Vinicio Boschetti racconta la sua lunga amicizia con il Conte Arturo Cassina, un imprenditore che è stato per quasi sessant’anni un protagonista della vita economica di Palermo

Oggi settima puntata del volume di Vinicio Boschetti ‘Giustizia è sfatta’. In questo capitolo viene fuori uno spaccato della Palermo che va dai primi anni ’60 del secolo passato fino al 2000, anno della scomparsa del Conte Cassina

Settima puntata de volume di Vinicio Boschetti Giustizia è sfatta. Oggi proponiano ai nostri lettori la storia di un personaggio, o meglio, di un impreditore che per circa settant’anni è stato uno dei protagonisti della vita economica di Palermo: il Conte Arturo Cassina. Vinicio Boschetti, per decenni pubblicitario di successo a Palermo, in Sicilia, in sardegna e in Calabria, è una delle poche persone che può raccontare la vita di questo grande imprenditore, perché per oltre trent’anni – cioè fino a quando il Conte Cassina ha lasciato questa Terra – è stato un suo grande amico. Questa puntata del libro di Boschetti è uno spaccato della Palermo che va dai primi anni ’60 del secolo passato fino al 2000, anno della scomparsa del Conte Cassina. E’ un capitolo interessante, perché l’autore rivela alcuni retroscena che fino ad oggi sono rimasti poco noti e, in qualche caso, sconosciuti. Come i rapporti tra il Conte Cassina e la politica di Palermo e siciliana. Ma adesso diamo la parola all’autore del libro. (sopra, foto Wikipedia)

“Perché tanto accanimento contro il Conte Arturo Cassina?”

“A questo punto – scrive Boschetti – debbo concedermi una digressione. Sì, debbo parlare di una persona che nella vita in Sicilia mi sono sempre ritrovato: il Conte Arturo Cassina. Quante ne ho sentite su Cassina: affari di qua, appalti di là. La verità è che non c’è stato un grande imprenditore di Palermo che ha ricevuto le attenzioni, da parte di tanti organi dello Stato, come il Conte Artuso Cassina. Negli oltre sessant’anni che ha vissuto e lavorato a Palermo gliene hanno fatte vedere di tutti i colori. Su di lui hanno scritto tutto e il contrario di tutto. Premetto che, come ho già ricordato, sono arrivato a Palermo nel 1978 e il Conte Artuso Cassina l’ho conosciuto nei primi anni ’80, quando era già uno dei più importanti imprenditori di Palermo e della Sicilia. Me lo presentò Lucio Marcataio, che faceva l’economia alla Rai. Quando conobbi il Conte Cassina la politica cittadina, e anche la politica siciliana e nazionale gli facevano una guerra senza quartiere. Perché tanto accanimento? Me lo sono sempre chiesto e non ho mai trovato una spiegazione plausibile. Interpretazioni e considerazioni sì, ma una spiegazione razionale e oggettiva, mai. Inutile chiederlo al Conte Cassina, perché di questi argomenti non parlava”.

“Contro il Conte Arturo Cassina tanta invidia”

“E’ un argomento, la storia del Conte Arturo Cassina – scrive sempre Vinicio Boschetti – sul quale ho rimuginato per tanto tempo. Forse, pensavo allora, non riuscivo a seguire bene gli avvenimenti legandoli al passato, perché, per l’appunto, non conoscevo il passato del Conte a Palermo, se non nei racconti raccolti qua e là, per lo più da persone che lo detestavano. Ecco, forse una delle ragioni dell’astio della politica nei suoi riguardi era legata all’invidia. Nella sua vita lavorativa, per tanti anni, il Conte Arturo Cassina era sempre stato un passo avanti rispetto agli altri. Sempre. Non soltanto nella gestione dei lavori pubblici di Palermo ma anche in altre attività. Di lui sapevo che non era siciliano, che era nato in Lombardia, dalle parti di Como. Che era arrivato a Palermo nel 1938. Considerato che il Conte era nato nel 1912, era sbarcato a Palermo a 26 anni. So che i fascisti non lo amavano e che nel secondo dopoguerra aveva cominciato a lavorare nel settore edile. Negli anni ’50 e negli anni ’60 – così mi hanno raccontato – il Conte Arturo Cassina spiccava per la sua signorilità e per la sua determinazione. Nel mondo delle imprese edili di Palermo non era facile, allora, farsi avanti. Era un ambiente duro, ostile, rischioso. Dicevano che aveva gli “agganci giusti” e che era “ammanigliato” con i poteri forti di Palermo. Era vero? Ma allora perché nei primi anni ’60 aveva fondato un quotidiano – Telestar – in competizione con i due quotidiani di Palermo, Il Giornale di Sicilia e il giornale L’Ora? Un imprenditore che è legato ai potenti della città si mette contro i due quotidiani della città?”.

Boschetti, nel raccontare la vita del Conte Arturo tocca un punto sul quale gli storici dovrebbero riflettere: perché se era legato ai potenti di Palermo nei primi anni ’60 fondò un giornale – Telestar – alternativo ai quotidiani della città?

