Da Gennaio ad oggi la Cina ha messo in vendita quasi 80 miliardi di dollari di titoli del Tesoro, agenzie, obbligazioni societarie e azioni americane. Un macigno che pesa sulle presidenziali USA

La verità è che lo scontro tra America e Occidente da una parte e Cina e Paesi del BRICS dall’altra parte procede ormai senza esclusione di colpi

Nelle ore in cui senza ancora alcun mandato da parte del suo partito (leggere Partito Democratico) la vice presidente degli Stati Uniti d’America, Kamala Harris, si presenta come possibile candidata alla Casa Bianca, dopo che il presidente Joe Biden si è ritirato, qualcuno fa notare che gli investitori cinesi hanno messo in vendita una quantità record di titoli di Stato americani. La Cina si è sbarazzata di 42,6 miliardi di dollari di titoli a lungo termine: titoli del Tesoro, agenzie e obbligazioni societarie, azioni. La notizia la leggiamo su un Canale Telegram: “Le vendite nei primi cinque mesi di quest’anno – si legge nel post – sono state pari a 79,7 miliardi di dollari, un massimo storico per il periodo Gennaio-Maggio. Più della metà delle vendite riguardava titoli del Tesoro, seguiti da debiti di agenzie e azioni”. Sarà interessante capire che effetti sortirà la mossa della Cina sull’economia statunitense in generale, sul dollaro, moneta che oggi è sotto attacco da parte dei Paesi del BRICS, e sulla campagna elettorale per le elezioni presidenziali americane. In genere, quando un Paese subisce la vendita di grandi quantitativi di titoli di Stato gli effetti non sono positivi. C’è comunque da dire che gli Stati Uniti d’America godono di potestà monetaria: in pratica, hanno il controllo della propria moneta. (Sopra Joe Biden e Kamala Harris: foto tratta da Avvenire)

La Cina non può esagerare nel processo di ‘dedollarizzazione, perché rischia di perdere un mercato di sbocco importante per i propri prodotti che gli frutta ogni anno un attivo commerciale di circa 250 miliardi di dollari. A meno che non abbia deciso di sacrificarlo almeno in parte perché così facendo provocherebbe maggiori danni agli USA

In ogni caso, la mossa cinese è insidiosa e, non a caso, si sta materializzando nell’anno delle elezioni, quando i cittadini americani saranno chiamati ad eleggere il nuovo presidente. In verità, negli ultimi anni la Cina ha venduto tanto debito USA per diversificare, tenendosi alla larga dalla moneta statunitense. Con molta probabilità, i cinesi hanno preso in parola Donald Trump, che si è impegnato, se rieletto, a introdurre dazi doganali del 60% sui beni prodotti in Cina. Questo potrebbe essere un problema per il colosso asiatico, che vanta nei confronti degli Stati Uniti d’America un attivo commerciale pari a circa 250 miliardi di dollari. Insomma, la Cina non può sagerare nel processo di ‘dedollarizzazione’, perché se il mercato di consumo americano chiude al colosso asiatico, magari con una politica aggressiva, ovvero ricorrendo a pesanti dazi doganali, i cinesi rischiano di rimanere con un bel po’ di beni invenduti: non è detto, infatti, che altri Paesi possano acquistare i beni che i cinesi non piazzerebbero più negli Stati Uniti d’America. A meno che, pur di colpire gli USA, i cinesi sono disposti a ‘inghiottirsi’ una parte del proprio export. Se la mossa cinese provocherebbe agli americani più danni che alla stessa Cina, ebbene, possiamo stare certi che si materializzerà. Questo ci dice che lo scontro tra Cina e Paesi del BRICS da una parte e Stati Uniti d’America e Paesi occidentali dall’altra parte è solo agli inizi.

Attenzione alle Olimpiadi di Parigi che si apriranno tra qualche giorno. Ricordiamoci che, in politica, la verità è esattamente l’opposto di quanto affermano e politici

In questo scenario gli americani partono svantaggiati a causa di un nutrito gruppo di Paesi dell’Unione europea i cui governanti giurano fedeltà agli USA ma, sottobanco, fanno da ‘sponda’ a Cina e Paesi del BRICS, Russia in testa. A guidare la schiera di Paesi europei che dicono di stare con gli americani e di appoggiare l’Ucraina nella guerra contro la Russia ma, in realtà, sono legati a Mosca e Pechino c’è la Germania accompagnata da alcuni Paesi Ue tradizionalmente vicini ai tedeschi. Ci sono Paesi europei legati alla NATO e agli USA come quasi tutti gli ex Paesi comunisti e i Paesi del Nord Europa. L’Italia di Giorgia Meloni si è schierata con gli USA. Ma ci sono altri europei, ribadiamo, legati a Russia e Cina. Per capire quali sono gli altri Paesi dell’Unione europea che, insieme con la Germania, ‘trescano’ con la Russia (e quindi con la Cina) bisogna leggere le dichiarazioni dei capi di governo. I più ‘bellicosi’ contro la Russia pronti a ‘sacrificarsi’ per l’Ucraina sono, in realtà, legati ai russi e ai cinesi. Tragicomiche le dichiarazioni della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e del Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che promettono mari e monti all’Ucraina ma che, di fatto, come già sottolineato, sono allineati e coperti con Pechino e Mosca. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente francese Emmanuel Macron che, a parole, vorrebbe mandare non sappiamo più quanti eserciti in Ucraina per combattere contro i russi ma che, in realtà, ha organizzato le Olimpiadi di Parigi che si aprono tra qualche giorno perché sa che dalla Russia non dovrebbero arrivare brutti scherzi. Non la pensano così tanti cittadini di Parigi, molto preoccupati, che hanno già lasciato la città. Un mezzo attentato, visto che a parole Macron è contro la Russia, verrebbe automaticamente ascritto ai russi: un vantaggio per chi combatte contro Russia e Cina. Intanto in America la confusione regna sovrana. Biden ha annunciato che non si ricandiderà, lanciando la candidatura della sua vice, Kamala Harris. C’è chi chiede le dimissioni di Biden, che fino ad oggi non si è dimesso. C’è chi dice che domani il Partrito Democratico ‘incoronerà’ Kamala Harris candidata ufficiale alle elezioni presidenziali, altri dicono che si deciderà tutto nel corso di una convention prevista ad Agosto. Vedremo cosa succederà.

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