L’acqua presente in alcune dighe siciliane serve per le industrie, per le ‘oasi naturali’ (ma chi le ha istituite dentro le dighe?), per gli allevamenti di pesci ma non per l’agricoltura

Lo abbiamo scritto in un’INCHIESTA il 22 Maggio scorso e ora i fatti ci stanno dando ragione

Ricordate la nostra INCHIESTA sulle dighe artificiali e sui laghetti naturali presenti in Sicilia? L’abbiamo pubblicata il 22 Maggio scorso. La nostra tesi è che la siccità non ha colpito in modo uniforme la nostra Isola. Ci sono aree dove non ha piovuto o ha piovuto pochissimo; e ci sono aree dove le piogge non sono mancate. Considerato che in Sicilia si contano circa cinquanta dighe artificiali, più una serie di laghetti naturali e qualche lago naturale di medie dimensioni, considerato che le piogge in alcune aree della nostra Isola sono arrivate, l’acqua non può mancare in tutte le dighe artificiali e in tutti i laghetti naturali. Nella nostra inchiesta abbiamo scritto che quasi tutte le dighe artificiali presenti in Sicilia sono state realizzate per l’agricoltura ma che solo venti o giù di lì vengono utilizzate per irrigare i campi. E nelle altre dighe artificiali che succede? Che si praticano attività che nulla hanno a che spartire con l’agricoltura: pesca (sopra una foto di pesci di acqua dolce tratta da Wikipedia), sport vari e alcune dighe sono state trasformate, non si capisce da chi e sulla base di quali motivazioni, in ‘Oasi naturali’. Dopo di che, il 29 Luglio scorso, Il Fatto Quotidiano pubblica un articolo che dimostra che con la nostra inchiesta pubblicata lo scorso 22 Maggio The Hour Sicilia non ha preso lucciole per lanterne. Quanto abbiamo scritto il 22 Maggio è vero: la tesi che in Sicilia manca l’acqua è una grande minchiata. L’acqua in alcune dighe artificiali della Sicilia c’è ma viene utilizzata non per l’agricoltura ma per altre finalità: in alcuni casi l’acqua delle dighe artificiali siciliane viene usata per attività industriali, per le oasi naturali (istituite da chi? con quali leggi?), per allevare i pesci, per attività sportive; al penultimo posto ci sono gli usi potabili; all’ultimo posto c’è l’agricoltura, visto che in Sicilia gli agricoltori, politicamente parlando, sono l’ultima ruota del carro: contano quanto il due di coppe con la briscola a denari. E le organizzazioni agricole che fanno? Qualche parola arriva da Confagricoltura. Per il resto è assordante silenzio. Va aggiunto che ci sarebbero le acque depurate e anche le acque sotterrane, come il giacimento scoperto nel sottosuolo di Gela (qui un articolo). Ma questo è un argomento complesso che, in ogni caso, non va ignorato. Sui depuratori va detto che le acque depurate dal depuratore di Acqua dei Corsari, a Palermo, finiscono in mare: si tratta di 1,76 metri cubi di acqua al secondo. “Hanno realizzato una condotta sottomarina – doceva l’ecologo Silvano Riggio nel 2017 – e la usano per buttare in mare l’acqua depurata” (qui la dichiarazione del docente universitario siciliano del 2017). Riportiamo alcuni passi dell’articolo de Il Fatto Quotidiano:

L’acqua della diga artificiale di Ragoleto utilizzata per usi industriali e per i pesci mentre nelle campagne le piante muoiono

