La storia di San Lorenzo martire dei poveri che, steso sulla graticola dai suoi carnefici, si fece beffa del boia invitandolo a rivoltarlo, quando si era sentito rosolato da un lato

di Frate Domenico Spatola

Un racconto con un ricordo personale dell’autore legato a una poesia di Giovanni Pascoli

San Lorenzo si presentò all’imperatore con i suoi “gioielli”. Per questo era stato convocato da Valeriano nel 258 d. C. Esercitava, nella chiesa di Roma, il ministero da diacono, a provvedere ai bisogni della Comunità e soprattutto dei poveri. Quel servizio qualificato era stato istituito nella Chiesa di Gerusalemme, con Sette Diaconi, tra cui il più memorabile Stefano, per il martirio subìto. Avrebbero dovuto provvedere alla mensa dei Cristiani provenienti dall’ellenismo e alle loro vedove e orfani bisognosi. Il modello fu importato nella chiesa di Roma. Tale ufficio tenne lodevolmente il diacono Lorenzo. Fu interrogato maldestramente perché l’imperatore si sentì beffato alla vista della incontenibile ciurma di poveri. “Ecco i miei gioielli”, gli disse, spegnendo ogni possibilità di dialogo. Passarono a torturarlo perché denunciasse dove teneva i forzieri. Ma il Santo non fu intimorito e, steso sulla graticola, seppe anche burlarsi del boia, invitandolo a rivoltarlo, quando si era sentito rosolato da un lato. Il martirio avvenne a Roma, in località “Verano”, dove sorgerà la basilica voluta in suo onore da Costantino nel IV secolo. Di San Lorenzo mi rimase dalle scuole elementari il ricordo personale della poesia di Giovanni Pascoli, nella quale, in poche quartine a rime alternate, “il concavo cielo sfavilla sì gran pianto” per l’uccisione del padre mentre tornava a casa sul calesse con due bambole per le figlie che l’aspettavano. Struggente il raffronto con la rondine, anch’essa uccisa in volo, mentre tornava al nido con la cena per i suoi rondinini. Ricordi lontani, evocati ad acquietare ansie di adulto, per rifugio nel tempo, che l’anima prova a riscattare.

Foto tratta da Avvenire di Calabria

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