In Sicilia giocano la siccità per acciuffare una parte dei soldi che Roma ha scippato alla nostra Isola. Non funzionerà perché il Governo Meloni al verde tira avanti a colpi di Btp…

In Sicilia ha piovuto e nevicato per dieci giorni di fila e parlare di siccità è tragicomico

Ma cosa stanno combinando nella nostra Isola con la siccità? Leggiamo che nei giorni scorsi il Governo regionale ha trasmesso a Roma “tutta la documentazione necessaria per ottenere la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale per la siccità in Sicilia. Nel dossier, le soluzioni proposte dalla cabina di regia guidata dal presidente della Regione e coordinata dal capo della Protezione civile regionale per porre freno in tempi rapidi alla crisi dovuta alla mancanza di piogge”. In verità, la siccità c’è stata, e abbiamo registrato anche una sciroccata a fine Marzo che ha creato problemi a molte coltivazioni. Ma negli ultimi dieci giorni, in Sicilia, non sono mancate le piogge e, soprattutto, non è mancata la neve sull’Etna, sulle Madonie e anche in altre aree montuose della nostra Isola. Di acqua, in questo momento, in Sicilia ce n’è in abbondanza. In molti casi sono carenti, o mancano del tutto le reti per trasportare l’acqua nelle campagne e nelle città. Quanto all’agricoltura, bisogna capire quali sono i veri danni provocati dalla siccità per distinguerli dai danni provocati dall’Unione europea ultra-liberista e globalista che fa arrivare dalle nostra parti prodotti agricoli extra-europei in buona parte immangiabili e anche ‘arricchiti’ con i contaminanti. (sopra foto tratta da Il Fatto Quotidiano)

Le balle sul grano

Va detta la verità, evitando le esagerazioni. Sulle chat degli agricoltori abbiamo letto, ad esempio, che la siccità avrebbe distrutto circa 300 mila ettari di grano duro in Sicilia. E’ una balla, perché in Sicilia, lo scorso anno, si contavano poco più di 260 mila ettari di grano; quest’anno saranno ancora meno, perché ci sono stati agricoltori che non hanno seminato e altri agricoltori che ormai coltivano da anni il grano che utilizzano come mangime per gli animali: e questi ultimi non fanno testo nella produzione del grano per il mercato. Ci sono stati anni in cui in Sicilia si coltivavano oltre 300 mila ettari di grano. Ma quei tempi fanno parte del passato. Per oltre un decennio il prezzo del grano duro siciliano è stato inchiodato a 18-20 euro al quintale. Un prezzo bassissimo che ha scoraggiato tanti agricoltori. Oggi la situazione per i produttori di grano duro è ancora più drammatica: prezzo intorno a 30 euro al quintale (quando va bene) con costi di produzione più che raddoppiati. Morale: si va in perdita anche sommando l’integrazione comunitaria (che per il grano in Sicilia e nel Sud è bassa). Qualcuno ha scritto che in Puglia, prima Regione italiana per la produzione di grano duro (la seconda è la Sicilia), la siccità avrebbe ‘inghiottito’ 300 mila ettari di terreni coltivati a grano duro. Se fosse così, ebbene, sarebbe un disastro quasi totale, perché in Puglia la superficie coltivata a grano è poco meno di 340 mila ettari.  

In arrivo altre piogge

La situazione, in Sicilia, sotto il profilo idrico, è complicata non per la carenza di piogge, ma per la disorganizzazione che sta a monte e a valle. Scriveva ieri Mario Pagliaro, chimico del Cnr, esperto in agricoltura: “26 Aprile, Venerdì : prosegue il #gelo su tutta Europa. Neve in quota, enormi precipitazioni ed estese gelate in pianura e a quote bassissime. Nuova irruzione di aria #artica la sera martedì 30. Nuove piogge, grandinate e nevicate in quota su tutta Italia, incluse Sicilia e Sardegna dall’1 maggio. E per molti giorni successivi”. Ecco il suo resoconto di due giorni fa: “Poco più di 10 C a Palermo. Ingenti piogge su tutte le aree interne. Storiche #nevicate su Alte Madonie, Nebrodi ed Etna proseguite per oltre 20 ore. Gelidi venti da Nord. Totalmente errate le previsioni di chi scriveva ‘dal 25 Aprile torna a splendere il sole in Sicilia e aumentano le temperature con anticiclone afro-mediterraneo”.