“Pescare i pesci da un lago e portarli in un altro, così da poter usare l’acqua per irrigare i campi. È in questo modo che si potrebbe cercare di limitare i danni causati dalla siccità all’agricoltura siciliana. ‘Siamo ormai alla pura follia’, commenta Beppe Amato responsabile del settore idrico di Legambiente. Dopo la riunione dell’Autorità di bacino del distretto idrografico siciliano, in cui è stata valutata l’opzione che prevede il trasloco dei pesci, l’associazione ambientalista ha inviato una diffida alle autorità (dall’Assessorato regionale all’Ambiente all’Arpa e vari altri enti) per scongiurare il travaso della fauna ittica”. Quindi è vero che in alcune dighe artificiali siciliane gli ambientalisti e i pesci hanno preso il sopravvento sugli interessi dell’agricoltura. Il caso in questione riguarda la diga di Ragoleto o lago di Ragoleto (foto sopra tratta da Corriere di Ragusa). Un invaso artificiale gestito in concessione dall’ENI per far funzionare lo stabilimento industriale di Gela. Nello stabilimento industriale di Gela, che negli anni passati ha inquinato Gela e l’ambiente circostante, oggi opera una Bioraffineria (qui un articolo). Una scelta che ha penalizzato l’agricoltura di questa zona. “Le risorse dell’invaso servono soprattutto per far funzionare lo stabilimento petrolchimico di Gela (la citata Bioraffineria ndr)”, leggiamo sempre su Il Fatto Quotidiano. Il giornale riporta una dichiarazione rilasciata da Antonio Pirrè, presidente Confagricoltura Ragusa, ai microfondi della Rai: “La diga serve il settore agricolo per 600 mila metri cubi, il settore industria per un milione e 800 mila metri cubi e il resto è destinato a usi domestici. C’è poi una dotazione che potrebbe essere utilizzata all’agricoltura, che viene dalla necessità di spostare i pesci in altro invaso. Questo libererebbe risorse per far sopravvivere l’agricoltura”. Su quattro milioni di metri cubi d’acqua dell’invaso, dunque, uno è destinato alla fauna ittica. Come abbiamo scritto nella nostra inchiesta, i pesci di questa diga vengono prima dell’agricoltura. Per fare vivere i pesci si fanno morire le piante. Si ipotizza di spostare questi pesci in altre dighe per consentire l’irrigazione delle campagne: ma gli ambientalisti si oppongono. Da qui la nostra domanda: cosa c’entrano gli ambientalisti con le dighe artificiali? E’ interessante notare che gli interessi dell’industria vengono assiomaticamente tutelati; ma di tutelare gli agricoltori, dando loro l’acqua che, alla fine, è stata accumulata per irrigare le piante, non se ne deve nemmeno parlare (qui per esteso l’articolo de Il Fatto Quotidiano).

Alcune dighe artificiali realizzare per irrigare le campagne sono diventate oasi naturali

Come potete notare, quanto abbiamo scritto lo scorso 22 Maggio risponde al vero. Rileggiamo alcuni passi della nostra INCHIESTA: “Ebbene, solo venti dighe artificiali o giù di lì oggi vengono utilizzate in Sicilia per l’irrigazione (in alcuni casi l’acqua serve anche per usi potabili), le altre, per essendo state realizzate per l’agricoltura, si utilizzano per finalità che nulla hanno a che vedere con l’agricoltura. Si parla, spesso, di dighe artificiali siciliane abbandonate e piene di fango. E di dighe che vengono svuotate dopo le piogge. Le cose non stanno esattamente così. Certo, qualche diga del tutto abbandonata c’è. Certo, l’acqua di alcune dighe, quando sono piene, finisce in mare invece che nelle campagne per pessima gestione delle stesse dighe. Ma almeno quindici dighe artificiali e forse più realizzate in Sicilia sono state, come dicono gli ambientalisti, ‘naturalizzate’: in pratica, sono diventate oasi naturali e sono gestire dagli ambientalisti, supponiamo con il consenso dell’amministrazione regionale. Poi ci sono altre dighe artificiali utilizzate per attività sportive e per la pesca. Nulla da dire, per carità. Però non possiamo ignorare che la carenza di acqua nel mondo dell’agricoltura finisce per agevolare chi punta a sbaraccare una parte importante del settore agricolo siciliano, da sostituire con grandi distese di pannelli fotovoltaici: cosa che sta già accadendo. O dobbiamo fare finta che questo non stia avvenendo dopo che ne ha parlato anche la televisione?”.

Che fine fa tutto il pesce di acqua dolce che viene pescato nelle dighe artificiali siciliane?

