La siccità e l’agricoltura siciliana: il vero problema è che non piove quando dovrebbe piovere e piove quando ormai per alcune colture l’acqua serve a poco perché le piante sono morte

Nella nostra Isola l’ondata di scirocco di fine Marzo ha danneggiato sia il grano duro, sia i foraggi. Ma non tutta la produzione di grano duro dei foraggi della Sicilia è andata perduta

Siccità in Sicilia: è veramente disastrosa la situazione, come raccontano le cronache di questi giorni? Torniamo a fare il punto della situazione. Cominciamo con i danni che la siccità arreca al grano. E anche dei danni che provoca alla sulla, una leguminosa molto diffusa nella nostra Isola, soprattutto nella parte occidentale e utilizzata come foraggio per gli animali. Sia il grano, sia la sulla non vengono irrigate. Non perché è impossibile irrigare queste due colture ma perché costerebbe troppo. Già il grano duro siciliano con i bassi prezzi attuali, è diseconomico, figuriamoci se dovesse essere irrigato! Morale: per il grano siciliano e anche per la sulla serve, come si usa dire dalle nostre parti, l’acqua ri cielo, cioè le piogge. Le piogge, come scriviamo spesso, in Sicilia non sono mancate. Il problema, per ciò che riguarda il grano e la sulla, è che le piogge non sono arrivare quando sarebbero dovute arrivare e sono arrivate quando ormai servivano a poco o nulla. Un esempio: la sciroccata, inusuale, di fine Marzo ha provocato danni enormi al grano e alla sulla. Le aree dove si coltiva il grano più colpite della nostra Isola sono state la provincia di Catania, con riferimento alle zone pianeggianti e basso-collinari; parte della provincia di Enna; parte della provincia di Siracusa; parte della provincia di Messina; alcune aree del Nisseno; le basse Madonie e alcune aree di confine tra la provincia di Palermo e la provincia di Caltanissetta. In alcune di queste zone la produzione di grano duro, che si annunciava scarsa, in alcuni casi al di sotto dei 10 quintali per ettaro, è stata trasformata in fieno. La Sicilia occidentale e la fascia costiera del Mediterraneo, per quello che sappiamo, non si trovano in pessime condizioni. Non ci sono problemi di siccità nemmeno per le aree alto collinari e montane. In Sicilia, per quest’anno, si ipotizza una riduzione della produzione di grano duro del 50%: dalle 780 mila tonnellate di grano dello scorso anno si dovrebbe passare a 360-370 mila tonnellate. Anche se c’è chi dice che il calo della produzione di grano duro potrebbe essere maggiore del 50% rispetto al 2023.

Problemi anche per la zootecnia, ma non in tutte le zone della nostra Isola

Anche la zootecnia siciliana è in sofferenza (foto sopra tratta da Ragusa News). Nella nostra Isola il cuore pulsante della zootecnia è la provincia di Ragusa. Da queste parti, stando a quanto ci risulta, la siccità c’è stata ma non in termini drammatici. Detto per inciso, la zootecnia ragusana è sempre stata deficitaria in materia di foraggi ed è considerato normale acquistarli da altri luoghi della Sicilia e anche nel resto d’Italia. Non è un caso se il porto di Pozzallo è diventato il primo porto siciliano per import di foraggi e prodotti agricoli. Insomma, la zootecnia ragusana non ha mai disdegnato di acquistare fuori dalla Sicilia l’erba medica, una leguminosa da foraggio molto presente nel Nord Italia. Ci sono poi gli allevamenti che si trovano nella valle del Tumarrano: da quello che sappiamo lì la siccità non è stata drammatica. Né ci risulta che ci siano stati grandi problemi di siccità nel Messinese, dove gli animali pascolano liberamente. Come per il grano, ci sono problemi per gli allevamenti di alcune aree del Catanese, per gli allevamenti alcune aree dell’Ennese e del Nisseno e nelle basse Madonie. In queste zone ci sono problemi per l’alimentazione del bestiame. Tanto che in molti casi gli allevatori o hanno abbattuto i capi di bestiame o li hanno venduti. Se per i foraggi e il fieno poco o nulla si può fare per l’irrigazione, non altrettanto può dirsi per la mancanza di acqua negli allevamenti. In questo caso il proboema sta nella fallimentare gestione delle circa cinquanta dighe artificiali della Sicilia dove regna il caos. Ci sono ambientalisti che, di fatto, gestiscono alcune dighe artificiali che avrebbero dovute essere utilizzate per l’agricoltura; altre dighe artificiali sono utilizzate pe rla pesca sportiva e altre ancora utiliozzate per attività sportive. Mentre le dighe utilizzate per l’agricoltura, in alcuni casi, sono piege di fango e l’acqua non può essere utilizzata (qui un nostro articolo di approfondimento). Non è vero che in Sicilia non ha piovuto e tutte le dighe sono a secco. Alcune dighe artificiali siciliane sono con poca acqua ma ci sono altre dighe artificiali piene d’acqua. La verità è che in Sicilia la competenza sulle acque è assegnata a vari soggetti. La mancanza di una regia unica non fa altro che aumentare la confusione: forse una confusione voluta per generare il caos attuale.

Il Governo regionale siciliano avrebbe fatto bene a non promettere di erogare i voucher per il fieno se poi non è in grado di onorare gli impegni

I foraggi promessi dal Governo dell’Isola. Non possiamo non sottolineare il comportamento scorretto della Regione siciliana, che si era impegnata a sostenere gli allevatori con i voucher per l’acquisto di fieno. Un impegno finito nel nulla, ufficialmente perché la terza Commissione legislativa dell’Assemblea regionale siciliana non ha raggiunto il numero legale. Difficile credere a questa tesi. E allora? Molto più probabile che a bloccare i vaucher sia stata la mancanza di soldi, dal momento che, come abbiamo scritto ieri, il Governo regionale siciliano non ha più il controllo dei propri fondi finiti nei ‘forzieri’ di una banca milanese quotata in Borsa da dove i tecnici del Ministero dell’Economia controllano tutto (qui il nostro articolo). Alla Regione siciliana vengono erogati solo i fondi per pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici della Sicilia e del resto d’Italia. A causa dei costi della guerra in Ucraina, del pagamento degli interessi sul debito pubblico truffaldino imposto dall’Unione europea (da 80 a 90 miliardi di euro all’anno) e, adesso, del nuovo Patto di stabilità, voluto sempre dall’Unione europea, che costerà da 12 a 18 miliardi di euro all’anno, l’Italia si trova in una situazione finanziaria che definire difficile è un eufemismo. Figuriamoci se il Ministero dell’Economia dà alla Regione siciliana i soldi per i vaucher per gli allevatori siciliani. Tra l’altro, l’obiettivo dell’Unione europea è quello di fare fallire i produttori di grano e, in generale, tutta l’agricotura siciliana per sostituirla con distese di pannelli fotovoltaici per produrre energia per il Centro Europa. E’ tragicomico notare come un’Unione europea ormai alla frutta, estinata a collassare a causa della guerra in Ucraina continui con le sue politiche economiche ottuse. Quando la disastrosa esperienza dell’Europa finto-unità finirà sarà sempre troppo tardi.

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