Il glorioso Regno di Sicilia è esistito solo a corrente alternata. Il Regno delle Due Sicilie in pochi anni ha fatto tanto per la nostra Isola ma in tanti hanno dimenticato tutto

Una replica pacata al mio vecchio amico Fonso Genchi che non inquadra nella giusta luce il ruolo – positivo – del Regno delle Due Sicilie nella nostra Isola. La Costituzione siciliana del 1812: una volgare operazione inglese

Qualche giorno fa il mio vecchio amico Fonso Genchi ha pubblicato su Facebook un post sul glorioso Regno di Sicilia: “L’8 dicembre del 1816 Ferdinando III emanò la ‘Legge fondamentale del Regno delle Due Sicilie’, con la quale i Borbone – saliti al trono nel 1735 con l’incoronazione di Carlo (III) nella cattedrale di Palermo – sopprimevano il Regno di Sicilia. Dopo quasi sette secoli – per la precisione 686 anni – i Siciliani venivano così spogliati del proprio Stato, del proprio Parlamento e della propria Costituzione; la capitale del Regno delle Due Sicilie non sarebbe stata Palermo, bensì Napoli. Da lì a poco (1820) i siciliani sarebbero insorti con i moti indipendentisti”. In realtà, prima del moti indipendentisti del 1820, c’era stata la sceneggiata della ‘Costituzione siciliana’ del 1812, un’operazione piuttosto squallida sotto la regia dell’Inghiterra, che già allora provava a impossessarsi delle miniere di zolfo della Sicilia e dell’agricoltura, con riferimento sorattutto al vino, grazie agli ‘ascari’ dell’epoca pronti consegnare la nostra Isola agli inglesi in cambio di benefici personali, a parte, ovviamente, una ristretta minoranza che magari credeva alla Sicilia libera. Ovviamente, tale operazione veniva ammantata come una “conquista di libertà’ e bla bla bla.

Il racconto di Roberto Maria Selvaggi

Tornando al glorioso Regno di Sicilia, debbo dire che non ho mai condiviso, chiamiamolo così, l’amore di certi siciliani verso qualcosa che è esistita forse per alcuni brevi periodi. Sono stati tanti i popoli che si sono presentati in armi nella nostra Isola. Storicamente, il saccheggio dei boschi siciliani comincia, addirittura, con i Fenici. Questo benedetto e glorioso Regno di Sicilia è esistito sempre a corrente alternata e sempre dovendo dare conto e regione al dominatore di turno. Incompensibile, a mio modo di vedere, l’astio verso il Regno delle Due Sicilie che traspare anche nel post del mio vecchio amico Fonso Genchi, sentimento in verità molto presente in tanti sicilianisti che conosco da decenni. Anch’io sono sicilianista, ma non ho mai provato astio verso il Regno delle Due Sicilie che, anzi, è stato uno dei pochissimi Stati che ha difeso la nostra Isola. Ricordo, per tutti, un testo di Roberto Maria SelvaggiL’Inghilterra dietro le quinte sobillò la rivolta in Sicilia (ALTA TERRA DI LAVORO). Riporto un passo di questo libro che ho ripreso qualche anno fa su I Nuovi Vespri:

Quando Ferdinando II di Borbone difese la Sicilia dalla voracità degli inglesi che negli anni ’30 dell’800 si volevano prendere lo zolfo siciliano per i bisogni delle loro navi da guerra

“La rivolta siciliana iniziò il 12 gennaio 1848: essa non fu casuale né spontanea, bensì organizzata in modo particolareggiato dalla classe dirigente isolana, composta dai grandi latifondisti che sapevano di poter contare sull’appoggio dell’Inghilterra, da sempre interessata a porre una sorta di protettorato sull’isola e sulla sua economia“. Questa è una grande verità: quindici anni prima gli inglesi, propotenti e colonialisti fin nel più profondo dell’anima, erano riusciti a far fallire i proprietari di tante miniere di zolfo con l’aiuto della criminalità organizzata da loro foraggiata. Re Ferdinando II di Borbone, che aveva le ‘palle’, difese i siciliani e lo zolfo siciliano dalle mire inglesi (questa storia, per filo e per segno, la racconteremo un’altra volta). Negli anni successivi, fino ad arrivare ai giorni nostri, nessuno ha mai difeso l’economia siciliana così come la difese il Borbone. Questa è storia.

Tante le grandi opere pubbliche realizzate dal Borbone in Sicilia, a cominciare dalle strade e dai porti. E grande attenzione perl’Autonomi.a siciliana: quella vera e non la vilipesa autonomia siciliana di oggi

Andiamo agli interessi degli inglesi in Sicilia nel 1848: “Gli interessi inglesi – leggiamo sempre nel volume di Selvaggi – riguardavano specialmente il commercio del vino, nella zona occidentale, ed il lucroso sfruttamento dello zolfo nella zona orientale (ancora lo zolfo, come si può notare ndr). Nelle riforme via via realizzate dal governo napoletano a partire dal 1815, nulla era stato omesso per accontentare le istanze di autonomia della Sicilia. Non va dimenticato che la sua popolazione era esente da obblighi di leva, e che soltanto i volontari siciliani erano ammessi a far parte dell’esercito nazionale in due reggimenti, l’11° Palermo ed il 12° Messina. Una consulta di stato era stabilita per i domini continentali ed una per i domini insulari, quest’ultima composta da soli siciliani. Dal 1837 al 1848 si tentò senza successo di amalgamare l’elemento napoletano con quello siciliano; per quanti funzionari napoletani si trasferivano in Sicilia, altrettanti siciliani giungevano nel continente, ovviamente tale tentativo fu trasformato dai nemici in una sorta di tirannia colonizzatrice, nonostante le attenzioni del governo particolarmente doviziose. Ben 1305 miglia di strade furono costruite ed altrettante erano in costruzione, ospizi, asili, scuole, moderne prigioni; a Messina una borsa ed il porto franco, il nuovo porto di Catania, tasse più tenui di quelle già lievi pagate dai napoletani, ed infine centinaia di ettari di patrimonio demaniale furono divisi in piccole quote ed assegnati agli agricoltori…”. Tutte queste cose sono state dimenticate.

