I ‘veleni’ della Commissione Antimafia, i ‘casi’ di Roberto Scarpinato e Cafiero De Raho, l’attacco all’Associazione Celm con il richiamo a Totò Cuffaro e le Associazioni e Fondazioni Antimafia sostenute da soldi pubblici

di Andrea Piazza

Il possibile conflitto di interessi di alcuni parlamentari che fanno parte della Commissione nazionale Antimafia

Ritengo doveroso replicare ad un rilievo critico mosso alla mia persona ed indirettamente all’Associazione Antimafia Celm della quale mi onoro di far parte. Nell’edizione di Sabato 2 Novembre sul quotidiano Il Tempo diretto da Tommaso Cerno (che stimo profondamente, condividendone il realismo e la sua contrapposizione al pensiero unico ipocrita internazionalizzato) in prima pagina (foto sotto) è stata messa in evidenziata la presa di posizione dell’Associazione Antimafia Celm per mezzo del Presidente Pippo Di Vita, che, ad ADIUVANDUM ha condiviso la  proposta di necessaria modifica del regolamento interno proposto dalle forze di maggioranza parlamentare per mezzo della Presidente della Commissione Nazionale Antimafia, Chiara Colosimo. La finalità è diretta ad escludere dai lavori in Commissione Nazionale i componenti della stessa Commissione che potrebbero trovarsi in ordine ad una determinata vicenda soggetta ad attività in un potenziale “conflitto di interessi”. Per dovere di cronaca faccio presente che tra i “poteri” della Commissione vi è anche la facoltà di procedere alle indagini ed agli esami con le prerogative e le limitazioni medesime dell’autorità giudiziaria, entro i limiti di cui all’articolo 1, comma 2, della legge istitutiva. Sotto taluni profili, con i dovuti distinguo, la proposta della Presidente Colosimo costituisce un balzo in avanti, perché avvicina la rappresentanza della Commissione parlamentare di Palazzo San Macuto all’istituto giuridico della ricusazione / astensione puntualmente disciplinata nei nostri testi di diritto processuale che, per fortuna di noi tutti, non è un prodotto della modernità ma una stratificazione della scienza giuridica riconducibile al classicismo del diritto romano a sua volta contaminato dalla cultura ellenistica.

Le stragi del 1992 e il possibile ruolo di Intelligence internazionali

La presa di posizione del Celm è stata in replica ed in dissociazione dalla posizione di garanzia assunta da talune Associazioni Antimafia che gravitano intorno alla corrente di pensiero “giustizialista“, ideologicamente vicine a soggetti inquadrabili nell’area progressista. In buona sostanza, andando al concreto, la presa di posizione è stata innescata dal pericolo che due dei componenti autorevoli ex magistrati, Roberto Scarpinato e Cafiero De Raho, oggi parlamentari nazionali del Movimento 5 Stelle, in forza del nuovo regolamento potrebbero, in relazione a delle inchieste in corso, essere esclusi da talune attività della Commissione Nazionale Antimafia. Prima di addentrarmi nello sviluppo della seconda parte di carattere personale voglio ribadire il massimo rispetto per il lavoro della Procura della Repubblica nissena guidata dal dottor Salvatore De Luca, anche se le mie considerazioni sulle stragi e depistaggi del 1992 non è confinata all’ambito nazionale, ma all’operatività condizionante (assorbente) delle intelligence che hanno riassegnato un ruolo geopolitico in peius all’Italia (post venir meno della guerra fredda) e pertanto, anche se censurabili sotto il profilo etico, l’operato di taluni alti funzionari delle istituzioni (magistratura, polizia giudiziaria etc ), con le illecite attività di accertamento penale contro la verità, non è da escludere che potrebbero essere state il frutto avvelenato della nostra condizione di Repubblica Italiana a sovranità limitata. Ovviamente, è una considerazione di carattere empirico, nel senso che non sarà possibile dare riscontro  processualmente. Non è esagerato ipotizzare una sorta di “buco nero nello spazio“ ma l’esperienza di vita ci porta a pensare che gli appoggi bellici preferenziali o la designazione dei Ministri più rappresentativi necessitano di un consenso esterno, sovranazionale (sotto, Pippo Di Vita).

