cruna dell'Ago merita di essere letto (qui l'articolo che nega l'esistenza degli UFO).
I POTERI E I NOMI DEI POTENTI CHE CERCANO DI UCCIDERE TRUMP - Perché stanno cercando in tutti i modi di eliminare il candidato Repubblicano alla guida della Casa Bianca? Un articolo del blog La Cruna dell'Ago svela i retroscena dei due attentati mancati (qui l'articolo di Cesare Sacchetti).
LA VERITA' SULLA NASCITA DI ISRAELE - Senza Adolf Hitler, il grande persecutore degli Ebrei, lo Stato di Israele non avrebbe visto la luce. Interessante articolo di Cesare Sacchetti nel suo blog La Cruna dell'Ago (qui l'articolo di Cesare Sacchetti). Si può anche non essere d'accordo ma vale la pena di leggerlo.
LA PAURA DI PASSARE PER RAZZISTI GIUSTIFICA TUTTO? - Possibile che la televisione, in qualche caso, ommetta di dire che eventuali stupratori non sono italiani per paura di passare per razzisti? (qui un articolo).
ATTENZIONE ALLA TRUFFA DELLO SPECCHIETTO DELLE AUTOMOBILI - Riprendiamo una denuncia dell'Associazione Comitato Civici di Palermo per aiutare i cittadini a difendersi (qui l'articolo).
SESSUALITA SFRENATA: I SILENZI SULLA PEDOFILIA IN BELGIO - Perché si parla tanto della pedofilia nella Chiesa Cattolica e non si parla quai mai della pedofilia diffusissima in Belgio? E come mai le inchieste penali sulla pedofilia finiscono sempre in bolle di sapone, dal Belgio all'Italia, dalla Germania all'Inghilterra? (qui un articolo).
CASO SANGIULIANO-BOCCIA OLTRE LE APPARENZE - Se siete interessati ad approfondire una vicenda apparentemente semplice leggere questo articolo (qui).
I VIRUS CHE NON ESISTONO - Il virus dell'HIV non è mai stato isolato. Il virus Sars-Cov2 non è mai stato isolato. L'ultimo arrivato, il virus delle scimmie,non è mai stato isolato. Ci prendono in giro? (qui l'inchiesta di Cesare Sacchetti)
LA STORIA DEL DELITTO DI GIACOMO MATTEOTTI
Cesare Sacchetti su La Cruna dell'Ago ricostruisce i retroscena dell'omicidio di Giacomo Matteotti. Partendo dalla testimonianza dei figlio Matteo Matteotti (qui l'articolo)
NON SI RIDUCE IL DIVARIO TRA NORD E SUD
In Italia il divario economico e infrastrutturale tra Nord e Sud non accenna a diminuire. Lo certifica anche la Nona Relazione sulla coesione europea (qui un articolo de il Punto).
IL BRITANNIA E L'ITALIA A 'SPEZZATINO'
Cosa avvenne la notte del 2 Giugno del 1992? Inizia la fine dell'Italia che, per volere degli anglosassoni, verrà piano piano svenduta. Una lettura necessaria per capire perché oggi il nostro Paese è alla frutta (qui l'articolo de La Cruna dell'Ago).
LA GIOVANE FOLLIA AL POTERE A ROMA
La storia di Eliogabalo, l'imperatore romano strano e bizzarro per antonomasia. Una minibiografia (leggi qui l'articolo di QUORA).
IL PIANO DEL GOVERNO PER RENDERE STRADE E STAZIONI FERROVIARIE SICURE
Mille e 400 militari in più per rendere le strade e le stazioni ferroviarie più sicure. Lo ha annunciato il Governo di Giorgia Meloni (come potete leggere qui).
UN ULTRA 65ENNE SU QUATTRO RINUNCIA A CURARSI PERCHE' NON HA I SOLDI
In Italia, su quattro cittadini che hanno superato i 65 anni di età, uno rinuncia alle cure per costi elevati, liste di attesa e paura del Covid (qui un articolo di sanità informazione).
PRIMI A CAPIRE CHE L'EUROPA E' CON LE 'PEZZE AL CULO' SONO GLI EUROPEI - Oltre il 70% dei cittadini europei prevede che il proprio tenore di vita diminuirà nel 2024. È quanto emerge da un'indagine commissionata dal Parlamento europeo. Il 37% degli intervistati ha ammesso di avere difficoltà a pagare le bollette.
