Diego Fusaro sul segretario della CGIL Maurizio Landini che si è riscoperto barricadiero e insurrezionalista. Come mai non ha parlato ai tempi delle libertà tolte con il Grenn pass?

di Diego Fusaro

Con la sua consueta chiarezza il filosofo Diego Fusaro mette a nudo le contraddizioni di un esponente di spicco del sindacalismo italiano

E adesso il sindacalista Maurizio Landini si riscopre barricadero e insurrezionalista, occupando le piazze ed esortando alla sollevazione contro le politiche del governo. Era ora, verrebbe da dire. Dopo una lunga, anzi lunghissima, fase letargica e dogmatica, in cui sembrava a dire il vero che Landini fosse in vacanza alle Hawaii, il sindacalista della CGIL si risveglia e si dà alle piazze. Parlo a ragion veduta di una lunga fase letargica, perché credo che non tutti abbiano obliato alcuni momenti a nostro giudizio decisivi della storia più recente: ad esempio quando Landini non mosse un dito contro l’infame tessera verde della discriminazione e del controllo bio-politico, pudicamente detta Green pass. Infame tessera verde che, lo ricordiamo, mise in atto una inaudita violenza contro le classi lavoratrici, private del loro stesso diritto di lavoro, in forma palesemente incostituzionale oltretutto. O, ancora, quando Landini si esibì mediaticamente accanto all’euroinomane e austerico delle brume di Bruxelles, Mario Draghi, l’unto dai mercati: non solo si esibì a fianco di Draghi, ma si fece immortalare con la mano di quest’ultimo appoggiata sulla spalla, secondo un segnale che in molti interpretarono come emblema della docilità dei sindacati rispetto al potere neoliberale e bancario.

Come la sinistra, anche il sindacato ha voltato le spalle ai lavoratori nel nome della globalizzazione

Del resto, non dico nulla di particolarmente originale se affermo che attualmente i sindacati sono decisamente più propensi a sostenere i carri arcobaleno delle parrucche fucsia e degli uomini camuffati da donne che i lavoratori suppliziati dalla globalizzazione infelice. Tra l’altro, non sfugga che Landini ha più volte evocato il pericolo di svolta autoritaria con il governo della destra bluette neoliberale di Giorgia Meloni: ma le misure stringenti e repressive dell’ordine terapeutico non lo erano ancor di più? E perché in quel contesto Landini non mosse dito e non aprì bocca? Come ho cercato di mostrare nel mio studio “Storia e coscienza del precariato”, la grande restaurazione capitalistica sviluppatasi dopo il 1989 trova nella desindacalizzazione del mondo del lavoro un suo momento fondamentale, direi anzi una “conquista” di classe decisiva (della classe dominante, ovviamente). E detta desindacalizzazione avviene non solo tramite le astuzie della ragione capitalistica, che precarizza al lavoro e lo rende strutturalmente non tutelato: avviene anche grazie alla nuova postura decaffeinata e docile dei sindacati stessi, sempre più pronti a difendere il capitale e ad abbandonare i lavoratori alla loro solitudine sofferente. Come la sinistra, anche il sindacato ha voltato le spalle ai lavoratori per aderire al ritmo della globalizzazione turbocapitalistica.

Foto tratta da Avvenire

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