Insieme con i ribelli Houthi sono arrivati anche i vecchi pirati raccontati da Salgari che operano soprattutto nelle coste della Somalia e della Guinea

Per le navi commerciali che fanno la sponda tra Europa e Asia i problemi aumentano di giorno in giorno. Se passano dal Mar Rosso rischiano di essere bombardate dai ribelli Houthi, se decidono di circumnavigare l’Africa se la devono vedere con i pirati che operano in Somalia e in Guinea. L’approfondimento di scenarieconomici.it

Ricordate il romanzo I pirati della Malesia di Emilio Salgari? Ebbene, i pirati sono tornati. Non hanno più spade e cannoni ma ficili automtici e pistole. Da quando i ribelli Houthi hanno messo sotto assedio il Golfo di Aden, lo Stretto di Bab Al-Mandab, il Mar Rosso e il Canale di Suez lo scenario nel mondo della navigazione, con riferimento alle petroliere e alle navi commerciali in generale, è cambiato in peggio. Mentre l’attenzione è rivolta agli attacchi portati avanti dagli Houthi, sono tonati in auge i pirati. Scrive scenarieconomici.it: “Sfortunatamente, la distrazione fornita dagli attacchi nel Mar Rosso ha permesso a diversi punti caldi della pirateria, finora dormienti, di riprendere vita. Per esempio, gli attacchi dei pirati alle navi che navigano lungo la costa somala hanno subito un’impennata, con più di 20 tentativi di dirottamento da Novembre che hanno fatto aumentare i prezzi della copertura assicurativa e delle guardie di sicurezza armate”. Non ci bastavano i ribelli Houthi: adesso sono arrivati anche i vecchi pirati, che sequestrano le navi, si tengono il petrolio o altri prodotti e chiedono riscatti per rilasciare gli equipaggi.

“Gli interventi della comunità internazionale sono stati contrastanti e, per ora, la pirateria viene affrontata in ordine sparso e senza una strategia comune”

Insomma, nel tratto di mare che collega l’Unione europea con l’Asia il caos è pressoché totale. Stati Uniti e Ue si occupano e si preoccupano dei ribelli Houthi, ma non hanno calcolato che le navi commerciali possono essere attaccate anche dai pirati. La situazione è confusa: “Gli interventi della comunità internazionale sono stati contrastanti e, per ora, la pirateria viene affrontata in ordine sparso e senza una strategia comune”, leggiamo sempre su scenarieconomici.it. C’è anche una notizia positiva: “La settimana scorsa, la Marina indiana è riuscita ad intercettare la nave portarinfuse MV Ruen Ruen, battente bandiera maltese; ha catturato tutti i 35 pirati a bordo e ha salvato 17 ostaggi”, leggiamo sempre su scenarieconomici.it. E aggiunge citando Cyrus Mody, vicedirettore del braccio anticrimine della Camera di Commercio Internazionale: Questo intervento dimostra che il rapporto rischio/ricompensa è decisamente a sfavore dei pirati e si spera che questo li faccia riflettere un po’”. Ma nello stesso articolo leggiamo una notizia non esattamente confortante: “Un funzionario del Ministero degli Esteri del Bangladesh ha dichiarato a Reuters che il Governo non è favorevole ad alcun tipo di azione militare per liberare la Abdullah, una nave portarinfuse di proprietà del Bangladesh dirottata dai pirati somali 10 giorni fa”.

Il risultato di tutto questo ‘bordello’ marittimo farà aumentare l’inflazione in Europa

Che succederà? La pitareria è in aumento. Nelle coste africane e anche in altre aree del mondo. Per l’Europa è un problema perché la presenza dei pirati fa aumentare i costi di navigazione, già elevati se le navi provenienti dall’Asia, per arrivare in Europa, evitano di passare dal Mar Rosso e dal Canale di Suez optando per un giro molto più lungo, ovvero il passaggio da Capo di Buona Speranza e Gibilterra (sette giorni di navigazione in più). Ma evitare il passaggio dal Mar Rosso proseguendo dal Golfo di Aden verso Capo di Buona Speranza significa passare davanti le coste della Somalia (foto sopra tratta da Famiglia Cristiana) dove i pirati sono di nuovo in azione. Proseguendo la navigazione arrivano davanti le coste della Guinea dove sono tornati ad operare bande organizzate di pirati. In conseguenza di ciò aumentano i rischi di navigazione e i costi dei premi assicurativi. “I sottoscrittori hanno addebitato alle navi che navigano nel Mar Rosso, legate a compagnie statunitensi, britanniche e israeliane, fino al 50% in più di premi per il rischio guerra, a causa della persistente minaccia di attacchi. I premi per il rischio di guerra per i viaggi nel Mar Rosso hanno raggiunto l’1% del valore della nave, il che si traduce in centinaia di migliaia di dollari di costi aggiuntivi per un viaggio di sette giorni”, scrive sempre scenarieconomici.it. Questa si chiama senza se e senza ma inflazione in aumento nei Paesi dell’Unione europea.

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