Il gozzo, malattia devastante nei secoli passati e forse un po’ troppo ignorata, ha ricominciato a presentarsi in alcune aree del mondo. Motivo: le cucine ‘modaiole’ con sale privo di iodio

di Nota Diplomatica

I racconti sulle popolazioni alpine

Fino a tempi storicamente recenti il ‘cretinismo’ delle popolazioni alpine era proverbiale, al punto che ‘Crétin des Alpes’ era uno degli insulti preferiti dal Capitano Haddock, l’irascibile marinaio del fumettista francese Hergé, l’autore delle avventure di Tintin. Una ragione c’era: il popolo delle valli era spesso seriamente sottosviluppato, con molti abitanti afflitti sia da storpiature nel corpo, sia da una sorta di idiozia congenita che li rendeva quasi incapaci di comunicare. Sembravano degli orribili subumani ai viaggiatori esterni che scendevano in Italia attraverso i valichi alpini, come scriveva nel 1788 il botanico inglese Thomas Martyn, parlando della patologia: “Il corpo assomiglia a quello di un nano, sembrano deformi e cupi, le loro menti vuote di ogni attività. Il loro sorriso indica solo che in vita il cretino non è che un animale”.

Sono stati gli scienziati americani, nei primi venti anni del ‘900, a scoprire le cause del gozzo e a trovare il modo per curare tale malattia

A lungo si supponeva che il fenomeno dipendesse dalle frequenti unioni tra consanguinei nelle comunità isolate, con l’effetto di concentrare il ‘cattivo sangue’. Altri attribuivano il problema all’aria stagnante nei fondovalle ed altri ancora al consumo dell’acqua proveniente dallo scioglimento delle nevi. Il fenomeno comunque non era limitato alle Alpi, si presentava anche in zone isolate di altri Paesi, come gli Usa. Furono infatti dei ricercatori americani a dimostrare – tra il 1910 e il 1920 – il legame tra la carenza di iodio nelle diete e l’insorgere della grave disfunzione tiroidea nota come ‘gozzo endemico’. Fu il medico svizzero Otto Bayard a proporre di aggiungere una componente di iodio al comune sale da cucina per distribuirlo alle popolazioni allo scopo di contrastare il fenomeno.

Gli effetti negativi del sale senza iodio

Il gozzo, una piaga devastante per secoli, è oggi perlopiù dimenticato: forse troppo dimenticato. Sta rispuntando – più di recente negli Stati Uniti – tra le popolazioni degli interni geografici, troppo lontani dalle coste marine e dallo iodio presente nei mari che impregna il pesce ed altri alimenti marini ‘contaminando’  – favorevolmente – l’acqua dolce bevuta quotidianamente. Oggi il sale ‘iodato’ sta scomparendo dalle tavole e comunque il consumo dietetico di sale in generale è da tempo in calo. Non solo: nuovi sali ‘esotici’, non marini, come quello kosher della tradizione ebraica, il sale ‘rosa’ dell’Himalaya, quello ‘blu’ di Persia e altri – tutti senza tracce dello iodio – hanno trovato posto in molte cucine ‘modaiole’.

In Italia non ci sono problemi

“La gente ha dimenticato perché mettiamo lo iodio nel sale”, spiega la Dottoressa Elizabeth Pearce del Boston Medical Center, citando il radicale calo del 50% verificatosi nel livello di iodio sistemico tra gli americani negli ultimi decenni del secolo scorso. Una volta tanto, pare che l’Italia sia messa meglio degli Usa. Una nota dell’Istituto Superiore di Sanità proclama infatti che “L’Italia ha raggiunto la iodosufficienza”, e commenta: “Il successo del programma nazionale di iodoprofilassi, che si basa sull’uso di sale iodato, è stato raggiunto nonostante negli ultimi anni si sia osservata in Italia una riduzione di circa il 12% del consumo di sale nella popolazione”.

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