Se la siccità in Sicilia aveva ‘seccato tutto’ com’è possibile che oggi i problemi siano le piogge che fanno marcire il fieno? Per caso c’è confusione e magari qualcuno che ci marcia?

La siccità, nei mesi scorsi, ha colpito l’agricoltura di alcune aree della Sicilia ma non tutta l’agricoltura siciliana

La siccità in Sicilia – che in realtà non ha colpito tutta l’Isola e non ha provocato un grande disastro – si sta trasformando in una farsa. Se quindici giorni fa c’era chi raccontava che nelle campagne siciliane la siccità aveva distrutto tutto, adesso si scopre che le piogge di questi giorni stanno facendo marcire il fieno. Quindici giorni fa gli allevamenti erano a rischio per mancanza di foraggi e fieno ‘inghiottiti’ dalla siccità, ora ci sono problemi per le piogge che rischiano di fare marcire il fieno. Ma se era seccato tutto come mai ora il fieno rischia di marcire a causa delle piogge? La verità è che la siccità siciliana è stata in parte vera e in parte esagerata. La mancanza d’acqua, nei mesi scorsi, ha colpito la provincia di Catania e parte della provincia di Enna; siccità anche in provincia di Siracusa e in parte della provincia di Messina. Colpite dalla siccità anche alcune aree del Nisseno, in particolare quelle che confinano con l’autostrada Catania-Palermo. La Sicilia Occidentale e la fascia costiera del Mediterraneo sono in buone condizioni. Tradotto: la produzione di grano duro e foraggi della Sicilia è stata compromessa solo in parte. Almeno fino ad oggi è così. I danni maggiori li ha creati la sciroccata di fine Marzo. L’annata non è ancora conclusa. Bisognerà vedere che cosa succederà nella nostra Isola da qui alla mietitura del grano. Questa settimana, per esempio, sono previste piogge nel Centro Nord Italia ma non nel Sud e in Sicilia.

Il probema dell’agricoltura siciliana non è la siccità ma l’Unione europea ultra-liberista e globalista

Va detto che il vero problema dell’agricoltura siciliana non è la siccità – che quest’anno c’è stata ma non è stata rovinosa – ma l’Unione europea, che invece è ultra-rovinosa. L’Unione europea ha abbracciato il liberismo e il globalismo economico occidentale: ed è proprio l’arrivo indiscriminato di prodotti agricoli extra europei, in molti casi di pessima qualità, che sta distruggendo una parte importante dell’agricoltura dell’Europa mediterranea. Quanto alla Sicilia, c’è un gravissimo problema legato alla gestione dell’acqua. La Sicilia paga la scelta ottusa, imposta dal Governo Berlusconi 2001-2006, di privatizzazione del servizio idrico. Sicilacque spa è stata e continua ad essere una grande delusione. Non solo non ha risolto i problemi storici del cosiddetto sovrambito siciliano (dighe, traverse, pozzi, sorgenti, potabilizzatori, centrali di sollevamento, centrali idroelettriche e altre infrastrutture), ma li ha aggravati. A questo si aggiunge la crisi dei Consorzi di Bonifica, che si portano dietro da anni debiti che non si capisce da chi dovrebbero essere pagati. Se non verranno affrontati questi due problemi – gestione del sovrambito e crisi finanziaria dei Consorzi di bonifica – l’irrigazione in Sicilia resterà sempre problematica. L’acqua per le piante è fondamentale. Ma produrre bene serve a poco se poi prodotti di grande qualità si scontrano con il fiume di prodotti extra europei a prezzi stracciati e di pessima qualità che invadono ogni giorno la Sicilia. Costano molto meno rispetto ai prodotti agricoli siciliani e in un’Isola sempre più povera vengono preferiti dai cittadini. In più ci sono le speculazioni al ribasso contro il grano duro sicilianon di commercianti e industrie. Questa speculazione va bloccata. Come?

Serve un nuovo sindacato agricolo siciliano che imponga alla politica l’applicazione dello Statuto autonomistico della nostra Isola, bloccando l’importazione di prodotti agricoli

Agli agricoltori siciliani serve un nuovo sindacato agricolo che imponga alla politica dell’Isola l’applicazione dello Statuto autonomistico in materia di agricoltura, bloccando l’importazione di prodotti agricoli che l’agricoltura siciliana è in grado di produrre. Per molte produzioni agricole la nostra Isola dovrebbe puntare sull’auto-consumo. Comprando cibo siciliano i consumatori siciliani rilancerebbero l’economia isolana. Non solo. Nell’entroterra siciliano il grano duro non ha alternative. La Sicilia e il Sud Italia, in presenza di grano duro estero che fa crollare il prezzo di questo cereale, dovrebbero creare un ‘cartello’ difensivo non vendendo più il grano duro alle industrie del Nord. Dovrebbero essere, a questo punto, gli industriali a spiegare agli italiani con quale grano duro produrrebbero la pasta. Diventerebbe palese che la pasta – che in Italia, per legge, si può produrre solo con grano duro – non verrebbe prodotta con grano duro italiano. Saranno i consumatori a decidere se acquistare o no la pasta prodotto con grano duro estero. Per attuare tutto ciò serve un nuovo sindacato agricolo in grado di superare la Politica Agricola Comunitaria (PAC) fatta di mance e di un ‘Green Deal’ di imbroglioni. Un sindacato agricolo in grado di condizionare la politica siciliana e, se le condizioni lo richiedono, anche di diventare partito politico.

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