IN FRANCIA MERDA CONTRO LA GLOBALIZZAZIONE - In Francia gli agricoltori protestano contro l'importazione di prodotti agricoli dall'universo mondo. E' una contestazione contro la globalizzazione che piace tanto a chi ha piazzato Emmanuel Macron all'Eliseo. La protesta degli agricoltori francesi consiste nell'imbrattare di merda gli edifici amministrativi. Merda contro la globalizzazione.
RUSSIA E IRAN SEMPRE PIU' VICINI CONTRO L'OCCIDENTE - Il Ministro degli Esteri della Russia, Sergej Lavrov, e il Ministro degli Esteri dell'Iran, Hossein Amir Abdollahian, hanno firmato un accordo per contrastare le sanzioni. Il riferimento dovrebbe essere alle sanzioni occidentali che colpiscono questi due Paesi sempre più in sintonia contro l'Occidente.
E' L'UNGHERIA O TUTTA LA UE CHE NON VUOLE PIU' DARE SOLDI ALL'UCRAINA? - L'Ungheria non appoggerà la decisione di avviare i negoziati per l'adesione dell'Ucraina all'Unione europea. E si opporrà allo stanziamento di 50 miliardi di euro in favore della stessa Ucraina. Non si capisce se sia la volontà dell'Ungheria o se sia un gioco delle parti organizzato dalla Ue per non dare più soldi all'Ucraina.
PALERMO AGLI ULTIMI POSTI PER QUALITA' DELLA VITA - Palermo si trova agli ultimi posti in Italia per qualità della vita. Se è così perché tanti registi scelgono Palermo per girare i loro film? La città non è tenuta bene, certo. Forse Palermo, da oltre un decennio, paga l'immondizia nelle strade e le stesse strade e marciapiedi che cadono a pezzi.
IL DILEMMA - Corte dei Conti per la Sicilia o Corte dei Conti per l'Italia? Non si tratta di una domanda retorica ma della chiave di volta per capire perché rischiamo di finire come l'Isola Ferdinandea (che dalle parti di Sciacca si chiama Isola Giulia) che affondò.
EGREGIO IGNAZIO CORRAO, LA UE E' FINITA - Ignazio Corrao, eurodeputato eletto nel collegio Sicilia-Sardegna, pensa ancora che la procedura d'infrazione appioppata dalla Ue all'Italia in merito ai mancati bandi per le spiagge sia un fatto grave. La procedura d'infrazione 'europeista' oggi è solo carta stracciaperché l'Unione europea è in dissolvimento. Ed è meglio che le spiagge italiane restino agli italiani e non finiscano nelle mani straniere, tedesche soprattutto.
ATTACCO INFORMATICO ALLA PIU' GRANDE BANCA DEL MONDO (CON PAGAMENTO DI RISCATTO) - Industrial and Commercial Bank of China (ICBC), che è considerata la più grande banca del mondo, avrebbe pagato un riscatto dopo aver subito un attacco di hacker. La notizia la leggiamo in un articolo pubblicato da RENOVATIO 21. Si sarebbe trattato di un grande attacco informatico che ha messo in crisi anche i sistemi di posta elettronica.
LA RUSSIA REGALA GRANO AI PAESI AFRICANI - Una nave russa con 25 mila tonnellate di grano è salpata dal porto di Novorossijsk, sul Mar Nero, diretta in Africa. Il grano verrà regalato ad un Paese africano. La Russia è il più grande produttore al mondo di grano e sta regalando tanto grano ai Paesi africani. Questo contribuisce a non far lievitare il prezzo del grano nei mercati internazionali.
UN ROBOT SCAMBIA UN UOMO PER UN PEPERONE E LO UCCIDE - Un robot industriale ha scambiato un lavoratore per una scatola di peperoni e l'ha sbattuto sul nastro trasportatore. L'uomo è morto in ospedale in seguito alle gravi ferite riportate alla testa e al torace. E' successo a Gyeongsang, nella Corea del Sud. Chissà quante ne vedremo tra robot e intelligenza artificiale.
LA CRISI ECONOMICA DELLA UE IN UN RAFFRONTO CON GLI USA - L'economia dell'Unione europea oggi rappresenta il 65% dell'economia degli Stati Uniti d'America. Dieci anni fa rappresentava il 91% dell'economia statunitense. Lo scrive il Financial Times, notizia rilanciata da un canale Telegram.
