La candidatura di Kamala Harris è il disperato tentativo dei vari Clinton, Obama, Biden e Pelosi di mantenere la leaderschip in un Partito Democratico che non controllano più?

Nelle ultime settimane deve essere successo ‘qualcosa’ tra i Democratici americani. Proviamo a scoprire cosa

“Sarà un testa a testa”, dicono i giornali. Il “testa a testa” riguarderebbe le elezioni presidenziali americane previste per il prossimo Novembre. I mezzi di informazione occidentali danno per scontato che la candidata del Partito Democratico americano contro il Repubblicano Donald Trump sarà l’attuale vice presidente, Kamala Harris (foto sopra tratta da Wikipedia) Ogni tanto, in verità di malavoglia, sono costretto a indossare i vecchi panni di cronista politico. E da vecchio cronista politico dico che, quanto leggo o ascolto a destra e a manca notizie sulle elezioni americane del prossimo Novembre, non mi convince proprio. La candidata Democratica alla Casa Bianca avrebbe dovuto essere la moglie dell’ex presidente USA, Michelle Robinson, come scriviamo dal Dicembre dello scorso anno. Nelle ultime settimane è successo ‘qualcosa’ e tra i Democratici americani si è materializzata la candidatura della vice del presidente uscente, la citata Kamala Harris. Questo finale (ma siamo sicuri che è il finale?) è molto strano. Per provare a capire quello che potrebbe essere successo dobbiamo azzerare tutto e ricominciare.

L’unica cosa certa era l’uscita di scena di Joe Biden: cosa che è avvenuta

Partiamo dalle primarie del Partito Democratico della scorsa Primavera vinte senza problemi dal presidente uscente Joe Biden. Su circa 4 mila delegati, 3 mila e 500 o giù di lì hanno votato per lui. Fin qui nulla da dire. Le primarie non danno automaticamente la candidatura, nel caso di Biden la ricandidatura. Serve una convention nel corso della quale il Partito Democratico americano ‘incorona’ il candidato alla Casa Bianca. Da quello che si leggeva la scorsa Primavera, la convention dei Democratici dovrebbe essere celebrata nella seconda metà di Agosto. A questo punto deve essere successo ‘qualcosa’ che ha alterato lo scenario. Cominciamo con il primo elemento noto da tempo: l’uscita di scena di Biden. L’attuale presidente americano, in materia di politica estera, ha fallito su tutta la linea. In Ucraina la Russia di Vladimir Putin ha praticamente vinto, umiliando l’Occidente e la NATO. A Gaza il premier israeliano, Benjamin ‘Bibi’ Netanyahu, ha ignorato e continua a ignorare l’attuale amministrazione democratica americana e, come sta avvenendo in queste ore, dialoga con Trump. L’unico dato positivo dell’amministrazione Biden è il parziale rilancio dell’economia americana: ma è un’economia che si è ripresa grazie alle guerre e non sta favorendo certo i ceti popolari americani ma, per lo più, l’industria bellica. I Democratici americani sono pieni di soldi: i miliardi di dollari frutto del grande imbroglio della pandemia con relativi ‘vaccini’ e i miliardi di dollari legati alle guerre. I Dem sono da tempo il riferimento politico delle multinazionali. Ma i soldi e l’appoggio delle multinazionali non bastano per vincere le elezioni presidenziali americane, come ha dimostrato la sconfitta di Hillary Clinton nel 2016 contro Trump.

Non è da escludere che dentro il Partito Democratico americano sia in corso uno scontro tra l’ala che fa capo alle famiglie Clinton, Obama, Biden e Pelosi e un’altra parte del Partito che ha deciso di prendere il loro posto

