La produzione di carne sintetica non è meno inquinante degli allevamenti di bestiame: anzi. Le contraddizioni dell’Unione europea sulla CO2

Questione aperta tra pro e contro

Il Governo italiano ha proibito la produzione di carne sintetica (foto sopra tratta da Scienza in rete). Come proveremo a illustrare in questo articolo, beh, non sembra avere tutti i torti, se è vero che il processo produttivo di carne sintetica è molto inquinante. Oggi proveremo a ragionare su questo tema. Lo faremo citando due articoli e con qualche nostro commento. Il primo articolo lo prendiamo da https://www.contatti-energia.it/news/carne-sintetica/. E’ un articolo che in parte ci convince e in parte in parte no. Leggiamolo insieme:

“La carne sintetica, meglio definita coltivata o artificiale, rappresenta un’innovazione rivoluzionaria nel campo alimentare. Prodotto di una coltivazione cellulare in vitro, deriva da cellule animali, solitamente prelevate da polli, mucche o maiali. Queste cellule vengono fatte proliferare in condizioni controllate, utilizzando bioreattori che replicano l’ambiente naturale dei tessuti animali. Il processo inizia con l’estrazione di cellule staminali, che successivamente si differenziano in cellule dei principali tessuti.

Il processo di coltivazione comprende:

  • Uso di terreni di crescita e di nutrienti per lo sviluppo cellulare.
  • Differenziazione in cellule muscolari, formando le fibre base dei tessuti muscolari.
  • Crescita in tessuto muscolare attraverso condizioni controllate.

Questo metodo permette la produzione di carne senza il bisogno di allevare e macellare animali, riducendo il consumo di risorse naturali come energia, acqua e suolo”.

In realtà la CO2 emessa con la produzione di carne coltivata è enorme e rimane nell’ambiente per millenni

Detta così sembra di aver trovato la soluzione perfetta. In realtà, le cose non stanno affatto così: “Nonostante la carne coltivata sia una soluzione innovativa in ambito alimentare, presenta alcuni aspetti critici, quali:

  • Difficoltà nel riprodurre esattamente le caratteristiche organolettiche della carne tradizionale.
  • Dubbi sulla salute a lungo termine legati al consumo di carne sintetica.
  • Preoccupazioni per l’impatto ambientale in termini di produzione energetica e CO2 emessa. In particolare, il gas metano, emesso nell’ambiente dalla produzione di carne tradizionale, si dissipa nel giro di 12 anni, nonostante abbia un impatto immediato sull’alterazione del clima più elevato rispetto alla CO2. La produzione di carne sintetica, che a differenza della carne tradizionale libera nell’ambiente solo CO2 e non gas, preoccupa in quanto l’anidride carbonica rimane nell’ambiente per millenni

Queste sfide sottolineano la necessità di ulteriori ricerche e sviluppi per rendere la carne coltivata un’opzione realmente sostenibile e accettabile per i consumatori”. Come potete notare, lo scenario è molto più complesso. Esaminiamo ad uno ad uno gli aspetti critici. Le difficoltà nel riprodurre esattamente le caratteristiche organolettiche della carne tradizionale è un campanello d’allarme. Ricordiamoci che nel mondo c’è il dubbio che con il miglioramento genetico a colpi di radiazioni siano stati prodotti vegetali che potrebbero aver creato problemi alla salute umana. Sia chiaro che è un dubbio: ma è un dubbio che in alcuni Paesi blocca – almeno sulla carta – il ricorso in agricoltura ad Ogm, sigla che sta per Organismi geneticamente modificati. Questa prima possibile criticità si lega alla seconda criticità: i dubbi sulla salute legati al consumo nel lungo periodo di carne sintetica. Anche in questo caso è un dubbio, ma i filosofi dell’antichità ci hanno insegnato che il dubbio ci può salvare da gradi disastri. Terzo rilievo: l’emissione di grandi quantitativi di CO2 nell’atmosfera che rimane nell’ambiente per decenni. L’Unione europea, che sponsorizza la carne sintetica, si dovrebbe mettere d’accordo con se stessa: non si può, infatti, impostare le politiche ‘green’ gridando ai quattro venti che bisogna ridurre le emissioni di CO2 e poi puntare sulla carne sintetica riempendo il mondo di CO2! Insomma, sarebbe opportuno evitare pagliacciate.

L’articolo ne individua quattro:

  • Riduzione delle emissioni di gas serra rispetto all’allevamento intensivo tradizionale.
  • Diminuzione dell’utilizzo di antibiotici e farmaci: essendo prodotta in condizioni controllate e sterili, la carne coltivata riduce il bisogno di questi prodotti, spesso impiegati in abbondanza nell’industria della carne.
  • Minore consumo di risorse naturali: la produzione richiede significativamente meno acqua, suolo e energia rispetto all’allevamento convenzionale.
  • Cruelty Free: evita la macellazione di animali, offrendo un’alternativa etica.

Nell’articolo si legge “diminuzione dell’utilizzato di antibiotici e farmaci”. E qui rimaniamo un po’ stupiti, perché pensavamo non a una diminuzione ma all’eliminazione di antibiotici e farmaci nella produzione di carne sintetica. Questi aspetti la rendono particolarmente interessante in un contesto dove la sostenibilità e la riduzione dell’impatto ambientale sono prioritari. Anche il primo punto è contestabile. La riduzione delle emissioni di gas serra rispetto all’allevamento intensivo di animali è relativo, perché, come abbiamo già accennato, con la produzione di carne sintetica si produce tanta anidride carbonica; e, in ogni caso, il paragone con gli allevamenti intensivi non regge, perché gli allevamenti intensivi vanno eliminati, perché non si può tollerare la crudeltà verso gli animali per aumentare i profitti. Prima o poi i Paesi civili dovranno adottare leggi per abolire gli allevamenti intensivi. Nell’articolo si sottolinea che “è fondamentale prevedere degli investimenti in ricerca e sviluppo che permettano la produzione di carne sintetica su larga scala e far sì da avere un maggiore controllo sulle emissioni di CO2 ad essa connesse”. 

L’articolo di Focus

Noi citiamo un altro articolo pubblicato da Focus: “La carne coltivata in laboratorio che molti vedono come futura alternativa per soddisfare l’appetito mondiale di proteine animali, potrebbe recare, a lungo andare, più danno all’ambiente di quella tradizionale. Lo sostiene uno studio britannico pubblicato su Frontiers in Sustainable Food Systems, che considera il diverso comportamento, in atmosfera, di metano e anidride carbonica, i gas serra più comunemente associati alla produzione di carne”. La questione è sempre quella: l’emissione in atmosfera di anidride carbonica. Ancora: “L’influenza del metano, dunque, non è cumulativa: ecco perché in alcune circostanze, la produzione di carne sintetica, associata quasi esclusivamente a emissioni di CO2, potrebbe risultare ancora più pesante, in termini climatici. Affinché non lo sia occorrerà investire su metodi di produzione energetica sostenibile che possano alimentare gli impianti di produzione. Insomma, comunque lo si giri, sembra che il problema della produzione di cibo sia pieno di strade senza uscita”.

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