La verità è che l’attuale Governo siciliano, in materia di gestione delle acque, sta fronteggiando i disastri che ha ereditato dagli ultimi tre dannosissimi Governi regionali

Leggiamo ancora il comunicato della Regione siciliana: “Il gruppo di lavoro, impegnato anche in questi giorni in continue riunioni, ha individuato gli interventi necessari, differenziati a seconda dei tempi di realizzazione. Tra quelli di rapida attuazione, l’acquisto di nuove autobotti per i Comuni siciliani in crisi, la rigenerazione dei pozzi e delle sorgenti e il ripristino di quelli abbandonati, il potenziamento degli impianti di pompaggio e delle condotte esistenti, la realizzazione di nuove condotte di bypass”. Di fatto, si prende atto che, a monte c’è una grande disorganizzazione che l’attuale Governo siciliano – che ha ereditato quindici anni di disastri – sta cercando superare. “Per i prossimi mesi, invece – prosegue il comunicato – si sta valutando la ristrutturazione e il riavvio del dissalatore di Porto Empedocle, nell’Agrigentino, e di uno dei due tra quelli di Trapani e Gela (nel Nisseno), operazione che richiederà tempi e procedure di gara più lunghe”. Il dissalatore di Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, è obsoleto (negli anni ’80 funzionava bruciando kerosene) e va sostituito con un dissalatore moderno, magari ad osmosi inversa, alimentato, possibilmente, con i pannelli solari: sarebbe veramente singolare vedere mezza agricoltura siciliana invasa da pannelli solari e un dissalatore che funziona ancora bruciando idrocarburi! Quanto al dissalatore di Gela, alla fine degli anni ’80 del secolo passato il Governo regionale di Rino Nicolosi lo mise in funzione in dieci giorni. Insomma, se c’è l’emergenza le procedure vanno semplificare a accelerate, altrimenti l’emergenza non c’è.

Il Governo siciliano sta provando a farsi restituire da Roma una parte dei soldi che il Governo nazionale ha scippato alla nostra Isola. Ma, è il caso di dirlo, farà un buco nell’acqua, perché nella ‘Capitale’, sotto il profilo finanziario, sunnu muru cu ‘u muru cu ‘uspitali…