SOGNO DEMOCRATICO AMERICANO: Un sorteggio al posto delle elezioni presidenziali. E' la proposta che arriva da un docente universitario americano. Potrebbe essere un modo per fare rieleggere il presidente uscente, il Democratico Joe Biden. Invece di 'taroccare' le elezioni, come avvenne nel Dicembre del 2020, si 'taroccherebbe' solo il sorteggio con notevole risparmio di soldi ed energie...
AL VIA LA NUOVA SERIE DEL SERIAL "REINDUSTRIALIZZAZIONE DI TERMI IMERESE CON CASSA INTEGRAZIONE INFINITA" - Continua il serial a puntate della reindustrializzazione di Termini Imerese. A oltre dieci anni dalla chiusura dello stabilimento Fiat di Termini Imerese si va avanti con Cassa integrazione e bandi che si risolvono sempre in investimenti di denaro pubblico che risultano fallimentari. Il serial è iniziato con il Governo regionale di Raffaele Lombardo e continua fino ad oggi. Un grande successo per la Sicilia che punta su televisione, cinema e teatro...
Il delitto è stato consumato a Valderice, a pochi passi dalla comunità Saman. Oggi si conosce la verità processuale
Una voce libera e indipendente che a Trapani denunciava il malaffare
La mafia e i settori ‘deviati’ dello Stato. I rapporti tra Servizi segreti e criminalità organizzata descritti nelle motivazioni della sentenza
Dall’arrivo in Sicilia alla partenza per Milano
Il ritorno in Sicilia, a Valderice, dove fonda la comunità Saman con il giornalista siciliano di Trapani, Francesco Cardella
Le indagini di Rostagno sull’omicidio del Sindaco di Castelvetrano Vito Lipari
L’omicidio di Mauro Rostagno e le parole del Pm Gaetano Paci
1996: la Procura della Repubblica di Trapani mette da parte la mafia e ipotizza che il delitto Rostagno possa essere maturato all’interno della comunità Saman
L’ombra del circolo Scontrino di Trapani
I “sordidi legami tra alcuni esponenti dei Servizi e ambienti della criminalità organizzata locale”
I depistaggi per cercare di nascondere la pista mafiosa
Il delitto è stato consumato a Valderice, a pochi passi dalla comunità Saman. Oggi si conosce la verità processuale
Per tanti anni la sua morte è stata un mistero. O quasi. Perché, in realtà, il 26 settembre 1988 – giorno in cui, a pochi passi dalla comunità Saman, a Valderice, in contrada Lenzi, venne ucciso Mauro Rostagno – si parlò subito di mafia. Un delitto avvenuto in una provincia siciliana – Trapani – da sempre condizionata dalla presenza della mafia. Qui, dopo tante esperienze politiche e umane, Mauro Rostagno viveva con la sua famiglia. Ma gli inquirenti, vuoi per i depistaggi, vuoi per la complessità del personaggio e della sua storia, hanno impiegato anni per collegare questo delitto a Cosa nostra. Alla fine il collegamento è venuto fuori. E, precisamente, dal 15 maggio del 2014, quando, per il delitto Rostagno, sono stati condannati all’ergastolo il killer Vito Mazzara ed il boss trapanese, Vincenzo Virga. Oggi si conosce anche la verità processuale relativa all’omicidio di un esponente storico della sinistra marxista libertaria del nostro Paese. Le ragioni che avrebbero portato i mafiosi a uccidere uno dei fondatori di Lotta Continua sono illustrate nelle tremila pagine di motivazioni della sentenza scritta dal Presidente della Corte d’Assise di Trapani, Angelo Pellino, e dal giudice a latere, Samuele Corso.
