Dazi doganali americani: 1° puntata. L’Ue fino ad oggi ha sfruttato e piene mani il mercato USA. Trump sgama le furbate irlandesi. Il dilemma del Canada: affondare o diventare il 51° Stato USA?

Non è vero che l’America di Trump vuole la guerra commerciale. Il Governo USA sta cercando di mettere un po’ d’ordine nella bilancia commerciale fino ad oggi troppo sbilanciata verso le importazioni

Oggi proveremo a fare un po’ di chiarezza sui dazi doganali americani. Abbiamo già più volte affrontato l’argomento. Ci torniamo perché leggiamo qua e là notizie in alcuni casi strampalate e in alltri casi di parte. Come abbiamo già scritto, il presidente statunitense, Donald Trump, sta cercando di mettere un po’ d’ordine nella bilancia commerciale del proprio Paese. Trump ha ereditato un deficit federale spaventoso e ha deciso di affrontare la questione subito, senza perdere tempo. Il presidente americano ha davanti a sé due vie: o aumentare le esportazioni o ridurre le importazioni. La prima soluzione è la migliore, ma non tutti i Paesi, con riferimento soprattutto ai Paesi occidentali, sono disposti ad acquistare beni americani: vorrebbero solo vendere i propri prodotti in America e basta. Così Trump ha deciso di utilizzare le maniere forti: non vuoi acquistare i beni americani e vuoi solo vendere i tuoi beni in America, per esempio, automobili e vino? Allora sai cosa faccio? Appioppo alle tue auto e al tuo vino dazi doganali del 100%. Tu vuoi vendere le tue auto in America al prezzo di 20 mila euro o dollari per ogni auto? (le due monete ormai hanno quali lo stesso valore). Bene, d’ora in poi in America le auto italiane costeranno il doppio delle aito meriocane, perché io gli rifilo dazi doganali del 100%. Idem per il vino: vuoi vendere il tuo vino in America al prezzo, per ipotesi, di 20 dollari a bottiglia? D’ora in poi una bottiglia di vino italiano costerà il doppio e via continuando. Se le auto americane costano il doppio di queste americane, ebbene, i cittasini statunotensi, nella grande maggioranza dei casi, acquisteranno auto dal proprio Paese, che costano la metà. Idem per il vino.

La malafede e il pessimo rapporto di certi personaggi pubblici con l’Economia politica

Chi in questo momento vi racconta che gli americani sono ‘cattivi’, perché stanno insidiando il tanto celebrato Made in Italy, o è disinformato, o è in malafede, o non ha un buon rapporto, mettiamola così, con l’Economia politica. Il commercio internazionale è fatto di scambi: tu vendi un prodotto a me e io vendo un prodotto a te. Se pensi che io debba solo acquistare i tuoi prodotti – auto, pasta, vino e via continuando – senza che tu acquisti i miei prodotti, ebbene, sei un idiota. Direte: fino ad oggi ha funzionato. E’ vero, fino ad oggi questa follia ha funzionato, almeno in parte, grazie alla globalizzazione con annessi & connessi e grazie al fatto che agli Stati Uniti d’America, tutto sommato, la cosa andava a genio, come illusteremo appresso. Ma adesso i nodi stanno arrivando al pettine. Agli Stati Uniti d’America questo sistema non conviene più. In più, secondo Trump, la globalizzazione ha provocato enormi distorsioni, prima economiche e, via via, politiche, sociali e istituzionali. Oggi l’America di Trump, la Russia e volendo anche la Cina si debbono, di fatto, sostituire ai partiti di sinistra occidentali che, nella stragrande maggioranza dei casi, si sono trasformati in ‘camerieri’ del sistema ultra-liberista e globalista. Oggi la globalizzazione, grazie a Stati Uniti d’America e Russia, che su tale questione sono d’accordo, è ai titoli di coda. Fine della festa globalista. Torna la ragione. Citiamo un paio di esempi.

La verità sui dazi doganali del 200% su vino e champagne europei annunciati da Trump e la persistente disinformazione su tale questione

Il primo esempio è stato illustrato nelle scorse settimane, in modi molto spicci, ovvero alla sua maniera, da Trump. Che ha minacciato dazi doganali del 200% su vini, champagne e, in generale, prodotti alcolici europei. Perché il presidente americano ha detto questo? Perché si è accorto che i ‘furbi’ produttori di alcolici dei Paesi europei, che in queste ore hanno dato mandato ai propri politici di stracciarsi le vesti perché ‘Trump il cattivo’ vuole colpire con i dazi doganali vini e champagne, hanno appioppato dazi doganali del 50% al whisky americano! Attenzione: questo è solo uno dei molti esempi. Tanti Paesi dell’Unione europea hanno utilizzato a piene mani questa furbata: vendere in America liberamente i propri prodotti e proteggere i propri prodotti con i dazi doganali. Come avrete notato, dopo che Trump annuncia i dazi doganali blocca il provvedimento per un mese o per due mesi. Lo fa perché non è interessato a una guerra commerciale: vuole trattare. Il presidente americano non vuole bloccare l’arrivo di beni nel suo Paese: vuole che, contestualmente, i Paesi che esportano in America importino beni americani. In Italia l’informazione racconta solo la prima parte, il ‘Trump cattivo’ che vuole appioppare i dazi doganali, ma non raccontano la seconda parte, ovvero che i Paesi ‘furbi’ vogliono continuare a vendere le proprie produzioni in America ma non vogliono acquistare prodotti americani. Questa si chiama disinformazione, che lo strumento che è stato utilizzato e che si continua ad utilizzare a piene mani contro Trump.