“Nello stesso tempo – leggiamo sempre nel comunicato della Regione siciliana – il dipartimento regionale di Protezione civile ha istituito nove tavoli tecnici presso il Genio civile dei capoluoghi di ogni provincia, con rappresentanti del dipartimento delle Acque, dei Consorzi di bonifica, e dell’Autorità di bacino. Ne sono scaturite numerose proposte di interventi urgenti, passate al vaglio della cabina di regia. Inoltre, diverse riunioni sono state svolte con Siciliacque, Aica Agrigento, Caltacque e Acque Enna. Si aspetta ora che il Consiglio dei ministri proceda con la dichiarazione dello stato di emergenza per la siccità, provvedimento atteso per la settimana prossima insieme allo stanziamento delle prime somme per gli interventi più urgenti”. Siamo arrivati al punto centrale di questa vicenda: chiedere a Roma i soldi che Roma ha scippato alla Sicilia. Per la precisione, chiedere la restituzione di almeno una parte di questi soldi con la scusa dell’emergenza idrica. Non sarebbe più serio riprendersi i circa 2 miliardi che il Ministro Matteo Salvini ha scippato al Fondo di sviluppo e coesione per il Ponte sullo Stretto di Messina che lo stesso Governo di Giorgia Meloni ha già bloccato? Non sarebbe più serio ammettere che solo il 5%, forse il 10% dei fondi del Pnrr sono arrivati in Italia e che tutto il resto del Pnrr è finito non in Ucraina ma nelle tasche di chi produce le armi inviate in Ucraina? Possibile che Governo, Regioni e Comuni siano impegnatissimi a raccontare ai cittadini bugie sul Pnrr? Volete sapere come finirà questa sceneggiata? Ve lo diciamo noi: il Governo nazionale di Giorgia Meloni darà alla Sicilia qualche ‘spicciolo’ perché, come si dice in Sicilia, sotto il profilo finanziario, è muru cu ‘u muru cu ‘u spitali. A Roma hanno le ‘casse’ vuote e i soldi ormai li trovano con gli ingenui risparmiatori italiani che vanno a sottoscrivere i Btp allettati da ‘mirabolanti’ interessi in uno scenario in cui la guerra in Ucraina – che continuerà almeno fino al Febbario del prossimo anno – sta facendo franare l’economia europea. Credeteci: per capire questo non c’è bisogno di avre frequentato la ‘Bocconi’: basta solo un po’ di buon senso. E la situazione andrà a peggiorare con l’approvazione del nuovo Patto di stabilità che concede all’Italia solo l’1% di indebitamento in un sistema a ‘monetazione e credito’: una sorta di ‘suicidio assistito’ dell’Unione europea, perché se cadrà l’Italia andrà già tutta la Ue: è se il progetto dei tedeschi fosse proprio questo?

In Sicilia l’acqua c’è e l’emergenza, semmai, è rappresentata dalla disorganizzazione. E ancora non sono arrivati gli incendi estivi

Dopo di che lo stesso Governo regionale ammette che sta fronteggiando una pressoché totale disorganizzazione in materia di gestione delle acque, frutto in minima parte delle insufficienze dell’attuale Governo e in massima parte dei fallimenti dei tre precedenti, dannosissimi, Governi regionali siciliani. “Inizieranno Lunedì prossimo e dureranno tre giorni – leggiamo nel comunicato – i lavori ad opera del Consorzio di bonifica di Catania per canalizzare provvisoriamente le acque del fiume Simeto a valle della traversa di Ponte Barca, dove si registrano perdite dalle paratoie. Lo ha stabilito la cabina di regia per l’emergenza idrica, guidata dal presidente della Regione siciliana, in attesa delle riparazioni definitive già finanziate dalla Protezione civile regionale e per le quali occorrerà un intervento che durerà circa due mesi”. Quindi l’acqua c’è e l’emergenza, semmai, è rappresentata dalla disorganizzazione alla quale si sta cercando di riparare. E ancora non sono arrivati gli incendi estivim appuntamento consueto ormai. “La deviazione temporanea – prosegue il comunicato – non richiede opere ad impatto ambientale e consentirà di poter immettere su alcune zone del territorio della Piana di Catania, attraverso i canali del Consorzio di bonifica, circa 600 litri di acqua al secondo, una fornitura che sarà disponibile anche nei mesi estivi. Questa operazione consentirà agli agricoltori della zona di sopperire parzialmente ai gravi problemi di irrigazione di cui soffre il territorio, dove gli invasi sono quasi vuoti e dove in condizioni stabili l’approvvigionamento è di circa 3000 litri di acqua al secondo”. Non è vero che gli invasi “sono quasi vuoti”: non sono pienissimi ma l’acqua c’è: solo che in alcuni casi le dighe sono piene di fango e l’acqua è inutilizzabile. E in alcuni casi non è utilizzabile perché gli ambientalisti hanno trasformato le dighe realizzate per l’agricoltura in oasi naturali pagate dalla stessa regione siciliana. “Il piano per effettuare i lavori – conclude il comunicato – ha già ottenuto l’autorizzazione del Genio civile e dell’Autorità di bacino che, nei giorni scorsi, hanno effettuato i sopralluoghi e prevede un movimento di terra a valle nell’alveo per poter incanalare le acque all’interno di un adduttore che porterà l’acqua nella zona di irrigazione”.

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