La sfacciataggine di Ruggero Settimo, beneficiato dal Regno delle Due Sicilie e poi, nel 1848, pronto a saltare sul carro degli insorti foraggiati sempre dagli inglesi

“Il 27 gennaio – prosegue Selvaggi – le truppe si imbarcarono per Napoli, con il solo forte di Castellammare che continuava la resistenza fino alla resa con l’onore delle armi. Nel frattempo sorgeva un Comitato del Governo Siciliano, che ristabilì la costituzione del 1812 e l’indipendenza dell’isola da Napoli. A capo di tale Comitato venne posto l’ammiraglio Ruggiero Settimo, appartenente ad una delle grandi famiglie isolane e rivoluzionario del 1820. Soltanto due anni prima, nel 1846, nel corso di un soggiorno del Re a Palermo, il vecchio ammiraglio chiese ed ottenne una lauta pensione per le sue precarie condizioni economiche. Il 10 marzo, nel tentativo di evitare la separazione della Sicilia, il Re firma un decreto che nomina suo luogotenente proprio Ruggero Settimo. Come per incanto, con singolare analogia a quanto accadrà nel 1860, il porto di Palermo si riempie di navi inglesi. Con la scusa di proteggere gli interessi e le sostanze dei suoi concittadini, la ‘Perfida Albione’ soffia sul fuoco, ed invia Lord Minto, che diventa una sorta di consigliere occulto del governo siciliano. A Napoli intanto il ministero costituzionale, già oberato dalle lotte di potere dei soliti radicali, non riesce a fronteggiare la situazione, con il Re che, riguardo la questione della sovranità sulla Sicilia, non intende deflettere. L’aiuto inglese consente ai siciliani di inviare rappresentanze ufficiali in tutta Europa, a raccontare di una persecuzione mai esistita. Nel frattempo il comitato di governo siciliano non seppe affrontare l’anarchia nella quale esso stesso aveva gettato il popolo minuto. Saccheggi, ruberie e violenze di ogni genere avvenivano in danno di chi aveva il solo torto di essere napoletano. La mafia tornò a primeggiare con il solito ricatto che è stato fatto a chiunque si sia presentato a governare la Sicilia: in cambio di un ordine e di una tranquillità mafiosa, l’impunità. Migliaia di detenuti comuni della peggior specie tornarono in libertà, e quando il governo legittimo riuscirà a rientrare in Sicilia non trovò che debiti e macerie”.

Il Borbone in Sicilia non ha mai compiuto stragi. Queste stragi sono arrivate nella nostra Isola con i piemontesi ai quali gli ‘ascari’ siciliani nel 1860 ‘leccavano il culo’. E sono continuate fino ai nostri giorni

A parte la legittima repressione dei criminali aiutati dagli inglesi, il Governo del Borbone, in Sicilia, non ha mai compiuto stragi. Soprattutto negli anni precedenti la farsa dell’invasione dei Mille – operazione fraggiata dagli inglesi che si dovevano sbarazzare del Regno delle Due Sicilie per avere le mani libere nei commerci e per fare il bello e il cattivo tempo – la Polizia borbonica operava limitatamente contro vari soggetti siciliani che si erano venduti prima agli inglesi e poi a casa Savoia. Questi signori erano dei traditori. I nobili siciliani che trescavano con gli inglesi erano particolarmente squallidi: quando vennero acchiappati dalla Polizia borbonica nella chiesa della Gancia riuscirono a farla franca con le solite raccomandazioni (qui un articolo). A morte andarono solo i non nobili on raccomandati. Al mio vecchio amico Fonso ricordo che le stragi, in Sicilia e in tutto il Sud Italia – quindi in tutto il Regno delle Due Sicilie – sono state perpetrate dai piemontesi, non certo dal Borbone. Dico di più: i cosiddetti ‘risorgimentalisti’ siciliani o hanno tradito la Sicilia, come ha fatto Francesco Crispi, il primo grande ‘ascaro’ della nostra Isola che, da capo del Governo romano, ha represso nel sangue i Fasci siciliani; o è stato ammazzato, come il generale Giovanni Corrao, che dopo aver partecipato all’impresa dei mille prese atto che i piemontesi erano venuti in Sicilia per depredarla. Corrao si ribellò ai piemontesi che utilizzarono la mafia per ammazzarlo. L’utilizzazione della manovalanza mafiosa per ammazzare uomini politici siciliani, magistrati siciliani e uomini delle forze dell’ordine siciliani invisi a Roma e alla vera mafia finanziaria con sede nel Nord Italia e negli USA è una costante della storia italiana e arriva fino ai giorni nostri. Per concludere, ribadisco che il Regno delle Due Sicilie ha fatto tanto bene alla Sicilia: il male, nella nostra Isola, è arrivato da coloro i quali hanno ‘infilato’ la Sicilia in Italia: un’Italia che, ancora oggi, tratta Sud e Sicilia come colonie: vedi la porcata dell’Autonomia differenziata.

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