Analisi del voto americano/ Trump ha vinto sul ‘No’ ai migranti e al Green Deal, sullo stop alla guerra in Ucraina e sul progetto di mandare all’aria l’accordo tra Cina e Germania

Travolta la candidata Dem Kamala Harris alla quale non sono bastati i soliti voti ‘postali’

Il primo dato che salta agli occhi della straordinaria vittoria di Donald Trump, che dal Gennaio del prossimo anno sarà il 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America, è tecnico e politico insieme. A differenza di quattro anni fa, questa volta il voto ‘postale’ non è bastato per fare vincere la candidata del Partito Democratico, Kamala Harris. Quando, nei prossimi giorni, verranno resi noti i voti definitivi, verrà fuori che il Repubblicano Trump ha preso una barca di voti nei seggi elettorali, mentre la maggioranza dei voti ‘postali’ – forse anche la grande maggioranza – èè andata alla Harris. Ma la gran massa di voti via posta non è stata sufficiente alla candidata Dem per battere Trump. Se andate a leggere i giornali dei giorni scorsi vi accorgerete che in tanti si aspettavano un testa a testa tra i due candidati, soprattutto nei cosiddetti Stati-chiave: Georgia, Michigan, Pennysilvania, Arizona, North Carolina, Wisconsin. E, in effetti, il testa a testa c’è stato, ma in quasi tutti questi Stati Trump è rimasto in testa per tutto il tempo dello spoglio delle schede, anche se per pochi punti per centuali, 3 o 4 al massimo. Come già accennato, la gran massa di voti ‘postali’ che hanno premiati la Harris non ha frenato il ciclone elettorale che ha dato la vittoria netta a Trump. (sopra foto del muto tra Messico e Stati Uniti d’America tratta da Avvenire)

I Repubblicani di Trump, oltre alla Casa Bianca, hanno conquistato anche il Senato e forse la Camera dei Rappresentanti

Come abbiamo raccontato stamattina, i Repubblicani di Donald Trump, oltre a conquistare la Casa Bianca, hanno la maggioranza al Senato (che rappresenta la Camera alta) e, forse, anche alla Camera dei Rappresentanti (Camera bassa). La conquista del Senato, da parte dei Repubblicani di Trump, è molto importante, perché è questa Camera che si pronuncia sulle nomine. Insomma, una vittoria netta su tutta la linea. Basti pensare che nel voto popolare lo scarto con i Democratci è di circa 5 milioni di voti. Fatte queste precisazioni tecniche, che sono anche politiche, proviamo a tentare un’analisi del voto. Con molta probabilità, il primo fattore decisivo che ha determinato la grande vittoria di Trump è la questione migranti. Il nuovo presidente si è impegnato a ridurre drasticamente il flusso di migranti che arriva negli Stati Uniti d’America, soprattutto dal Messico. Non a caso, durante la sua prima presidenza (2016-2020), Trump ha iniziato a costruire il muro fra Stati Uniti e Messico. Da questo fronte non entrano soltanto i migranti: entra anche la droga. Gli interessi criminali e politici che stanno dietro questo flusso di droga verso gli USA sono enormi. Questo, con molta probabilità, è uno dei motivi che sta alla base dei due tentativi di uccidere Trump messi in atto durante la campagna elettorale. La svolta dell’America di Trump sui migranti avrà effetti anche in Europa, dove i partiti politici che avversano i criminali che gestiscono il traffico umano tra Africa e Vecchio Continente sono destinati a diventare centrali. Va da sé che l’attuale Commissione europea di Ursula von der Leyen, espressione delle peggiori logiche ‘europeiste’, non avrà una vita lunga.