Una voce libera e indipendente che a Trapani denunciava il malaffare
“L’omicidio di Mauro Rostagno – scrivono i giudici – volto a stroncare una voce libera e indipendente, che denunziava il malaffare, ed esortava i cittadini trapanesi a liberarsi della tirannia del potere mafioso, era un monito per chiunque volesse seguirne l’esempio o raccoglierne l’appello, soprattutto in un area come quella del Trapanese dove un ammaestramento del genere poteva impressionare molti”. A confermare il movente e le responsabilità del capomafia, Vincenzo Virga, e del killer, Vito Mazzara, sono alcuni collaboratori di Giustizia, detti altrimenti pentiti di mafia. E c’è anche un’impronta genetica ritrovata su un fucile. “Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia – scrivono i giudici – dopo una doverosa scrematura di quelli meno affidabili, convergono su una duplice indicazione: l’omicidio fu deciso dai vertici di Cosa nostra trapanese o comunque con il loro assenso e dopo che fu vanamente esperito il tentativo di indurre il giornalista a più miti consigli con pressioni e minacce per interposta persona. Bisognava mettere a tacere per sempre quella voce che, come un tarlo, insidiava e minava la sicurezza degli affari e le trame collusive delle cosche con altri ambienti di potere”. Il potere delle parole fa da sempre paura alla mafia. Cosa nostra vive e prospera anche grazie ai silenzi. Quel silenzio che dieci anni prima (maggio 1978), a Cinisi, Peppino Impastato – anche lui militante della sinistra libertaria – si rifiutava di rispettare, prendendosi gioco, dai microfoni di Radio Aut, della mafia e del capo mafia della zona di quegli anni: don Tano Badalamenti. Volendola cercare, qualche similitudine tra i delitti Impastato e Rostagno c’è: in comune i due avevano la passione politica e la militanza nella già citata sinistra libertaria. E il coraggio nel denunciare il malaffare. Altri elementi che accomunano questi due delitti sono i depistaggi ad opera di ‘pezzi’ dello Stato italiano e, soprattutto, la mafia, che li ha eliminati entrambi.
La mafia e i settori ‘deviati’ dello Stato. I rapporti tra Servizi segreti e criminalità organizzata descritti nelle motivazioni della sentenza
“La torsione nelle finalità istituzionali degli apparati di intelligence che si consuma proprio in quegli anni e che ha a Trapani, con la costituzione dell’ultimo Cas nella storia di Gladio, un suo epicentro, crea un terreno propizio all’instaurazione di sordidi legami tra alcuni esponenti dei Servizi e ambienti della criminalità organizzata locale. Ne scaturisce una rete di relazioni pericolose, fatte di intese e scambi di favori reciproci e protezioni. Un’organizzazione criminale che detiene un controllo capillare del territorio può essere fonte della merce più preziosa per un apparato di intelligence, le informazioni; ma può servire anche per operazioni coperte, ovvero per offrire copertura a traffici indicibili da tenere al riparo da sguardi indiscreti. Traffici che coinvolgono pezzi di apparati militari e di sicurezza dello Stato, all’insaputa dei vertici militari e istituzionali o dei responsabili politici”. Rostagno era un personaggio scomodo. Impegnato nella comunità Saman di Valderice nell’attività di recupero di tossicodipendenti, non disdegnava l’impegno sociale in una provincia siciliana, quella trapanese, dove la mafia era presente e forte già nel 1830, come testimoniato dall’allora Procuratore del Re, Pietro Calà Ulloa. Rostagno collaborava con una tv locale affrontando temi scottanti: mafia e traffico di droga e di armi. Lo faceva con la naturalezza di chi ha sempre lottato contro le ingiustizie. Per lui, uomo dalla vita avventurosa e tribolata, ma sempre al servizio di un’idea: la società da cambiare in meglio, la lotta alla mafia era normale. Una normalità che l’Italia criminale, che in Sicilia prende il nome di mafia – una mafia ‘impastata’ di massoneria e Servizi segreti deviati – non poteva consentire. E infatti non gliel’hanno consentito. Ammazzandolo e poi provando a depistare le indagini, cercando, poi, di gettare discredito persino sui suoi familiari.
