La grande sete della Sicilia? No, l’acqua c’è, mancano organizzazione e programmazione degli interventi. Parla Mario Pagliaro che illustra come stanno realmente le cose

Fare un po’ di chiarezza sulle dighe siciliane, sulle condotte, sui lavori ancora non completati. Un’intervista che affronta i punti salienti della crisi idrica della nostra Isola

Abbiamo letto un’ampia intervista rilasciata da Mario Pagliaro (foto sotto), chimico del Cnr ed esperto in materia di climatologia, al Quotidiano di Sicilia del 22 Giugno sulla questione idrica in Sicilia. Da mesi non si fa altro che parlare di una tremenda siccità che colpirebbe la nostra Isola, anche se noi ci chiedevamo pochi giorni fa come mai, se la zootecnia siciliana è in ginocchio a causa della siccità, latticini e formaggi abbondino ovunque. Pagliaro fra l’altro è intervenuto spesso per raccontare la storia degli invasi siciliani e dell’intervento pubblico nell’economia della Sicilia. 

La prima domanda è semplice. Cosa possono fare concretamente gli allevatori colpiti dalla siccità, e cosa possono fare gli amministratori locali?

“Lo hanno mostrato ai suoi colleghi della Rai nei giorni scorsi. La Sicilia è ricchissima di acqua ovunque. Il Sindaco di Ganci, sulle Madonie, ha sequestrato un pozzo e ha messo a disposizione l’acqua gratuitamente a tutti gli allevatori. I pozzi sono ovunque, in Sicilia, e dove non ci sono è semplicissimo recuperare l’acqua dal terreno con una semplice trivellazione e l’uso di una pompa”.

Dall’intervista che ha dato al Quotidiano di Sicilia abbiamo letto che la siccità si sarebbe conclusa a Febbraio. Effettivamente le precipitazioni non sono mancate. Allora perché sentiamo da più parti che manca l’acqua?

“Perché, anche nel settore degli invasi e alla rete idrica, la Sicilia soffre di oltre 30 anni di sostanziale abbandono delle politiche pubbliche di investimento e pianificazione. Prendiamo la diga Trinità di Castelvetrano. A fine Febbraio è piovuto talmente tanto, che il gestore della diga è stato costretto ad aprire le paratie e sversare l’acqua a mare (come potete leggere qui). Giustamente gli imprenditori agricoli facevano notare come si tratti di un’assurdità. Ma è la conseguenza dei mancati investimenti pubblichi sulla diga che costringono il Servizio dighe ad autorizzare un invasamento della diga che è solo una frazione di quanto potrebbe contenere. Per aumentare la quota autorizzata servono investimenti pubblici che migliorino le condizioni strutturali delle dighe, con il collaudo di tutte le strutture esistenti”.

E la situazione delle reti idriche? E’ vero che si perde oltre metà dell’acqua immessa in rete?

“Esatto. Oltre metà: sono 340 milioni di metri cubi di acqua solo nel 2022 (come potete leggere qui). Le persone leggono questi numeri, e non capiscono: invece questi numeri vanno compresi. E’ come se ogni anno la Sicilia buttasse a mare tre volte e mezzo la capienza del Lago Rosamarina, pari a 100 milioni di metri cubi. Ma c’è di più, molta di quest’acqua che finisce a mare è acqua che è stata potabilizzata attraverso l’eliminazione del fango e la clorazione con biossido di cloro. Sono processi che hanno un elevato costo economico ed energetico. Ma anche qui pressoché nessuno se non pochi tecnici in Sicilia ha idea dell’entità di questi costi economici e ambientali”.

Può spiegarlo concretamente? Ad esempio, a Palermo che è la città più grande della Sicilia, quanta acqua potabile si perde?

“La metà degli 80 milioni immessi in rete: 39,7 milioni nel solo 2022. Di nuovo, per capirci, è una quantità di acqua pari al doppio dei 20 milioni di metri cubi attualmente invasati nella diga Poma. Sono dati pubblici, forniti ogni anno dall’Istat, che tutti possono verificare. Quello su Palermo, ad esempio, è nella Tavola 5 pubblicata da Istat a fine Marzo. Leggendola, si apprende appunto che a Palermo sono stati immessi in rete 79,79 milioni di metri cubi di acqua potabile, ma che in case, aziende e uffici ne sono arrivati 40,12 milioni con una perdita del 49,7%. E’ un enorme spreco anche economico il cui costo ricade su tutta la collettività”.

Per quale motivo ricade su tutti?