Altro passo della nostra INCHIESTA: “Nella nostra Isola, è noto, la maggior parte della popolazione vive nelle aree costiere. Gli abitanti delle zone costiere della nostra Isola portano in tavola il pesce pescato in mare (in parte importato da Paesi esteri, perché il nostro mare non è più pescoso come una volta). Non è così nelle aree interne siciliane dove è molto praticata la pesca di pesci di acqua dolce che sono presenti in grandissima quantità in tutte le dighe artificiali e anche in qualche laghetto naturale, anche se in minore misura. Carpe, trote, pesce persico e in alcune dighe anche lucci, in alcuni casi di grandi dimensioni, sono all’ordine del giorno. Non se ne parla molto ma vi assicuriamo che la pesca nelle dighe artificiali siciliane è molto fiorente. Che fine fa tutto il pesce d’acqua dolce che viene pescato nelle dighe siciliane? Se lo pappano tutto i siciliani? In effetti qualche pesce d’acqua dolce si intravede nelle pescherie: ma si racconta che la maggior parte del pesce di acqua dolce allevato e pescato in Sicilia venga esportato fuori dalla nostra Isola. Le cose stanno così?“.

Non è che opera una ‘mano invisibile’ che tiene nel caos le dighe artificiali siciliane?

Ancora la nostra INCHIESTA: “La cosa che fa sorridere amaramente è che mentre agli agricoltori siciliani raccontano della ‘grande siccità’ e delle ‘dighe vuote’, la realtà si presenta in modo del tutto diverso. E non può che essere così, perché da Gennaio ad oggi – restando fermi a quest’anno – le piogge, nella nostra Isola, ribadiamo, non sono certo mancate. Non sono state piogge uniformi in tutta la Sicilia ma l’acqua dal cielo è arrivata. La realtà è che in almeno in trenta di dighe realizzate in Sicilia per l’agricoltura vanno in scena attività che nulla hanno a che spartire con la stessa agricoltura. Quando raccontano che ‘ci sono le dighe ma mancano le canalizzazioni’, o che le ‘condutture sono vetuste’ non dicono inesattezze: in massima parte è tutto vero. Bisognerebbe chiedersi, però, perché ‘mancano le canalizzazioni’ e perché le ‘condutture sono vetuste’. E’ solo cattiva amministrazione della cosa pubblica o ci sono altre motivazioni? Non è facile capire come mai in tante dighe artificiali siciliane si svolgono tutte queste attività alternative all’impiego di acqua per l’irrigazione delle campagne. Supponiamo che in alcune dighe diventate oasi naturali dove svernano uccelli rari non dovrebbe essere praticata la pesca, anche perché gli uccelli, in alcuni casi, mangiano i pesci. Ma non ne siamo sicuri. Detto questo, ben vengano le oasi naturali per i volatili, ben venga la pesca di pesci di acqua dolce, ben vengano le attività sportive, dal canottaggio alla vela fino al surf: ma ricordiamoci che c’è anche l’agricoltura e che queste dighe artificiali sono state costruite, nella stragrande maggioranza dei casi, per irrigare le campagne”.

Il presidente della Regione siciliana farebbe bene ad avocare a sé la gestione delle dighe artificiali per mettere fine all’attuale ‘bordello’

Che dire, infine? Che il presidente della Regione siciliana farebbe bene ad avocare a sé la gestione delle dighe artificiali siciliane mettendo la parola fine a l’attuale ‘bordello’ che, alla fine, penalizza gli agricoltorin siciliani. Questi ultimi hanno davanti agli occhi l’ennesimo fallimento politico delle organizzazioni agricole classiche. Ma come quasi tutti i siciliani, anche gli agricoltori della nostra Isola, a parte qualche protesta che non ha sortito alcun effetto concreto, sembrano incapaci di reagire e di dare vita a iniziative concrete: per esempio un nuovo sindacato agricolo. In Sardegna, ad esempio, una parte dei cittadini sta protestando contro la proliferazione delle pale eoliche he stanno distruggendo il paesaggio e l’agricoltura per produrre energia da portare nel Nord Italia e in Germania (qui un articolo); in Sicilia sta avvenendo la stessa cosa con i panneli fotovoltaici che, in massima parte, stanno prendendo il posto dei terreni coltivati a grano duro: ma – a parte qualche blanda protesta – non gliene frega niente a nessuno.

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