Dall’arrivo in Sicilia alla partenza per Milano
Rostagno era piemontese di Torino, classe 1942. Gioventù scombinata, la sua, si direbbe oggi. Lascia a metà il liceo per andare in Germania e in Inghilterra. Poi in Francia, da dove viene espulso. Nel frattempo si diploma e si iscrive alla facoltà di Sociologia di Trento. Siamo nella seconda metà degli anni ’60 del secolo passato. Insomma arriva in tempo per il 1968, la stagione delle grandi rivolte sociali e dell’ ‘Immaginazione al potere’. I suoi amici e compagni si chiamano Marco Boato, Mara Cagol, Renato Curcio, Marianella Pirzio Biroli. Sono gli anni di poco precedenti alla lotta armata, ovvero gli anni delle Brigate Rosse. Rostagno, pacifista fino al midollo, non sarà con loro. Marxista libertario e non violento, contrario alla lotta armata e ad ogni altra forma di violenza, fonda il movimento Lotta Continua insieme con Adriano Sofri, Marco Boato, Enrico Deaglio, Guido Viale. Corre l’anno 1969. Un anno dopo si laurea in Sociologia e arriva a Palermo, dove rimane fino al 1975 come assistente alla cattedra di Sociologia. Di fatto è il leader di Lotta Continua. Alle elezioni politiche del 1976 si candida alla Camera dei deputati nella lista di Democrazia Proletaria sfiorando l’elezione. L’anno successivo – 1977 – va a Milano e fonda un locale che diventerà famoso: il Macondo, nome tratto dal celebre romanzo Cent’anni di solitudine, di Gabriel Garcìa Màrquez. Ma dura poco, perché l’anno dopo le autorità lo chiudono per spaccio di droga (anche allora, come oggi, le autorità italiane pensavano di risolvere il problema della droga chiudendo i locali: certe forme di dabbenaggine italiche sono intramontabili).
Il ritorno in Sicilia, a Valderice, dove fonda la comunità Saman con il giornalista siciliano di Trapani, Francesco Cardella
Dopo la chiusura del Macondo se ne va in India insieme con la compagna Elisabetta ‘Chicca’ Roveri e con la loro figlia, Maddalena. Lì si unisce agli Arancioni di Osho. Nel 1981 ritorna in Sicilia e si stabilisce a Lenzi, una contrada di Valderice, nel Trapanese. Qui, insieme con la sua compagna e con Francesco Cardella, un giornalista nativo di Trapani, fonda la comunità Saman, che nasce come una comune Arancione legata ad Osho. Francesco Cardella è personaggio noto per le sue battaglie libertarie (dopo aver lavorato al quotidiano palermitano Telestar, nei primi anni ’60, Cardella ha fondato il quotidiano Ora, il settimanale ABC e la rivista erotica Le Ore), ma anche per certe storie controverse (coinvolto, secondo gli inquirenti, in un traffico di armi con la Somalia). La comunità Saman diventa una comunità terapeutica per il recupero di tossicodipendenti. Alla comunità Saman è molto vicino l’allora segretario nazionale del Psi, Bettino Craxi (che, in realtà, è più vicino a Cardella che a Rostagno). L’ormai ex leader di Lotta Continua non ha certo perso la sua voglia di indagare tra le pieghe della società: e indagando tra il malaffare della provincia di Trapani era quasi automatico incontrare la mafia.
Le indagini di Rostagno sull’omicidio del Sindaco di Castelvetrano Vito Lipari
Rostagno, in particolare, segue il processo per l’omicidio di Vito Lipari, assassinato dalla mafia il 13 agosto del 1980. Lipari, dirigente del Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Trapani, era vicino al ‘partito degli esattori’ di Salemi, Nino e Ignazio Salvo. Il ‘partito degli esattori’ della Sicilia, in quegli anni, non era altro che una corrente della DC capeggiata dall’allora Ministro della Difesa, Attilio Ruffini. Per la cronaca, Vito Lipari era stato candidato nella Dc, nelle elezioni politiche del 1979, arrivando primo dei non eletti. Sull’omicidio Lipari si scontrano due tesi. C’è chi sostiene che Lipari, che era stato sindaco di Castelvetrano nella metà degli anni ’70 ed era tornato a fare il sindaco un paio di mesi prima del suo assassinio, si era impegnato a fare luce sulla sofferta ricostruzione dei paesi della Valle del Belìce colpiti dal terremoto del 1968. Secondo altri viene invece ammazzato perché, da esponente della ‘vecchia Sicilia’ dei cugini-esattori, Nino e Ignazio Salvo, si era rifiutato di cedere potere a alla mafia corleonese. Qualche ora dopo l’omicidio – che avviene il 13 agosto del 1980 – le forze dell’ordine fermano quattro uomini. Tra questi, Nitto Santapaola, boss della mafia catanese, e Mariano Agate, boss del Trapanese. Ma non verranno trattenuti su indicazione di un alto esponente delle forze dell’ordine di Catania. Condannati in primo grado, sono stati assolti in Cassazione nel 1993. L’interesse di Mauro Rostagno per il delitto Lipari è importante perché, con molta probabilità, dava molto fastidio alla nuova mafia che, piano piano, andava sostituendosi alla vecchia mafia.