La situazione, per il Partito Democratico americano, è diventata complicata. A differenza del Dicembre del 2020, quando le Magistrature dei 50 Stati americani e la Corte Suprema respingevano sistematicamente tutti i ricorsi di Trump e dei suoi legali, di fatto determinando la controversa elezione dello stesso Biden alla Casa Bianca, oggi le Magistrature degli Stati e la Corte Suprema sono tornate ad essere imparziali. Tant’è vero che la Corte Suprema ha scagionato Trump dalle accuse che gli avrebbero impedito di ricandidarsi. Una sconfitta per i Democratici che avevano architettato le accuse contro Trump per eliminarlo per via giudiziaria. A questo punto, per fronteggiare la candidatura di Trump, sostenuto dai ceti popolari impoveriti, i Democratici avrebbero dovuto giocare la carta della citata Michelle Robinson Obama, che sarebbe dovuta spuntare ‘a sorpresa’ alla convention democratica di metà Agosto. Ma qualcosa non ha funzionato. Cosa? La risposta, con molta probabilità, è nello scontro, fino ad oggi rimasto nell’ombra, all’interno del Partito Democratico americano. Questo Partito, da circa un ventennio, è controllato da un’alleanza di ferro tra le famiglie Clinton, Obama, Biden, Pelosi e altri Dem meno noti ma non certo meno importanti. Non è da escludere che si sia materializzata, all’interno dei Dem americani, un’alleanza alternativa ai citati Clinton, Obama, Biden, Pelosi e via continuando. Questo spiegherebbe perché Biden, per alcune settimane, ha mantenuto la sua candidatura. Difficile dire se Biden ha tirato dritto, anche contro i suoi storici alleati, o se abbia recitato per poi cedere la candidatura alla sua vice Kamala Harris. La realtà è confusa. Ricordiamo che in questi giorni la deputata del Partito Repubblicano americano, Lauren Boebert, vuole la prova che il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, sia vivo (qui un articolo).

La chiave per comprendere quello che potrebbe succedere sta in un punto: i circa 3 mila e 500 delegati che hanno sostenuto alle primarie della Primavera scorsa Biden non sono vincolati a sostenere Kamala Harris alla convention del Partito Democratico. Quindi…

Fini qui sono tutti fatti oggettivi. Ora entriamo nel campo delle ipotesi. Non è da escludere che, sotto traccia, dentro il Partito Democratico, gli avversari dei vari Clinton, Obama, Biden, Pelosi e via continuando stiano preparando un proprio candidato alla Casa Bianca da contrapporre a Kamala Harris. Lo snodo di questa storia sta nelle regole del gioco. Con Biden candidato alla presidenza degli Stati Uniti, i circa 3 mila e 500 delegati che lo hanno sostenuto alle primarie sono obbligati a sostenerlo alla convention. Ma, com’è noto, Biden ha ritirato la propria candidatura e i circa 3 mila e 500 delegati che lo hanno sostenuto alle primarie non sono vincolati a sostenere Kamala Harris alla convention del Partito Democratico. Siamo arrivati al punto centrale della questione. La nostra ipotesi è che Kamala Harris e la vecchia guardia Clinton, Obama, Biden, Pelosi e via continuando stiano tentando una fuga in avanti. In Sicilia noi diciamo che stanno prendendo prioma come le buttane. Tutta la sceneggiata mediatica di questi giorni, con la solita infornazione occidentale distorta che dà la Harris condidata certa del Partito Democratico alla Casa Bianca serve a bruciare sul tempo gli avversari interni al Partito. Riuscirà tale ‘operazione’? E’ presto per dirlo. Obama, ad esempio, all’inizio si è tirato indietro. E solo nelle ultime ore lui e la moglie Michelle hanno parlato al telefono con Kamala Harris dicendole che vincerà e bla bla bla. In realtà, l’ex presidente USA è troppo ‘scafato’ per non sapere che la Harris è una candidata troppo fragile per essere accettata come alternativa a Trump. Del resto, come può la Harris, che alle primarie del Partito Democratico del 2020 è stata seccamente sconfitta, battere un candidato ultra-popolare come Trump? Siamo sempr nel campo delle ipotesi, certo. Ma tra le ipotesi c’è anche quella che la Harris, alla convention del Partito Democratico che si dovrebbe celebrare tra poco più di due settimane venga ‘sbarellata’ per essere sostituita da un altro candidato o, magari, da un’altra candidata…

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