L’incognita del Medio Oriente

Un secondo motivo che ha determinato la vittoria di Trump è stato il ruolo svolto dalla lobby ebraica mondiale, che ha rotto i rapporti con i Democratici americani. Ricordiamoci che Israele esiste perché dietro ha la lobby ebraica mondiale. Benjamin ‘Bibi’ Netanyahu, capo del Governo israeliano, ricopre questo ruolo perché così vuole la lobby ebraica mondiale. Netanyahu ha condotto e continua a condurre i combattimenti in Medio Oriente, tenendo ben quattro fronti di guerra – Gaza, Libano, Siria e Cisgiordania – ignorando la presidenza uscente USA, proprio grazie all’appoggio della lobby ebraica mondiale. Messi da parte i Dem di Biden, la lobby ebraica inizierà a discutere con Trump. Mentre gli americani si chiameranno fuori dalla guerra in Ucraina, magari in accordo con la Russia, non è facile fare previsioni sulla guerra in Medio Oriente. In questa fase storica, dopo la strage del 7 Ottobre 2023, Israele non vuole più palestinesi nella Striscia di Gaza e non vuole più ‘fastidi’ dal Libano. Trovare una soluzione in questa problematica area del mondo non sarà facile. Sempre con riferimento all’attuale momento storico, Israele non vuole nemmeno sentire parlare di due Stati, uno israeliano e l’altro palestinese. Dopo i guai combinati dai Dem americani, che hanno provato a strumentalizzare la citata strage del 7 Ottobre dello scorso anno, Cina, Russia e altri Paesi del mondo dovranno lavorare molto per trovare una soluzione pacifica in Medio Oriente, tenendo conto che israeliani e americani hanno a disposizione strumentazioni militari che vanno ben al di là delle armi non convenzionali, come dimostrano gli attacchi tecnologici in Libano. Per non parlare della manomissione del clima, a cominciare dalle alluvioni (quest’ultima arma, in verità, la possiedono anche Cina e Russia).

La sconfitta di Zelensky. La Russia di Putin resterà alleata della Cina. Sullo sfondo, i Paesi BRICS

Il terzo motivo che ha determinato la vittoria di Trump è il suo impegno a chiudere in tempi brevissimi la guerra in Ucraina. Il nuovo presidente americano imporrà la fine del conflitto trovando un accordo con il presidente russo, Putin. La Russia si terrà le regioni dell’Ucraina filo-russe e il presidente di questo Paese, Zelensky, verrà sostituito e, magari, ce lo ritroveremo in Italia, nella sua abitazione di Forte dei Marmi. Non si parlerà più di Ucraina nella NATO, anche perché la stessa NATO, con molta probabilità, verrà riformata, se non abolita. Che cosa farà l’Unione europea non lo sappiamo. Continuerà una guerra demenziale che è stata voluta dagli americani di Biden? O si accoderà al nuovo corso di Trump? Vedremo. Non vanno escluse divisioni: la Germania, che sottobanco è sempre stata alleata di Russia e Cina, plaudirà alla fine della guerra. I Paesi del Nord Europa e dell’Est europeo, invece, si troveranno in grande difficoltà, perché metteranno nel conto le ritorsioni della Russia. Qualche osservatore dice che il Paese di Putin potrebbe invadere i Paesi dell’Est europeo che un tempo facevano parte dell’Unione Sovietica. Una tesi che non convince. Altri osservatori ipotizzano che la presidenza Trump provi a far franare l’accordo tra Russia e Cina, cercando a portare Putin dalla propria parte. Questa, in verità, era la strategia dell’ex Segretario di Stato, Mike Pompeo, ai tempi della prima presidenza Trump. Ma, anche in questo caso, dopo tutti i guai che hanno combinato i Democratici nei quattro disastrosi anni di Joe Biden alla Casa Bianca, beh, dubitiamo che Putin cambi linea politica, anzi, linea geopolitica. La Russia ormai non è solo un Paese alleato della Cina. La realtà ci dice che Cina, India, Russia e tanti e tanti altri Paesi dell’Africa, del Sudamerica, del Medio Oriente e dell’Asia che hanno già aderito o stanno aderendo al BRICS sono stanchi del dominio mondiale dell’Occidente. L’obiettivo dei Paesi del BRICS è l’indebolimento del dollaro americano eil successivo varo di una moneta uniica targata BRICS agganciata all’oro per porre fine alle monete speculative.

Lo scontro USA Cina. Quale sarà il ruolo della lobby ebraica modiale fino ad oggi indiscussa protagonista del ‘Signoraggio’ e delle banche?