L’omicidio di Mauro Rostagno e le parole del Pm Gaetano Paci
Il 26 Settembre 1988 Mauro Rostagno rientra nella sede della comunità a bordo di una Fiat Duna DS bianca. I killero lo aspettano ai margini de4lla strada. viene assassinato in un agguato in contrada Lenzi, a poche centinaia di metri dalla sede della Saman, all’interno della sua auto, una Fiat Duna DS bianca, da alcuni uomini nascosti ai margini della strada. Gli spararono con un fucile a pompa calibro 12 e una pistola calibro 38. Con lui, in auto, c’era una ragazza che si salverà e diverrà l’unica testimone del delitto. Nelle ore subito successive al delitto Rostagno, le tesi degli investigatori, come spesso è avvenuto in Sicilia, non coincidono. Il capo della squadra mobile di Trapani, Calogero Germanà, dava per scontata la pista mafiosa. Anche Craxi e Claudio Martelli parlano subito di delitto di mafia. I Carabinieri, con il maggiore Nazareno Montanti, ipotizzavano invece un delitto commesso da dilettanti. Insomma, non mancarono veleni e polemiche. Illuminanti sono le parole del pubblico ministero, Gaetano Paci: “Le prime indagini sull’omicidio di Mauro Rostagno condotte dai Carabinieri del Reparto Operativo di Trapani furono scandite da troppe anomalie. In quest’aula abbiamo dovuto inevitabilmente processare certi atteggiamenti delle forze dell’ordine, ma anche di questo palazzo di giustizia, e in generale della città di Trapani. Perché troppe sono state le insufficienze investigative, le omissioni, le sottovalutazioni. Ma anche orientamenti di pensiero di taluni rappresentanti istituzionali dell’epoca naturalmente adesivi verso la presenza mafiosa”. Insomma, non sarebbero mancati i depistaggi. E anche le piste alternative a quella mafiosa. Qualcuno ricordava che Rostagno, poco prima di essere ucciso, aveva ricevuto una comunicazione giudiziaria relativa alle indagini sull’omicidio del commissario di Polizia, Luigi Calabresi: vicenda controversa conclusa in modo molto ‘italiano’ con la responsabilità (in verità più politica che giudiziaria) addossata a Lotta Continua. Storia poco credibile per Lotta Continua e totalmente incredibile per un uomo come Rostagno, come ricordato, non violento per scelta di vita.
1996: la Procura della Repubblica di Trapani mette da parte la mafia e ipotizza che il delitto Rostagno possa essere maturato all’interno della comunità Saman
Nel 1996 la Procura della Repubblica di Trapani mette da parte la mafia e ipotizza che il delitto Rostagno possa essere maturato all’interno della comunità Saman di Valderice. Cardella, che viene indicato come mandante, fuggirà in Nicaragua. Gli inquirenti chiamano in causa anche la compagna di Rostagno, Chicca Roveri, accusata di favoreggiamento. Le proteste, verso questa pista scelta dagli inquirenti, sono vibranti. I vertici del Psi sono molto polemici con la magistratura. Che risponde accusando Craxi e Martelli di voler depistare le indagini. Un anno dopo l’inchiesta sul delitto Rostagno passa alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. La pista ‘interna’ alla Saman cade. E si ritorna a Cosa nostra. Alcuni personaggi di spicco della mafia siciliana, diventati collaboratori di Giustizia, raccontano quello che sanno. Tra questi spicca Vincenzo Sinacori, esponente della mafia di Mazara del Vallo. Sinacori ricollega il delitto alle denunce contro la mafia di Rostagno: cioè quello che tutti – tranne alcuni inquirenti – hanno sempre pensato. Stando a quanto emerso dalle indagini (e a quanto si legge su Wikipedia), sarebbe stato Francesco Messina Denaro – padre di Matteo Messina Denaro – a dare incarico a Vincenzo Virga, capo della cosca di Trapani, di fare uccidere Rostagno. Le dichiarazioni di Sinacori sono state confermate da altri due collaboratori di Giustizia di ‘peso’: Angelo Siino e Giovanni Brusca. Siino, in particolare, parla di un anno cruciale per la Sicilia: il 1979. E’ l’anno in cui il banchiere siciliano Michele Sindona, allora già inseguito dalle Polizie di mezzo mondo, arriva in Sicilia. Per la precisione, ad Agosto. Siino conferma una tesi non nuova: e cioè che Sindona era arrivato in Sicilia per organizzare una sorta di piano o golpe separatista che avrebbe coinvolto la mafia e la massoneria. La storia di questo golpe mancato (mancato perché, a quanto pare, i mafiosi preferirono restare ‘alleati’ dello Stato italiano, o forse dei politici dell’epoca che Sindona tentava di ricattare con la storia un po’ rocambolesca di questo golpe) è importante, perché Rostagno, alcuni mesi prima di essere assassinato, diceva di essere venuto a conoscenza di alcuni viaggi fatti da Licio Gelli in Sicilia. Licio Gelli era il capo della loggia P2 e allora era un uomo molto potente.
