Le parole di Carlo Calenda sullo Statuto occasione per riflettere sull’Autonomia. Il presidente Schifani sulla Corte dei Conti e Andrea Piazza sull’Alta Corte per la Sicilia che andrebbe rilanciata

Le parole estemporanee e fuori luogo del segretario politico di Azione offrono l’opportunità per un dibattito sul rilancio dell’Autonomia siciliana

Si allunga la lista dei politici in cerca d’autore che dichiarano di voler abolire o Statuto siciliano. Ora è la volta di Carlo Calenda, segretario politico di Azione. Già Ministro del Governo di Matteo Renzi e del Governo di Paolo Gentiloni, Calenda dovrebbe fare capo all’area del centrosinistra. Il motivo per il quale questo signore vorrebbe abolire lo Statuto autonomistico siciliano non l’abbiamo capito. A queste dichiarazioni a ruota libera ‘così’, giusto per esserci, siamo abituati. Commenta il nostro vecchio amico Andrea Piazza: “Calenda parla in qualità di Sovranista sovranazionale. Ovviamente non conosce la storia della Sicilia e del nostro Statuto e sostanzialmente parla per conto terzi… Anche in linea ai desiderata dell’istituzione sovranazionale inglese che, storicamente, si mise di traverso contro il progetto americano favorevole all’indipendenza della Sicilia. Oggi gli USA seguono la stessa logica in Groenlandia per renderla indipendente dalla Danimarca e farla entrare nella propria area di influenza, non di conquistarla militarmente”. (nella foto sopra, tratta da ilSicilia.it, il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, e il presidente del Parlamento dell’Isola, Gaetano Galvagno).

Andrea Piazza e la stagione Indipendentista della nostra Isola

Tornando alla Sicilia, va detto che Andrea Piazza fa riferimento alla stagione Indipendentista della nostra Isola, che risale agli anni subito successivi al secondo dopoguerra. L’Indipendentismo siciliano, è noto, tramontò dopo che la Sicilia riuscì a conquistare l’Autonomia. “Se la Sicilia fosse stata indipendente – aggiunge Piazza – il bonus strategico sarebbe stato incassato come una rendita di posizione dal popolo siciliano e non dallo Stato nazionale”. Giurista, Andrea Piazza scrive che a Calenda bisogna replicare in termini “contenutistici, non come in passato con sterili prese di posizione senza costrutto. Bisogna cogliere l’occasione per rammentare orgogliosamente la nostra storia e perché si arrivò al compromesso per il riconoscimento dell’Autonomia siciliana. Al contempo va aperto un fronte, a cominciare dall’Assemblea regionale siciliana, portando avanti la battaglia politica su tutti fronti giurisdizionali, nazionali e internazionali, anche in considerazione del fatto che la NATO potrebbe essere sottoposta ad una riorganizzazione e suddivisa in NATO Europa e NATO mediterranea”.

Giuseppe Alessi, Giuseppe Montalbano e Franco Nicastro

Andrea Piazza rilancia la questione dell’articolo 24 dello Statuto, ovvero l’istituzione dell’Alta Corte per la Sicilia. Leggiamo cosa prevede l’articolo 24 dello Statuto siciliano: “È istituita in Roma un’Alta Corte con sei membri e due supplenti, oltre il Presidente ed il Procuratore generale nominati in pari numero dalle Assemblee legislative dello Stato e della Regione, e scelti fra persone di speciale competenza in materia
giuridica. Il Presidente ed il Procuratore generale sono nominati dalla stessa Alta Corte. L’onere finanziario riguardante l’Alta Corte è ripartito egualmente fra lo Stato e la Regione”. L’Alta Corte per la Sicilia operò per poco meno di un decennio, prima di essere stata ‘sospesa’ da una sentenza della Corte Costituzionale del 1957. Un pronunciamento che suscitò durissime polemiche. Sul periodico Sala d’Ercole, che allora diffondeva meritoriamente l’attività legislativa, politica e culturale dell’Assemblea regionale siciliana, il primo presidente della Regione siciliana, Giuseppe Alessi, democristiano, giurista di fama nazionale, che allora ricopriva la carica di presidente dell’Assemblea regionale siciliana, e Giuseppe Montalbano, all’epoca parlamentare regionale del Pci, giurista anche lui, docente presso la facoltà di Giurisprudenza di Palermo, protestarono vivacemente contro il colpo di mano romano che aveva travolto l’Alta Corte per la Sicilia. Chi scrive ha avuto la fortuna di leggere i numeri di Sala d’Ercole di quegli anni grazie al compianto Franco Nicastro, animatore e protagonista negli anni ’60 e ’70 del secolo passato della rivista Sicilia Domani, strumento d’informazione indispensabile per approfondire il dibattito politico siciliano di quegli anni. Franco Nicastro ha dato alle stampe libri sulla storia dell’Autonomia e della politica siciliana di grande pregio che chi si occupa di politica in Sicilia dovrebbe leggere.