L’attacco all’Associazione Antimafia Celm

Ritornando con i piedi per terra, sempre nella giornata di ieri a mezzo social media, è stato criticato l’animo apolitico dell’Associazione Celm, in considerazione della mia presenza, visto che sono dichiaratamente sostenitore, anche politico, del ‘pregiudicato’ amico Totò Cuffaro. Legittimamente, il signor Salvatore Lumia ha espresso il suo pensiero ed anche nei miei confronti le espressioni utilizzate sono state garbate, in linea alla realtà dei fatti (ad eccezione dell’entità della pena comminata all’amico Totò ). Personalmente, anche se faccio parte di un’Associazione Antimafia come il Celm e sono stato altresì cofondatore con l’amico Carmine Mancuso ed altri dell’Associazione Memoria dei Caduti nella Lotta contro la mafia, chi mi conosce bene, sa che mi sforzo (spero meritoriamente) di separare il “sacro dal profano“ e quindi di non arrivare ad una macedonia valoriale. Voglio profondamente bene all’amico Totò Cuffaro, al quale riconosco una responsabilità in relazione ad un pregresso modo di fare politica illecitamente a suon di prebende, ma in ordine al favoreggiamento aggravato, nonostante la sentenza penale definitiva, da operatore del diritto per 25 anni (sino a dicembre 2020) la mia considerazione coincide con quella del Sostituto Procuratore Generale della Cassazione, dottor Giovanni Galati, che in requisitoria aveva chiesto l’assoluzione di Cuffaro dell’aggravante per inesistenza dei presupposti incriminanti.  

La necessità di porre fine alle generose elargizioni pubbliche in favore delle ‘moralizzanti’ Associazioni e Fondazioni Antimafia per puntare sull’Antimafia Francescana

Indubbiamente ho una mia concezione dell’antimafia sociale, diversa dalle tante Associazioni e Fondazioni antimafia che vanno per la maggiore, propense alla moralizzazione per taluni urbi et orbi ed al contempo destinatarie di cospicui finanziamenti pubblici. Resto nella convinzione che il nostro modello vigente di “Antimafia sociale con sponda giudiziaria“ investito nei decenni da scandali sia errato ab origine sotto il profilo della matrice ideologica, non solo perché contaminato dal protagonismo ma anche perché strutturato sul falso presupposto del SUPREMATISMO. Ritengo che, diversamente, tutta l’Antimafia sociale dovrebbe attingere per dare credibilità al proprio operato alla dolorosissima tragedia dell’olocausto, prendendo come esempio il “modello commemorativo universale“ del perseguitato popolo ebreo. Diversamente il nostro modello vigente è incentrato sulla rappresentanza elitaria che discrimina la stragrande maggioranza delle vittime, ricordando ossessivamente talune figure e dimenticando consapevolmente la stragrande maggioranza di altre figure che hanno paritariamente versato il loro contributo di sangue nella lotta alla criminalità mafiosa. In buona sostanza, il mio desiderio “apolitico associativo“ sarebbe di eliminare la politica di secondo livello nella gestione delle leve di potere economico dell’antimafia sociale, ponendo fine alle generose elargizioni pubbliche in favore delle ‘moralizzanti’ Associazione e Fondazioni, consentendo alle stesse l’utilizzo temporaneo dei beni pubblici in occasione di manifestazione, convegni e privilegiando in via ordinaria la vendita del patrimonio immobiliare confiscato per fare ritornare la produttività dei beni alla fiscalità generale. Questo modello di antimafia ha anche un nome per caratterizzarlo ed è denominato ANTIMAFIA FRANCESCANA. Forse se conoscessimo l’entità economica dei milionari finanziamenti pubblici generosamente elargiti e le assegnazioni discrezionali dei beni pubblici alle varie Associazioni e Fondazioni che si professano “antimafia etica“, ebbene, sarebbe più che giustificato un moto di indignazione collettivo: un atto che potrebbe costituire la scintilla per il cambiamento.

Il progetto per il marciapiede della memoria ‘insabbiato’ dalla politica di Palermo

Tramite la politica (il mio lato b) ho fatto depositare una mozione al Consiglio Comunale di Palermo – che da oltre un anno non suscita l’interesse della classe politica tutta – per trasformare i vetusti marciapiedi ubicati in Palermo in viale Croce Rossa in un luogo in memoria di tutte le vittime uccise dalla mafia in Sicilia, prevedendo, oltre l’inserimento dei nominativi a terra su pietra lavica, l’utilizzo della maiolica (coinvolgendo tutte le piazze importanti dell’artigianato isolano)  e l’impiego della pietra lavica ceramizzata con la finalità di farlo diventare un luogo identitario di tutti, senza l’effige di nessuna vittima (principio di uguaglianza collettivo ) ma descrivendo in appositi spazi descrittivi i momenti più importanti della nostra storia come siciliani (https://drive.google.com/file/d/1JROqd7HUnVgrgCw_Nv0irogh1uXo09fu/view?usp=drivesdk). Pertanto, in conclusione, anche se i ‘patrizi’ dell’Antimafia Sociale cantano attraverso le loro attività onerose la vittoria contro il male, per noi plebei probabilmente siamo ancora ai nastri di partenza, perché soltanto dallo spirito francescano potremo riscoprire i valori della solidarietà che non prersuppongono ricchezza terrena. 

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