Che succede nella raffineria di Priolo? Attenzione perché l’impianto che produce il 40% delle benzine italiane opera all’ombra di Israele di Netanyahu e della Russia di Putin

Due incidenti in pochi giorni sono un pessimo segnale ‘politico’

Che sta succedendo nella raffineria di Priolo, uno dei più grandi impianti d’Europa, che fornisce all’Italia il 40% delle benzine raffinate? Ce lo chiediamo perché arrivano segnali strani. Eventi che, forse, meriterebbero un’analisi più attenta. Vediamo i fatti. Il 26 Agosto, improvvisamente, si è materializzata una “pioggia oleosa” che è caduta su una frazione di Melilli, Città Giardino. Si tratta di inquinamento ambientale e, da quello che abbiamo capito, è in corso un’inchiesta della Magistratura. Ieri, altra stranezza: nella parte sud della raffineria si è arrestata la cosiddetta unità 100 a causa – così è stato detto – di un guasto elettrico. Risultato: una nube nera visibile a chilometri di distanza. Semplici incidenti? I nostri lettori lo sanno: noi siamo ‘complottisti’ per antonomasia e questa storia degli ‘incidenti’ ci convince fino a un certo punto, perché la raffineria di Priolo, anche se se ne parla pochissimo, non parla italiano. Avete letto benissimo: la raffineria di Priolo, che è fondamentale per l’Italia, non è di proprietà italiana. Proviamo a ricapitolare come stanno le cose e vi accorgerete che i nostri dubbi sono tutt’altro che infondati.

Alla fine del 2022 gli Stati Uniti avrebbero voluto i russi della Lukoil fuori dalla Sicilia. Ma le cose non sembrano andate secondo i desideri americani: anzi

Fino alla fine del 2022 la raffineria di Priolo era di proprietà della Lukoil, nota società della Russia. Gli americani, che hanno imposto le sanzioni economiche al Paese di Putin hanno cercato in tutti i modi di ostacolare il gruppo russo presente in Sicilia. Per la cronaca, la Lukoil, da buona società russa, ha rilevato la raffineria di Priolo per raffinare in Sicilia il proprio petrolio e vendere carburante con i distributori Lukoil, che sono molto presenti nella nostra Isola. Gli Stati Uniti d’America avrebbero voluto che l’Italia, non si capisce come, buttasse fuori i russi dalla Sicilia. Ma così non è stato, anche perché il nostro Paese non avrebbe potuto mettersi sotto i piedi il diritto internazionale per accontentare gli USA. Vero è che l’Italia è un Paese atlantista e che chi, in Italia, non si adegua all’atlantisno la paga cara (vedi il leader del Psi, Bettino Craxi, che è stato massacrato per aver bloccato gli americani a Sigonella nel 1985). Ma c’è un limite a tutto. Anche perché – via, scriviamo le cose per come stanno – se i russi si fossero incazzati di brutto, prima di andare via dalla Sicilia avrebbero sempre potuto sfasciare la raffineria di Priolo lasciando l’Italia nei ‘casini’. Ricordiamo che il 90% e forse più delle merci italiane ‘viaggia’ sul gommato e senza il 40% delle benzine raffinate a Priolo i prezzi di benzina e gasolio sarebbero quasi raddoppiati, scatenando nel nostro Paese un’inflazione incontrollabile. E allora?

La partita a scacchi in Sicilia di Putin e Netanyahu

La soluzione l’hanno trovata il presidente russo, il citato Vladimir Putin e il premier israeliano, Benjamin ‘Bibi’ Netanyahu. Sempre per la cronaca, Putin e Netanyahu sono in buoni rapporti. Ed è stato proprio quest’ultimo a togliere la castagne dal fuoco a Putin. Come? Con una serie di passaggi societari. Alla fine del 2022 la società Goi Energy e ha rilevato dalla Lukoil la raffineria di Priolo. L’amministratore delegato di Goi Energy, Michael Bobrov, è anche amministratore delegato e azionista di maggioranza della Green Oil Energy. Quest’ultima società è azionista di maggioranza di Bazan group, società che in Israele gestisce il più grande impianto di raffinazione di petrolio. Insomma, per dirla in breve, Israele si è presa la raffineria di Priolo. I retroscena di questa operazione li abbiamo raccontato in un articolo pubblicato da I Nuovi Vespri (che potete leggere qui). C’è chi sostiene che, sotto l’egida israeliana, a Priolo continui ad arrivare il petrolio russo. Ma gli americani hanno poco da fare, perché non possono certo mettersi contro Israele! Anche in quest’occasione Putin ha dimostrato grande abilità. Tant’è vero che tutt’oggi i distributori di carbutante Lukoil sono presenti in tutta la Sicilia. Però…

L’atteggiamento anti-russo e anti-israeliano in Italia

Però… E qui arriviamo ai nostri dubbi. Nonostante i salti mortali del Ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, sembrerebbe che sia Putin, sia Netanyahu siano un po’ infastiditi dai continui attacchi di soggetti politici (e non soltanto politici) italiani alla Russia e a Israele. Non tanto Putin (che considera l’Italia un Paese politicamente ‘folkoristico’ nel senso non esaltante del termine) quanto gli stretti collaboratori del presidente russo spingerebbero per lanciare un segnale preciso all’Italia. Le giustificazioni del Ministro Tajani, infatti, oltre ad essere poco credibili cominciano a dare fastidio a troppi ambienti russi. Dire che l’Italia fornisce armi all’Ucraina ma non è in guerra contro la Russia è un po’ stucchevole. Una due volte, beh, può passare. Ma se diventa una cantilena comincia a offendere l’intelligenza… Anche l’atteggiamento anti-Israele, al limite dell’antisemitismo, comincia a dare fastidio non tanto a Netanyahu quanto ai ‘falchi’ di Israele stanchi di essere considerati i soli ‘cattivi’ della situazione. Lo scenario che si va profilando non è sereno. Soprattutto se certa informazione occidentale a senso unico ‘dimentica’ che la nuova guerra in Medio Oriente non l’ha cominciata Israele ma è esplosa dopo l’eccidio del 7 Ottobre dello scorso anno quando sono stati uccisi circa mille e 200 cittadini israeliani. Tutti siamo contro la guerra e per la pace. Ma chi organizza manifestazioni anti-Israele ogni tanto dovrebbe ricordare come stanno le cose. Sicuramente ci sbagliamo. Ma i due ‘incidenti’ alla raffineria di Priolo all’ombra di Israele e della Russia dovrebbero fare riflettere.

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