La storia di San Calogero: gli eremiti “buoni e venerandi” sbarcati in Sicilia e il monte di Sciacca dove passò gli ultimi anni della sua vita

di Frate Domenico Spatola

Tra i Vandali e l’Islam nell’Africa Settentrionale del V secolo
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San Calogero. Il nome è greco. Della Sicilia bizantina. Siamo nel V secolo. I Vandali imperversavano nell’Africa settentrionale. Profondamente cristiana. Ancora per poco. Dopo i Vandali toccherà all’Islam spazzare via qualunque vestigio di Cristianesimo, reso visibile dall’opera di San Cipriano, di Sant’Agostino dei martiri Scilitani e via dicendo. Quando, perseguitati, gli Eremiti sbarcarono in Sicilia, i cristiani del luogo li identificatono come “buoni e venerandi” . Onde il nome: “Kalòs-ghéros”. Molti paesi della Sicilia, soprattutto dirimpettaia dell’Africa, adottarono come loro patrono un San Calogero. Rigorosamente di colore. Sbarcarono dunque per la fede e, da perseguitati, divennero missionari. Essendo tuttavia eremiti, toccava ai fedeli andarli a trovare. Erano asceti e la gente li venerava. Ogni paese della Sicilia racconta del proprio Calogero i prodigi più diversi. Agrigento, Naro, Canicattì, Salemi. Sciacca gli intitolò un intero monte, dove si racconta che abbia vissuto gli ultimi anni di vita, lasciando, con il racconto delle virtù, anche le “Terme” a lui titolate. Ci andai da adolescente, e in seminario a dieci anni era la meta preferita delle più belle passeggiate. Ogni giovedì. Serviva a socializzare tra noi fratini e il padre assistente cappuccino frate Clemente, che ci parlava, lungo il tragitto, con fantasiosi racconti, tutti edificanti, ed era paterno con noi rispondendo graziosamente ad ogni nostra curiosità. Ricordi dell’infanzia tenera e nostalgicamente protratta.

Foto tratta da Wikipedia

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