Dietro la morte di Satnam Singh c’è il grande affare dei migranti portati in Europa per essere sfruttati. E la sinistra? Celebra la finta accoglienza e sponsorizza i giullareschi pride

di Diego Fusaro

Lo sfruttamento disumano del lavoro

È deceduto Satnam Singh, il lavoratore indiano che aveva perso il braccio nei campi di Latina: anziché essere soccorso, è stato abbandonato lungo la strada. Anziché perdere tempo tra arcobaleni e transizioni verdi, sarebbe d’uopo tornare a occuparsi di lavoro e di sfruttamento. Perfino Fausto Bertinotti, già da tempo transitato dal comunismo a posizioni decisamente più consone con il liberal-atlantismo, ha ammesso candidamente nei giorni scorsi di non riuscire a comprendere dove sia il collegamento tra i pride e la questione socio-economica: infatti non vi è alcun collegamento, se non quello per cui i pride servono a defocalizzare lo sguardo rispetto al problema del lavoro e dei diritti sociali sotto assedio. Puntualmente torna a emergere, in tutta la sua tragicità, il problema del caporalato e dello sfruttamento più disumano del lavoro. Tutti si indignano per il breve tempo legato alla tragedia di turno, e poi tutto torna come prima. (Sotto, il filosofo Diego Fusaro)

Le tre ragioni che sostengono l’immigrazione di massa

Il caporalato, fase suprema dello sfruttamento capitalistico, mette chiaramente in luce la funzione dell’immigrazione di massa: dietro la vernice arcobaleno – cara alla risibile sinistra fucsia – della retorica dell’accoglienza e dell’integrazione no border, si nasconde la ratio reale dei processi di immigrazione di massa, funzionali alla logica capitalistica per tre ragioni fondamentali. In primo luogo, il conseguimento di braccia a basso costo da sfruttare senza pietà, talvolta con gli esiti estremi del caso del povero lavoratore indiano deceduto nei giorni scorsi. In secondo luogo, grazie all’arrivo di braccia a basso costo dall’estero, il capitale può esercitare pressione sulla forza lavoro in generale e produrre dunque un abbassamento complessivo delle condizioni della classe lavoratrice. In terzo luogo, il capitale può adoperarsi acciocché prosperino i conflitti di classe all’interno della medesima classe, ossia gli scontri orizzontali tra lavoratori autoctoni e lavoratori migranti. Tali scontri, con tutto evidenza, sono benefici per la classe dominante che non viene combattuta e di più gode della frammentazione della classe lavoratrice, ora divisa nei due fronti degli autoctoni e dei migranti.

La sinistra di oggi è un deplorevole fenomeno da baraccone

Se ci fosse una sinistra degna della propria storia, questo dovrebbe dire, battendosi contro lo sfruttamento della forza lavoro e contro i plutocrati del capitale: tenendo sempre fermo che il nemico non sono i migranti, ma il capitale che li sfeutta dopo averli deportati e che, grazie all’esercito industriale di riserva, sfrutta ancora meglio l’intera classe lavoratrice. Ma invece, lo sappiamo, la sinistra oggi è un deplorevole fenomeno da baraccone, ed è per questo che già da tempo la chiamo sinistrash: le parrucche fucsia e i fondoschiena ignudi al vento dei pride ne sono la più plastica rappresentazione. Anziché battersi contro lo sfruttamento del lavoro e difendere gli interessi delle classi lavoratrici, la sinistrash si consacra ai giullareschi pride e alla celebrazione della retorica dell’immigrazione senza limiti, funzionale allo sfruttamento capitalistico.

Foto tratta da Avvenire

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