E’ inutile che i partiti della finta sinistra e i sindacati tradizionali difendano l’industria dell’auto italiana perché, con qualche eccezione, è un settore destinato a chiudere i battenti

Il Governo Meloni ha fatto bene a tagliare poco meno di 5 miliardi di euro al settore dell’auto italiana in crisi irreversibile, ci sono altre priorità

In queste ore non mancano le critiche al Governo di Giorgia Meloni, ‘reo’ di aver tagliato poco meno di 5 miliardi di euro di sostegni al settore dell’automobile. I partiti politici e i sindacati che criticano questa scelta fanno finta di non sapere che l’Italia paga quasi 50 miliardi di euro all’anno di interessi sul debito pubblico (dato Banca d’Italia), che potrebbero essere quasi il doppio. Se scrivete su google “quanto pagherà l’Italia nel 2024 di interessi sul debito pubblico” leggerete che lo scorso anno l’Italia ha pagato 96 miliardi di euro di interessi sul debito pubblico, che quest’anno diventeranno 98 miliardi di euro. Non solo. Grazie al nuovo Patto di stabilità imposto dall’Unione europea, l’Italia dovrà tagliare dal proprio Bilancio 100 miliardi di euro in sette anni, ovvero 16 miliardi di euro all’anno. In queste condizioni finanziarie, che definire precarie è poco, non si capisce perché l’Italia dovrebbe continuare a sostenere un settore economico in grande crisi.

L’industria automobilistica è in crisi in tutta l’Europa, Germania in testa

L’industria dell’auto è in crisi in tutta l’Europa. La tedesca Volkswagen sta chiudendo tre fabbriche e si sussurra che perderanno il lavoro circa 10 mila addetti. Un’altra industria automobilistica della Germania, l’Audi, sta chiudendo la fabbrica dei Suv elettrici a Bruxelles. E siamo solo all’inizio. E’ inutile girarci attorno: anche se l’Unione europea racconta un sacco di bugie, nascondendo i veri ‘numeri’ della crisi economica che sta investendo l’Europa, i fatti oggettivi, sotto gli occhi di tutti, non possono essere celati: in Europa le automobili si vendono sempre meno, perché le famiglie non hanno soldi per acquistarle. Due le cause. Prima causa: la guerra in Ucraina che sta costando all’Unione europea una barca di soldi tra armi e sostegno ai milioni e milioni di profughi ucraini oggi presenti in Europa. Seconda causa: le contraddizioni del sistema economico ultra-liberista e globalista che in un mondo finito predica la vendita infinita di prodotti. Una cretinaggine. Non solo. Lo stesso sistema concentra la ricchezza in poche mani condannando la stragrande maggioranza di cittadini alla povertà: questi ultimi, man mano che si impoveriscono, non possono più acquistare beni, auto in testa. Non bisogna essere geni dell’economia per capire che il sistema ultra-liberista e globalista è demenziale: ma loro, gli ultra-liberisti e globalisti, non lo capiscono. Lenin diceva: “I capitalisti ci venderanno anche la corda per impiccarli”. Aveva torto?

Le industrie automobilistiche italiane che fanno capo a Stellantis non hanno futuro, così come non hanno futuro le imprese italiane che operano nell’indotto dell’auto

In Italia la crisi dell’auto è pesantissima: dalla produzione di 2 milioni di vetture all’anno si è passati a una produzione di poco meno di 500 mila vetture all’anno. Di fatto, oggi, gli incentivi pagati dal Bilancio italiano per chi acquista auto va a sostenere in massima parte aziende automobilistiche non italiane. Ma che senso ha? La holding dentro la quale è finita la Fiat – Stellantis – ‘parla francese’ e non aiuterà l’industria automobilistica italiana (qui un articolo). Il ‘capo’ di Stellantis, Carlos Tavaris, è piombato in Italia per chiedere altri incentivi. Il Governo e il Parlamento del nostro Paese, per fortuna, si stanno opponendo. Diciamolo senza giri di parole: le industrie automobilistiche italiane che fanno capo a Stellantis non hanno futuro, così come non hanno futuro le imprese italiane che operano nell’indotto dell’auto. Resisterà qualche piccola fabbrica e, forse, ma non è detto, potrebbero resistere gli autoveicoli commerciali e gli autobus, più i primi che i secondi. Gli autoveicoli commerciali, bene o male, si dovranno continuare a produrre perché nel nostro Paese oltre il 90% delle merci ‘viaggia’ sul gommato (sempre che altri gruppi esteri non li procucano a costi più bassi), mentre per la produzione italiana di autobus si andrà verso una riduzione, perché Comuni e Regioni che acquistano bus hanno sempre meno risorse economiche per rinnovare i rispettivi parchi bus. I partiti politici e i sindacati che vorrebbero tenere in piedi l’industria dell’auto italiana se ne dovranno fare una ragione: i soldi sono finiti. La ‘trappola’ monetaria dell’euro sta impoverendo il sistema economico italiano. I partiti pro-auto perderanno voti e i sindacati perderanno iscritti? Pazienza. Ci sono cose che non si possono evitare. Vi è piaciuto sostenere l’Unione europea ultra-liberista e globalista, con riferimento soprattutto ai partiti della finta sinistra italiana e ai sindacati tradizionali? Vi è piaciuto sostenere l’Ucraina? Ora stanno arrivando le conseguenze di queste scelte dissennate.

Foto tratta da Avvenire

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *