Con la parabola del ‘Figliuol prodigo’ Gesu spiega la gioia del Padre per il figlio morto che è risuscitato. L’amore di Dio, se il pentimento è sincero, è più grande di qualunque peccato

di Frate Domenico Spatola

Commento a un celebre passo del Vangelo (Luca 15, 1-3.11-32)

Un dramma. Protagonisti: un padre, che fu anche madre, e due figli, fratelli ostili. Il racconto apre col figlio minore che, vivente il padre, pretese l’eredità. Gli spettava un terzo dell’asse ereditario. Cifra tuttavia considerevole. La raccolse e, in breve, partì per sprecarla in un paese lontano. Esaurito il denaro, e rimasto senza amici e lavoro, lo trovò nell’unico offertogli: accudire i maiali. Dall’abisso, in cui era caduto, ricordò del suo “status” di figlio di un padre, che aveva sempre visto come “padrone” di una servitù, che non mancava di nulla. “Tornerò – si disse – e chiederò un posto da servo”. Ma il padre, che l’aspettava, lo vide da lontano e gli corse incontro. L’abbracciò e lo baciò. Era il suo perdono, per la gioia che “il figlio morto era risuscitato”. Lo riabilitò, con calzari ai piedi e anello al dito. Ma quel ritorno dispiacque al fratello maggiore, che, tornato dai campi e udite le musiche dalla casa della tristezza, comprese che il fratello era tornato. Non volle entrare e al padre che lo supplicava, rivolse l’accusa di essere ingiusto, perché aveva immolato il vitello grasso per il figlio libertino. Ma il padre gli ricordò che il suo amore era più grande di qualunque peccato. Perciò accogliesse anche lui, da fratello, colui che egli aveva accolto da figlio.

Foto tratta da Non di Solo Pane

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