L’Alta Corte per la Sicilia “sepolta viva”

Scrive ancora Andrea Piazza: “Sul piano prettamente giuridico è indubbio che è stato disapplicato l’articolo 24 dello Statuto in merito al ripristino dell’Alta Corte che, rammento a tutti, ha composizione paritetica Paritetica, bilanciata tra i componenti designati dalla Regione siciliana e quelli nominati dallo Stato. Storicamente è un organo di natura costituzionale, previsto nello Statuto speciale siciliano. Le competenze dell’Alta Corte furono assorbite dalla Corte Costituzionale ai sensi della VII disposizione transitoria della Costituzione”. Fa bene Andrea Piazza a scrivere “ripristino dell’Alta Corte”. Ricordiamo che la sentenza della Corte Costituzionale del 1957, come amava ricordare il presidente Giuseppe Alessi, non ha abrogato l’Alta Corte, ma, per dirla sempre con il primo presidente della Regione siciliana, l’ha “sepolta viva”. E il presidente Alessi aveva i titoli per parlare, visto che, come già accennato, è stato un grande giurista, un grande avvocato e un esponente di primo piano del Cattolicesimo sociale, allievo di don Luigi Sturzo, che fu per alcuni anni tra i componenti dell’Ata Corte per la Sicilia. Come si può notare, le parole estemporanee di Carlo Calenda, che evidentemente non è un grande conoscitore della Sicilia e della sua Autonomia, che è stata conquistata con il sangue dei siciliani, ci offrono lo spunto per aprire una finestra sullo stato dell’Autonomia in Sicilia. Nei giorni scorsi abbiamo letto un’interessante dichiarazione del presidente della Regione siciliana, Renato Schifani:

Il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, pone giustamente la questione delle nomine presso la Corte dei Conti per la Sicilia di competenza regionale

“Nello Statuto siciliano vigente è previsto all’articolo 23 che le sezioni della Corte dei Conti vengano nominate di concerto con il governo regionale. Questa norma costituzionale è vigente e non è stata mai rispettata. Nessun mio predecessore ha mai invocato l’applicazione di questo articolo. Strano. Sapete perché? Io non lo so, non voglio fare polemica su 60 anni di storia, ma l’articolo c’è. Non voglio essere frainteso, non rivendico questo diritto perché sono stato controllato. Per me le porte sono aperte h24. Ma questa è una prerogativa prevista dallo Statuto siciliano che evidentemente i nostri Padri costituenti siciliani, con la condivisione del Parlamento nazionale, vollero a garanzia di una procedura che non condizionava le decisioni della Corte dei Conti. I costituenti siciliani dissero che le sezioni della Corte dei Conti vanno condivise con il Governo regionale”. Siamo perfettamente d’accordo con il presidente Schifani, che peraltro nella vita fa l’avvocato.

Il Governo nazionale non può controllare l’attività legislativa dell’Assemblea regionale siciliana. Questo è stato uno ‘scivolone’ voluto dal centrosinistra

A questo punto, il presidente del Parlamento dell’Isola, Gaetano Galvagno, e il presidente della Regione Schifani, partendo proprio da una storica dichiarazione del presidente Alessi, potrebbero avviare una battaglia politica non soltanto per applicare l’articolo 23 dello Statuto sulle nomine di competenza regionale presso la Corte dei Conti per la Sicilia, ma anche per ripristinare l’Alta Corte per la Sicilia. Anche perché, durante gli anni infelici del centrosinistra al Governo dell’Italia e della Sicilia, la solita Corte Costituzionale ha tolto all’Ufficio del Commissario dello Stato per la Regione siciliana l’azione di verifica delle leggi approvate dall’Assemblea regionale siciliana trasferendola in capo al Governo nazionale. Un provvedimento sbagliatissimo, perché l’ufficio del Commissario dello Stato, pur facendo capo all’esecutivo nazionale, assicurava comunque un minimo di equidistanza tra la Sicilia e Roma. Di fatto, oggi, le leggi approvate dal Parlamento della nostra Isola sono sottoposte ai voleri, spesso più politici che giuridici, del Governo nazionale: che è l’esatto opposto della volontà espressa dai Padri costituenti dell’Autonomia siciliana. Certo, il Governo siciliano si può opporre ad eventuali impugnative delle leggi regionali ad opera del Governo nazionale. Ma lo deve fare rivolgendosi a quella Corte Costituzionale che prima ha “sepolto viva” l’Alta Corte per la Sicilia e poi ha eliminato la verifica delle leggi regionali da parte dall’Ufficio del Commissario dello Stato per la Regione siciliana. C’è o no qualcosa che non funziona?

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