“Perché buona parte di quest’acqua deve essere trattata chimicamente per disinfettarla. L’ente gestore compra ogni volta ad esempio un milione di chili (1000 tonnellate) di clorito di sodio per effettuare la clorazione. Il processo, oltre a consumare enormi quantità di reagente chimico, richiede grandi quantità di energia elettrica. L’acquedotto che sostiene i costi di captazione, trattamento, e distribuzione dell’acqua deve coprire questi costi e pure quelli di depurazione delle acque reflue. E lo fa attraverso la vendita dell’acqua ai clienti: famiglie, imprese, e pubbliche amministrazioni. Se non ci fossero perdite nella rete idrica potrebbe immetterne in rete la metà e abbassare drasticamente le tariffe. Ecco perché gli investimenti pubblici sulle reti sono un’urgente necessità in tutta la Sicilia. E’ appena il caso di ricordare che a Siracusa le perdite ammontano al 65,2% (come potete leggere qui)”.

E perché non si è fatto e non si fa subito?

“Perché la Regione siciliana che un tempo aveva formidabili competenze tecniche nell’Ente di sviluppo agricolo (Esa), che fece progettare e poi prese in gestione quasi tutti gli invasi della Sicilia, deve recuperare l’iniziativa politica e culturale che fu alla base dell’altrettanto formidabile stagione della programmazione pubblica fra il 1950 e il 1992. Gli ultimi interventi significativi sulle reti idriche risalgono al 2002-2003 quando l’allora commissario all’ennesima ‘emergenza idrica’ della Sicilia fece realizzare la condotta che collega Enna e Caltanissetta, permettendo di alimentare molti Comuni nisseni con l’acqua del lago sulla diga Ancipa, e poco dopo quando l’Esercito su incarico della stessa struttura commissariale realizzò i 15 km di condotta fra il lago di Rosamarina fatto realizzare da Rino Nicolosi e il depuratore di Risalaimi. Un’opera che da sola ha risolto in via definitiva i problemi di approvvigionamento idrico di Palermo. Realizzata dal Genio militare in soli 7 mesi e consegnata nel Luglio del 2003, la condotta ha infatti un’enorme portata massima pari a 1000 litri al secondo. Se fosse utilizzata sempre a pieno regime, potrebbe portare a Palermo 30 milioni di metri cubi di acqua all’anno. E’ interessante che i 15 milioni spesi per la realizzazione della preziosa condotta venivano da un finanziamento assegnato a Palermo dal Comitato interministeriale per la programmazione economica a metà anni ’90. Programmazione, appunto”.

E poi, non è stato fatto più nulla?

“Il Governo regionale uscente ha finanziato la ripresa dei lavori per il completamento della preziosa diga Pietrarossa nel territorio al confine fra i Comuni di Aidone e Mineo. Condotti da una grande azienda italiana specializzata nel settore delle dighe, i lavori proseguono nei tempi. Poche settimane fa la maggiore azienda italiana delle costruzioni ha consegnato alla Regione rifatti da zero 25 km di condotte idriche nella Piana di Catania. Le vecchie condotte perdevano oltre il 60% dell’acqua che vi era immessa per portarla agli aranceti della Piana. Anche qui, i lavori sono stati resi possibili dall’investimenti pubblici per il raddoppio della linea ferroviaria Palermo-Catania: l’azienda ha infatti dovuto spostare le vecchie condotte di irrigazione realizzate negli anni ’60 che interferivano con il tracciato della ferrovia in costruzione. Quello che occorre, è fare la stessa cosa sull’intera rete idrica della Sicilia: via i vecchi tubi che perdono in media oltre il 50% dell’acqua che vi è immessa e dentro le nuovi tubazioni flessibili e oltremodo resistenti alla corrosione e ai movimenti del terreno realizzate in polietilene ad alta densità e in piccola parte in ghisa”.

E per farlo cosa occorre?

“Occorre ampliare radicalmente lo staff dell’Ufficio delle acque della Regione siciliana portandovi decine di giovani ingegneri, architetti, geometri, chimici e altri tecnici dando il via ad una nuova stagione di programmazione economica e ambientale. Occorre indire subito i concorsi: le Università siciliane, in particolare quella di Catania, hanno formato e formano decine di ottimi tecnici nel settore delle acque che ormai capiscono anche i principi dell’economia circolare e della bioeconomia. Sarà questo Ufficio a dover progettare il rifacimento delle reti idriche in tutto il territorio della Regione, inclusi quelli dei Comuni. Ad affidare in gestione gli impianti di depurazione che la struttura commissariale sta via via completando in tutta la Sicilia. E a curare anche il completamento della diga Blufi sulle Madonie”.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *