Le due parabole sui semi illustrate da Gesù assicurano frutti in chi crede, ma chiedono pazienza, perché il processo di crescita è lento

di Frate Domenico Spatola

Commento al Vangelo della XI Domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 4, 26-34

26 Diceva: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; 27 dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. 28 Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. 29 Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura». 30 Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31 Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; 32 ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra». 33 Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. 34 Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.

Nelle due parabole, a chiusura del capitolo quarto del Vangelo di Marco sulla “seminagione”, Gesù descrive la potenzialità e la forza del suo messaggio. Centrale è il “Regno di Dio”, quale società alternativa da lui proposta. Suoi pilastri sono la gioia del condividere e del servire. Il seme che l’uomo getta sulla terra simboleggia la Parola. In essa c’è la forza scatenante il processo vitale che fa crescere e maturare la persona. L’assimilazione del messaggio è un processo intimo e non è consentito ad alcuno di interferire. Quando il frutto è pronto “si consegna”, cioè collabora all’azione vivificante di Gesù, fino alla pienezza. La gioia evocata è come il tripudio del contadino per la mietitura: “Mieterà con gioia” (Salmo 126). La persona si realizza quando, come Gesù, libera le potenzialità d’amore, che risveglia in lui la Parola. 

La seconda parabola parla dell’umiltà del Regno. Non ha appariscenza da cedro del Libano, come immaginato, sei secoli prima, dal profeta Ezechiele. Per Gesù il Regno ha misure minime, quasi invisibili. Equiparato al “granellino di senape”, il più piccolo dei semi, ma vocato a divenire “il più grande tra gli ortaggi”. Le due parabole assicurano frutti in chi crede, ma chiedono pazienza, perché il processo di crescita è lento.

Foto tratta da La Luce di Maria

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