Mario Pagliaro: “In Sicilia non sono ‘bucati’ gli invasi artificiali: sono ‘bucate’ le tubazioni che portano l’acqua ai fondi agricoli, alle famiglie e alle imprese. La rete idrica siciliana in buona parte da rifare”

In Sicilia non manca l’acqua. Il problema è che negli ultimi vent’anni nessuno si è occupato delle reti idriche che solo negli ultimi tempi sono state oggetto di interventi. La parola a Mario Pagliaro, chimico del CNR e grande conoscitore delle infrastrutture siciliane, comprese quelle idriche

Qualche giorno addietro Radio Radicale ha raccontato che in Sicilia ci sono 2 milioni di persone quasi senza acqua. Si è parlato dell’invaso artificiale Ancipa quasi a secco. A quanto pare, 2 milioni di cittadini siciliani, se non tutta la Sicilia, per l’acqua che scorre dai rubinetti, dipendono dall’Ancipa… Abbiamo posto alcune domande a Mario Pagliaro, chimico del CNR e grande conoscitore delle infrastrutture siciliane, comprese quelle idriche (foto sotto).

Che fine ha fatto l’acqua piovuta dal cielo in Sicilia ad Agosto e a Settembre? Sembrerebbe che i circa cinquanta invcasi artificiali della nostra Isola siano ‘bucati’…

“Non sono bucati gli invasi: sono bucate le tubazioni che dagli invasi portano l’acqua ai campi, alle famiglie e alle imprese. L’acqua piovuta ad Agosto e a Settembre è andata ad alimentare tanto le falde acquifere, che i corsi d’acqua in tutta la Sicilia. E continuerà a farlo anche nei mesi autunnali ed invernali. Oggetto negli ultimi anni di grandi lavori di manutenzione, la diga Ancipa ha una capacità di invaso di oltre 30 milioni di metri cubi. Con cui normalmente si alimentano anche le turbine idroelettriche dell’impianto riavviato nel 2012, oltre ad irrigare una vastissima area e a fornire acqua a decine di Comuni. Infatti ad Agosto sono stati condotti lavori di manutenzione straordinaria lungo le condotte dell’acquedotto Ancipa con ben 19 interventi per limitare le perdite e contenere quindi i prelievi dal lago. A far variare così tanto i volumi è il fatto che la diga è usata tanto per usi civili, che irrigui ed idroelettrici. Ad esempio, nel lago Ancipa a Dicembre del 2021 c’erano 21,6 milioni di metri cubi contro i 5 milioni di nel Dicembre 2020. Lo scorso 31 Luglio, che è in Sicilia il mese meno piovoso dell’anno, il lago conteneva la stessa quantità d’acqua: 5 milioni di metri cubi”.

La Sicilia nel solo 2020 ha buttato a mare a causa delle tubazioni bucate 340 milioni di metri cubi d’acqua. La provincia di Palermo, a causa delle tubazioni ‘bucate’, spreca 40 milioni di metri cubi: se ne immettono in rete quasi 80 milioni e ne vengono erogati poco più di 40 milioni. L’acqua dei depuratori non ancora utilizzata in agricoltura

A Palermo acqua razionata. Vogliamo illustrare ai nostri lettori da dove arriva l’acqua a Palermo? Veramente è finita l’acqua per il capoluogo della nostra Isola? L’acqua del depuratore di Acqua dei Corsari viene utilizzata o viene ancora gettata in mare? 

“Palermo dispone di moltissime fonti di approvvigionamento idrico. E’ infatti alimentata tanto da quattro grandi laghi artificiali (Rosamarina, Piana degli Albanesi, Poma e Scanzano Rossella), dalle feconde sorgenti di Scillato e da numerosi pozzi. Il più piccolo degli invasi, la diga Scanzano Rossella, ha una capacità di 7,3 milioni di metri cubi. E ne conteneva poco meno di 4 milioni a fine Luglio. Anche in questo caso, il vero problema sono le tubazioni. Infatti la Regione, lo scorso Ottobre, ha eseguito interventi sull’adduttore Poma ‘necessari ad eliminare copiose perdite idriche’, sottolineavano gli uffici della Regione annunciando i lavori; perdite che causavano anche ‘danni a proprietà private con conseguenti richieste risarcitorie avanzate nei confronti dell’Amministrazione regionale’. L’acqua non è certamente finita. La Sicilia nel solo 2020 ha buttato a mare a causa delle tubazioni bucate 340 milioni di metri cubi d’acqua. Da sola, la provincia di Palermo spreca 40 milioni di metri cubi: se ne immettono in rete quasi 80 milioni e ne vengono erogati poco più di 40 milioni. E’ chiaro che, con simili perdite, bastano pochi mesi di precipitazioni inferiori alla media per ritrovarsi con una carenza idrica che è tutta, in realtà, carenza infrastrutturale. E guardi che quella di Palermo non è la provincia peggiore: quella di Siracusa registrava nel 2020 perdite di quasi il 68%: si immettevano in rete oltre 25 milioni di metri cubi, e ne venivano erogati poco più di 8 milioni. So che leggendoli sembrano dati surreali, invece sono reali e certificati da Istat. Chiunque può leggerli ad esempio qui (https://focusicilia.it/acqua-la-sicilia-e-la-regione-dove-si-spreca-di-piu-i-dati-del-report-istat/). E’ chiaro, dunque, cosa occorre fare: bisogna rifare l’intera rete idrica siciliana. Quanto all’acqua del depuratore di Palermo – così come l’acqua di altri grandi depuratori – non è ancora utilizzata in agricoltura, dove funziona anche da fertilizzante. La struttura commissariale dello Stato per la realizzazione e l’ampliamento degli impianti di depurazione nel Meridione e in Sicilia , peraltro presieduta da un siciliano, ci sta lavorando concretamente”.