In questo scenario il futuro dell’Unione europea è incerto. Se avesse vinto Kamala Harris la guerra in Ucraina sarebbe proseguita e la Ue sarebbe collassata nel giro di un anno. Con la vittoria di Trump la situazione è diversa. Ma ciò non significa che gli USA ignoreranno l’Europa. Anzi. L’Unione europea, fino ad oggi, sotto la regia della Germania, da Angela Mekel a all’attuale Cancelliere, Olaf Scholz, ha fatto da ‘sponda’ alla Cina. Incredibile il tentativo della Ue di ‘stabilizzare’ l’euro a spese del dollaro americano in accordo con Cina e Russia (ignorando, di fatto, il Trattato di Parigi del 1947). E’ la storia della megafornitura trentennale di gas russo alla Cina che i cinesi avrebbero pagato in euro (qui un articolo). Operazione che gli americani hanno fatto saltare facendo esplodere la guerra in Ucraina e imponendo agli ‘europeisti’ acciuffati con le ‘mani nella marnellata’ russo-cinese di ripete a pappagallo che nella guerra c’è un ‘invasore’ (la Russia) e un ‘invaso’ (la stessa Ucraina). Una stupidaggine che gli ‘europeisti’ debbono ripetere per ‘castigo’, modello scuola elementare. E che dire sempre dei tedeschi che si sono messi d’accordo con il ‘Dragone’ per inondare l’Europa di pericolose auto elettriche cinesi? I tedeschi hanno investito una barca di soldi per realizzare fabbriche automobilistiche in Cina. Ma gli americani, è noto, hanno imposto alla Commissione europea di appioppare alle auto cinesi che arrivano in Europa dazi doganali del 45% (forse questa è una delle poche cose buone fatte dall’amministrazion e Biden). Così cinesi e tedeschi sono rimasti fregati. E’ chiaro che con Trump l’America andrà allo scontro con la Cina. Bisognerà capire che ruolo giocherà la citata lobby ebraica, che con la crisi del dollaro dovrà ridisegnare il cosiddetto ‘Signoraggio bancario’ del quale è stata fino ad oggi indiscussa protagonista. In ogni caso, la vittoria di Trump segna la fine dell’economia ultra-liberista e globalista: e, di conseguenza, come illustreremo appresso, anche la fine dell’Unione europea dell’euro. E segna anche la fine delle speculazioni nascoste dietro il cosiddetto Green Deal. Si andrà verso un contesto monetario internazionale diverso con il ritorno della sovranità degli Stati e dell’autonomia economica degli stessi Stati, anche con il ricorso ai dazi doganali, alla faccia dell’attuale Fondo Monetario Internazionale liberiste e globalista. Passaggio inevitabile con i cambiameti climatici in corso e con la manipolazione del clima che impongono il ritorno alla terra e all’agricoltura come elemento strategico per garantire l’autonomia alimentare degli Stati.

Agli statunitensi interessa eliminare la Ue, non i Paesi europei. Una buon occasione per l’Italia di lasciare l’euro per entrare nell’area del dollaro americano

In questa guerra ecoonomico-monetaria che è già iniziata sarebbe da ingenui, se non da stupidi, da parte americana, lasciare in piedi l’Unione europea dell’euro, nei fatti uno ‘sgabello’ a disposizione di Cina e Germania. Gli USA a guida Trump dovranno per forza di cose sbaraccare Ue ed euro e proseguire nella ‘demolizione’ economica della Germania, a cominciare dalla manifattura. La crisi della manifattura tedesca travolgerà tutta la manifattura europea, a cominciare da quella del Nord Italia. Non è un caso se Trump, in campagna elettorale, ha detto a chiare lettere che imporrà dazi doganali ai prodotti che l’Europa importa in America. Facendo franare l’Unione europea, gli USA toglieranno alla Cina una base operativa anti-dollaro e un mercato di sbocco ai prodotti cinesi. Sbaraccare la Ue, per gli americani, non significherà abbandonare l’Europa: anzi. Agli statunitensi interessa eliminare la Ue, non i Paesi europei. Tant’è vero che in queste ore Trump ha detto che l’Italia sarà il partner numero uno degli americani in Europa. L’Italia ne potrebbe approfottare per uscire dall’euro ed entrare a far parte dell’area del dollaro americano. Tra l’altro, oggi il cambio tra le due monete e quasi alla pari e questo faciliterebbe tale passaggio. Per l’Italia sarebbe la salvezza, perché con la forza USA dietro si libererebbe del debito pubblico truffaldino ‘europeista’ ricorrendo all’istituto del debito detestabile o odioso (qui un articolo). Forse, a Dio piacendo, ci libereremo della fallimentare Unione europea. Che le nostre parole vadano in cielo!

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