Lontani da Gesù, i discepoli sperimentarono l’avversità del mare, agitato dal vento ostile soffiato forte dal loro orgoglio. Così lo videro camminare sulle acque e la paura dell’inizio passò

di Frate Domenico Spatola

13 Aprile 2024, Sabato della seconda settimana di Pasqua: Giovanni 6,16-21

I discepoli vollero andare via, abbandonando il Maestro, per il rifiuto di farsi incoronare re dalla folla. Invece Gesù salì, da solo, sul monte. Ripeteva il gesto di Mosè, dopo avere infranto le Tavole della Legge per aver constatato che il popolo aveva adorato il vitello d’oro. Anche per Gesù, gli uomini, che egli aveva liberato rendendoli signori, adulteravano volendo il re cui sottomettersi. In barca, i discepoli remarono, contrariati, verso Cafàrnao, nel buio pesto della loro insoddisfazione e incredulità. Ma, lontani da Gesù, sperimentarono l’avversità del mare, agitato dal vento ostile soffiato forte dal loro orgoglio. Nel mezzo del lago, a tre o quattro miglia dalla riva, Gesù, a compassione, si fece incontro, camminando sulle acque. Equivaleva alla “Trasfigurazione” che, presente nei Vangeli Sinottici, era assente in Giovanni. Quel “segno teofanico” era esclusiva prerogativa divina. Ne aveva parlato il Salmo: “Camminava sulle acque e le sue orme rimanevano invisibili”. Ma anche il libro di Giobbe applicava solo a Dio tale potere. I discepoli equivocarono e, quando Gesù fu vicino alla barca, lo ritennero un fantasma, gridando per la paura. Li rassicurò, dichiarandosi divino: “Io sono”. La locuzione traduceva infatti il santo nome “Iahvè”. In nuovo modo si manifestava Dio in Gesù, senza più incutere paura. Credettero e si pacificarono con lui. Accogliendolo sulla barca, tutto divenne più facile e subito toccarono la riva.

Foto tratta da Wikipedia

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