L’ombra del circolo Scontrino di Trapani
Oltre alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, gli inquirenti hanno anche acquisito i risultati di una perizia balistica dalla quale viene fuori che Rostagno è stato ucciso con lo stesso fucile utilizzato per ammazzare, nel 1995, il poliziotto Giuseppe Montaltoe per compiere altri omicidi. Da qui le accuse a Virga e Mazzara. Davano fastidio quegli editoriali su Rtc così come il suo lavoro d’inchiesta “sommerso”, come rivelato da alcuni suoi appunti, sulla massoneria deviata ed il “Circolo Scontrino” di Trapani. Ed è proprio questo uno degli aspetti gravi che fa presagire come la morte di Rostagno fosse “comoda” anche per altri poteri. Per i giudici, proprio quel lavoro d’inchiesta del sociologo torinese “attesta la profondità e l’acutezza del suo sforzo di approfondimento e di studio del fenomeno mafioso come concrezione violenta di un sistema di potere di cui egli indagava, con metodo scientifico e da sociologo qual era le radici strutturali, ma senza trascurare l’immersione nell’attualità e nella concretezza del fenomeno criminale. E con questa profondità visiva che gli veniva dal possesso degli strumenti e delle attitudini di studioso, egli stava approfondendo una sua personale ricerca dei retroscena dei più eclatanti delitti che avevano insanguinato la provincia trapanese negli ultimi anni, nella convinzione che vi fosse un filo che li legava gli uni agli altri, rimontando indietro fino alla strage di via Carini, all’omicidio del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, intravedendo nell’omicidio Lipari un delitto di rilevanza strategica, rivelatore di una competizione in atto con una nuova mafia che contendeva con crescente successo alla vecchia guardia l’egemonia”. Tra i lavori svolti da Rostagno, vengono evidenziate nelle tremila pagine le “autonome inchieste giornalistiche che miravano a varcare la soglia di autentici santuari del potere locale come era all’epoca la rete di circuiti massonici che faceva capo al Centro studi Antonio Scontrino a Trapani”. “Su questo versante – continua la motivazione della sentenza – Rostagno poteva essere una minaccia, dopo che aveva scoperto gli strani traffici che avvenivano a ridosso della pista di un vecchio aeroporto militare ufficialmente in disuso alle porte di Trapani”.
I “sordidi legami tra alcuni esponenti dei Servizi e ambienti della criminalità organizzata locale”
Parlando dei “sordidi legami tra alcuni esponenti dei Servizi e ambienti della criminalità organizzata locale” i giudici affrontano una questione chiave: “Se Cosa Nostra sapeva che i servizi segreti, certamente annidati anche all’interno degli apparati che, in ipotesi, avrebbero dovuto attuare la paventata risposta repressiva dello Stato, da tempo ‘attenzionavano’ Rostagno non come personalità da proteggere, ma come target, cioè come obiettivo ostile da sorvegliare… Se davvero tutto ciò era a conoscenza dei capi mafia locali – e non era difficile saperlo, considerato il sistema di vasi comunicanti che permetteva la circolazione di informazioni nei diversi ambienti collegati da quel sistema – allora non occorre immaginare chissà quali indicibili accordi collusivi per concludere che i vertici dell’organizzazione mafiosa ben potevano presumere di poter contare, se non su un’attiva complicità, quanto meno su una proficua acquiescenza degli apparati repressivi e di sicurezza dello Stato, ove si fossero determinati a mettere in atto il proposito di sopprimere Rostagno”. Il Presidente Pellino si spinge anche oltre: “Tale acquiescenza, unita all’interesse dei servizi a non bruciare rapporti di collaborazione e di scambio già avviati, poteva anche lasciar prevedere interventi utili ad addomesticare le indagini, evitando che si andasse a fondo sulla pista mafiosa. Naturalmente una simile ricostruzione, in mancanza di elementi certi in ordine all’effettiva instaurazione di proficui rapporti di collaborazione tra Cosa nostra e alcuni settori degli apparati di sicurezza, sarebbe solo ipotetica e congetturale. Se non fosse per il fatto che, come vedremo, i depistaggi vi furono davvero. E se per qualcuno può concedersi che sia stato involontario e inconsapevole, per altri aspetti e momenti appare assai più difficile negarne la volontarietà, o dubitarne”.