In Irlanda è finita la festa con i soldi degli americani

Citiamo un secondo esempio: l’Irlanda. Il presidente degli Stati Uniti, Trump, le ha cantate in faccia al Primo ministro irlandese, Micheal Martin. Gli ha detto papale papale che l’Irlanda ha rubato all’America l’industria farmaceutica e le imposte che avrebbero dovuto finire nel bilancio statunitense. Trump ha affermato – la notizia la leggiamo su un canale Telegram – che aziende come Pfizer, Boston Scientific e Lilly producono farmaci in Irlanda per poi venderli negli Stati Uniti. Solo che poi vanno a pagare le imposte in Irlanda anziché negli #USA. Trump è stato chiarissimo con il capo del Governo irlandese: adesso i prodotti irlandesi che arriveranno in America verranno gravati di dazi doganali del 200%. “D’ora in poi se l’Irlanda vuole vendere i propri prodotti in America potrà farlo. Se volete vendere qualcosa negli Stati Uniti, vi imporrò una tariffa del 200%, in modo che non possiate mai più vendere nulla negli Stati Uniti”, ha dichiarato Trump.

Il Canada 51° Stato USA non è una burla. Al contrario, è un disegno geopolitico preciso di Trump. I canadesi potranno pure dire no, ma dovranno caricarsi ingenti spese fino ad oggi pagate dagli americani

Citiamo un terzo esempio: il Canada. Qui lo scenario è piuttosto complicato. Trump accusa questo Paese di effettuare ‘ìtriangolazioni’ con la Cina. In parole semplici, acquista beni cinesi, li ‘trasforma’ in beni canadesi e poi li vende in America. “Fine delle triangolazioni”, ha detto Trump. Un colpo duro sia per la Cina, sia per il Canada. Non solo. L’Ontario, provincia centro orientale del Canada, ha imposto una tassa sull’energia elettrica che esporta in tre Stati americani: Michigan, Minnesota e New York. La risposta di Trump è stata immediata, con l’annuncio di dazi doganali del 50% su alluminio e acciaio. Il Canada è il primo fornitore di alluminio e acciaio degli Stati Uniti d’America. Per il Canada, i dazi su questi due prodotti sarebbero rovinosi. Così il Primo ministro dell’Ontario, Doug Ford, ha sospeso subito la tassa sull’energia ai tre Stati americani. Trump è andato oltre. Ha detto che il Canada dovrà ritirare anche i dazi che mantiene da anni sui prodotti caseari americani. Storia vecchia che è servita al Canada per tutelare i propri allevamenti. Non si tratta di stupidaggini ma di tariffe che variano dal 250 a quasi il 400%. Il Canada, su questo punto, ha risposto picche. Trump ha contro-replicato dicendo che il 2 Aprile appiopperà dazi doganali alle auto canadesi che, per circa il 50% e forse più, si vendono negli Stati Uniti d’America. Ciò significherebbe lo smantellamento di buona parte dell’industria automobilistica canadese. Fatti quattro conti, entro il 2 Aprile, il Canada dovrà decidere se mantenere gli allevamenti per produrre latte e formaggi o mantenere integra la propria industria automobilistica. Altra questione centrale per il Canada: la difesa. Fino ad oggi quasi tutte le spese militari sono state a carico degli USA. Trump ha fatto sapere al Governo canadese che d’ora in poi si dovrà occupare della difesa del proprio Paese. Questo colpo in Canada non se l’aspettavano. “La soluzione per salvare tutto c’è – ha detto Trump -: il Canada diventi il 51esimo Stato americano. I dazi doganali spariranno, la difesa del Canada rimarrà a carico nostro e saremo più forti”. Circa un mese addietro ai cittadini canadesi l’invito a a diventare il 51esimo Stato americano era sembrato uno scherzo. Il Canada fa parte del Commonwealth e, almeno formalmente, è una monarchia costutizionale con a capo Carlo III, Re del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli altri quattordici reami del Commonwealth. Per le tradizioni inglesi e canadesi è una tegola in testa che mai si sarebbero aspettati. Ma Trump procede come un rullo compressore: il suo progetto geopolitico è un Nord America forte e compatto, tutto statunitense, con Canada e Groenlandia per acquisire materie prime e con il controllo delle rotte marittime artiche. I dazi doganali americani in Italia sono una questione complicata che investe soprattutto l’agro-alimentare e si lega di nuovo al Canada e anche agli interessi delle multinazionali che l’Unione europea, dal 2006, tutela sulla pelle degli ignari cittadini europei e americani, tra grano e olio d’oliva. Ma di questo scriveremo nella seconda puntata.

Fine prima puntata/ Continua

Foto tratta da Radio Radio

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