Il mondo della Formazione professionale siciliana specchio dell’ultra-liberismo occidentale: una minoranza di enti ricchi e una maggioranza di enti destinati a scomparire con la ‘benedizione’ politica

di Mandrake

La storia del tetto del finanziamento agli enti formativi ora sì-ora no

La Formazione professionale torna a spaccare in due la politica siciliana. Si sa da sempre che il settore fa gola sia ai politici, sia ai soggetti economici interessati al profitto più che all’obiettivo generale di formare minori in obbligo scolastico e adulti disoccupati e disperati, senza lavoro e senza una qualifica spendibile di un mercato del lavoro affamato di nuove professionalità. Motivo del contendere sono sempre i soldi, tanto denaro. Con una minoranza di enti formativi che sta provando a tirarsi dietro i partiti che sostengono il Governo regionale di Renato Schifani. Non è un mistero che il contestato tetto al finanziamento per ciascun ente formativo sia stato prima introdotto dal passato Governo siciliano di Nello Musumeci nell’Agosto del 2022, sostenuto dai partiti del centrodestra e poi sia stato eliminato, con norma approvata dall’Assemblea regionale siciliana, nel Gennaio di quest’anno con il placet del già citato Governo Schifani, sostenuto sempre dal centrodestra.

I veri protagonisti della Formazione professionale siciliana non sono i giovani da formare ma i tanti soldi che tengono insieme una minoranza di enti formativi e i politici

I protagonisti di questo tira e molla sono i parlamentari regionali di centrodestra, con un’opposizione distratta se non assente… In alcuni casi sono gli stessi parlamentari che prima hanno votato in favore del tetto di finanziamento agli enti formativi e poi hanno votato contro. Un intrigo da “giallo” se non ci fossero di mezzo migliaia di lavoratori del settore della Formazione professionale siciliana: decine di migliaia di minori in obbligo scolastico e adulti in cerca di una qualifica spendibile per tornare ad essere occupati. Un pasticcio politico che fa emergere i “fili scoperti” di un settore che riesce ad ammaliare col potere economico la politica siciliana, senza distinzione tra chi governa e chi fa o dovrebbe fare opposizione. Lo scenario che si va delineando è lo specchio del mondo ultra-liberista che oggi domina l’Occidente: una montagna di denaro a disposizione di una minoranza di enti formativi a dispetto della stragrande maggioranza che rischia di scomparire. Viene fuori un quadro raccapricciante: una minoranza che ha a disposizione denaro a sufficienza per investirlo in marketing territoriale e “dialogo politico” cresce sempre di più; mentre la maggioranza degli enti non competitivi sul versante dei “soldi” annaspa: in pratica, tanti soggetti destinati di questo settore sono destinati a scomparire. Sullo sfondo una Sicilia condannata alla povertà culturale prima che economica e sociale, non solo per l’assenza di grandi industrie capaci di assumere in misura importante ma anche, e soprattutto, per la consuetudine, ramificata e cementificata, di alimentare certa clientela a presidio del territorio all’insegna dei “piccioli”. Non sono mancate le inchieste della Magistratura, i processi e le condanne. Ma lo scenario non è cambiato: soldi, soldi, soldi…

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