I depistaggi per cercare di nascondere la pista mafiosa
Proprio i depistaggi condotti sul caso vengono affrontati con accuratezza. Viene messo in evidenza come, quando ancora il corpo di Rostagno era riverso sul volante della sua Fiat Duna, scattarono subito “colpevoli ritardi e inspiegabili omissioni” da parte di chi doveva indagare. Secondo la Corte, vi è stata “la soppressione o dispersione di reperti, la manipolazione delle prove e reiterai atti di oggettivo depistaggio”. E’ cosa nota che, dalla sede di Rtc, scomparve la videocassetta su cui Rostagno aveva scritto: “Non toccare”. Lì, probabilmente, c’era il suo ultimo scoop: la registrazione con le riprese del presunto traffico d’armi nei pressi della pista d’atterraggio di Kinisia. Scomparsi anche le lettere che Rostagno si scambiava con il fondatore delle Brigate Rosse, Renato Curcio, e il memoriale sull’omicidio del commissario Luigi Calabresi. Per non parlare della sparizione del proiettile calibro 38 estratto dal corpo di Rostagno durante l’autopsia. Tra i documenti svaniti nel nulla c’è anche una relazione degli 007 del centro Scorpione, una delle 5 basi della VII divisione del Sismi, da cui dipendeva ‘Gladio’, che riguardava il centro Saman. I giudici si soffermano anche sulle piste alternative: per esempio, la tesi che dietro l’omicidio Rostagno ci potesse essere una questione ‘corna’. O la tesi di un delitto maturato all’interno della comunità Saman. Tutte tesi definite inconsistenti (o forse tentativi di depistaggio). Alla fine, come già ricordato, l’unica pista risultata credibile è stata quella mafiosa. “L’indagine sul movente dell’omicidio che ha impegnato larga parte dell’istruzione dibattimentale – scrive Pellino – ha consentito di misurare tutta l’inconsistenza delle piste alternative a quella mafiosa, che pure sono state esplorate, senza preconcetti. Di contro, a partire proprio da una ricognizione dei contenuti salienti del lavoro giornalistico della vittima, di talune sue inchieste in particolare, ma del suo stesso modo di concepire e soprattutto di praticare il giornalismo e l’informazione come terreno di elezione di una ritrovata passione per l’impegno civile, è emerso come Cosa nostra avesse più di un motivo, e uno più valido dell’altro, dal suo punto di vista, per volere la morte di Rostagno. E il bisogno di mettere a tacere per sempre quella voce che come un tarlo insidiava e minava la sicurezza degli affari (illeciti) e le trame collusive delle cosche mafiose”. “Il suo sforzo – continuano i giudici – di ridisegnare la mappa degli organigrammi del potere mafioso e di individuare le figure emergenti che potevano avere preso il posto degli esponenti della vecchia guardia di Cosa nostra, decimati da arresti, ma ancora di più dai colpi messi a segno dalle cosche antagoniste che nuovo slancio traevano dalla loro capacità di inserirsi nella gestione del narcotraffico o in altre redditizie attività”. Per arrivare a queste conclusioni – con la mafia che, lo ribadiamo, si ‘respirava’ già nelle prime ore dopo il delitto Rostagno – ci sono voluti 27 anni. Alla fine – anche se questo oggi conta poco – tutti quelli che il 26 settembre del 1988 indicavano la mafia come protagonista di questi delitto (e tra questi anche Craxi e Martelli) hanno avuto ragione. Resta l’amarezza per le tante ingiustizie e per i tentativi di depistaggio. E restano dieci testimoni, con identità accertata, che avrebbero dichiarato il falso. Tanto per ricordarci che siamo in Italia…