Realizzare i dissalatori non serve. I dissalatori vanno bene nelle piccole isole turistiche e nei Paesi semi-desertici, non certamente in Sicilia

Si parla di riattivare i vecchi dissalatori che operavano in Sicilia negli anni ’80 del secolo passato. Noi ne ricordiamo due: il secondo modulo del dissalatore di Gela e il dissalatore di Porto Empedocle, entrambi alimentati con idrocarburi. Ce n’erano altri? E con quale energia dovrebbero essere riattivati? Conviene alla Sicilia puntare sui dissalatori?

“I dissalatori servono nelle isole come Pantelleria o a Lipari dove a fronte di consumi d’acqua notevoli, l’assenza di invasi e di corsi d’acqua non rende possibile accumulare l’acqua che sarebbe necessaria. Non servono invece in Sicilia, che è una regione essenzialmente montana con livelli di piovosità elevati: molto più elevati di quelli lungo le coste cui è abituata la popolazione siciliana, ormai per oltre l’80 per cento residente lungo le coste. Gli invasi insistono infatti tutti nelle aree interne montane e collinari. Ribadisco: ciò che serve è rifare le reti idriche: è un lavoro semplice, poco costoso ed oltremodo benefico anche dal punto di vista della creazione dei posti di lavoro. Mi lasci citare il caso della grande azienda di costruzioni appaltatrice del rifacimento dell’ottocentesca linea ferrata fra Palermo e Catania: in pochi mesi ha rimosso le vecchie tubazioni con perdite del 60%, installando quelle nuove tubazioni che hanno azzerato la dispersione idrica per una parte di rete rinnovata che interessa un’area di circa 40 mila ettari della Piana di Catania. In pratica, dovendo spostare circa 25 km di tubazioni che interferivano con i lavori, ne hanno installate di nuove rifacendo da zero il sistema di irrigazione che risaliva agli anni ’60 del secolo passato. Iniziati alla fine del 2022, i lavori si sono conclusi rapidamente. E ora gli aranceti serviti da quelle tubazioni possono essere irrigati senza problemi. E’ ovvio che la Regione siciliana debba fare lo stesso con tutte le reti idriche della nostra Isola. Realizzare i dissalatori non serve. I dissalatori servono alle piccole isole turistiche e ai Paesi semi-desertici, non certamente alla Sicilia”.

La privatizzazione del settore idrico non ha alcun senso, né economico, né sociale. La gestione del settore idrico è un compito dello Stato, che deve togliere le competenze alle Regioni

Sicilacque è quasi uscita di scena. Per vent’anni questa società privata ha gestito il cosiddetto sovrambito. Possibile che a nessuno interessi il bilancio di venti anni di attività che non sembra proprio siano stati esaltanti?  

“Sicilacque non è uscita di scena. E’ stata comprata da Italgas, un’azienda il cui maggiore azionista è lo Stato tramite la Cassa Depositi e Presiti che ne possiede il 26% del capitale, seguita da un’altra azienda controllata dallo Stato, la Snam, con il 13%. Italgas ha comprato anche le reti di Campania e Lazio, a riprova di quanto sosteniamo da tempo: cioè che lo Stato deve tornare ad investire direttamente nell’economia ricostituendo tutte le aziende delle Partecipazioni statali per far rinascere l’economia italiana. E deve farlo partendo proprio dalle infrastrutture: che in Sicilia e nel Meridione italiano non sono certo quelle di regioni europee. Cassa Depositi e Prestiti è la banca dello Stato che gestisce il risparmio postale. E’ oltremodo opportuno che questo risparmio sia utilizzato proprio per costruire ex novo o per rifare le infrastrutture, come avveniva ai tempi di IRI e delle sue controllate, Italstat in testa. La privatizzazione del settore idrico non ha alcun senso, né economico, né sociale. Si tratta di un settore cruciale al benessere e allo sviluppo della nazione. Occorre quindi che ad occuparsene sia esclusivamente lo Stato: che deve togliere alle Regioni qualsiasi competenza in un settore vitale per lo sviluppo e il benessere delle generazioni odierne e di quelle che verranno. L’unico servizio che lo Stato può lasciare in mano agli Enti locali, per quanto riguarda l’acqua, è la distribuzione dell’acqua attraverso le reti urbane. Che deve tornare ad essere erogato da società interamente pubbliche di proprietà dei Comuni”. 

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