In effetti Vinicio Boschetti coglie un punto che meriterebbe di essere approfondito. Per decenni il Conte Arturo Cassina è stato raccontato come un potente tra i potenti di Palermo. Nella realtà magari, in tante fasi storiche, è stato così. Ma ci sono stati momenti in cui il Conte non ha esitato a mettersi contro i potenti dela città. “La verità, la mia verità – scrive sempre l’autore del volume Giustizia è sfatta – è che quando cercavo di capire il Conte Cassina, e scusate il gioco di parole, i conti non tornavano mai. Quando l’ho conosciuto, come ho già detto, erano passati quasi vent’anni dall’avventura di Telestar. Ogni tanto gli chiedevo notizie di questa su esperienza editoriale. Ricordo che scrollava sempre le spalle e mi diceva: ‘Lascia perdere, Vinicio. Fatti passati’. Un giorno mi fece una confessione che oggi posso anche rivelare. ‘Il mondo dei giornalisti – mi disse – è strano. Per diventare giornalisti professionisti debbono essere assunti con un giornale che deve avere in redazione un certo numero di professionisti. Per potere sostenere gli esami debbono lavorare da praticanti un anno e mezzo con tanto di retribuzione e contributi pagati dall’editore. Ebbene, con Telestar abbiamo assunto praticanti, sono diventati professionisti grazie a noi. Non ho mai fatto mancare uno stipendio ai giornalisti. Per tutta risposta, quando abbiamo deciso di chiudere l’esperienza del giornale, alcuni di loro me li sono trovati a scrivere su di me cose non esattamente amorevoli. Non mi chiedere perché, non lo so, non l’ho mai capito. Forse perché sono fatti così. Forse è la città, forse è il lavoro che svolgono. Non lo so. Ma è stato così’. Queste parole mi sono tornate in mente quando alcuni giornalisti del Mediterraneo – un quotidiano che ho fondato nel 1994 e del quale racconterò in seguito – che sono diventati giornalisti professionisti grazie a me, ne hanno dette su di me di tutti i colori. Ci sono perfino alcuni di loro che si vergognano di dire che sono diventati giornalisti professionisti grazie al Mediterraneo. Ma non voglio anticipare la storia del Mediterraneo che debbo ancora raccontare”.

Il rapporto difficile tra il Conte Cassina e il mondo del giornalismo

“Tornando al Conte Cassina – scrive sempre Boschetti – una cosa che ho notato quando ero ancora alla Manzoni è l’accanimento, certe volte anche un po’ comico, dei giornalisti che arrivavano a Palermo inviati da quotidiani nazionali per scrivere non sul Conte Arturo Cassina ma contro di lui. La sede della Manzoni era una specie di porto di mare. Arrivavano giornalisti da tutta l’Italia. Ne ricordo in particolare uno. Doveva scrivere un libro su Cassina. Questo giornalista stava sempre sulle sue. Era guardingo. Diceva che si sentiva osservato. ‘Ma da chi?’, gli chiesi”. Quando non conoscevo un giornalista, il mio consulente era Vittorio Corradino. Chiesi a Vittorio se conosceva Rossi, mi rispose che doveva vederlo più tardi. Vittorio incontrò Rossi e gli chiese: ‘Hai telefonato a Cassina per incontrarlo?’. Da qui nasce il fatto che era controllato. Ricordo che ne parlai divertito con Vittorio Corradino. Finì tutto con una grande risata. Perché il Conte Arturo Cassina mi prese a benvolere? Non era interessato a intrattenere rapporti con i giornalisti. Però aveva bisogno di una persona in grado da fare da filtro. E così è stato. Nel giro di poco tempo i giornalisti che desideravano incontrare il Conte Cassina si rivolgevano a me. Facevo da tramite, insomma. Di me il Conte si fidava. Quando lo andavo a trovare per dirgli che un giornalista lo voleva incontrare mi chiedeva: “Vinicio, a te che impressione ha fatto?”. Io gli illustravo le mie impressioni. A lui bastava questo. In pochissimo tempo sono diventato quasi un figlio per lui, che di figli ne aveva quattro. Insomma, di me si fidava. E, soprattutto, mi voleva un sacco di bene”.

La villa di Mondello

A questo punto il racconto diventa personale: “Quando mi sono trovato nei guai – scrive l’autore del libro – mi ha sempre aiutato: ha aiutato me e la mia famiglia. Sempre. Un giorno mi regalò un portafoglio in pelle con mille lire. Mi disse: ‘I soldi in un portafoglio nuovo portano fortuna’. Mi ha aiutato quando sono andato via dalla Manzoni. Ricordo che avevo acquistato un terreno a Mondello per costruirci quella che sarebbe diventata la mia casa. Lo acquistai da un amico al quale diedi in contanti 40 milioni di lire. Il mio amico accettò il restante pagamento con rate da 5 milioni di lire. In realtà, non era una rata. Avevamo un accordo in base al quale gli versavo quello che guadagnavo. C’è stato un momento in cui gli ho consegnato 10 milioni di lire. Subito dopo l’acquisto del terreno scoppia la vicenda Parretti e, come ho già detto, sono stato licenziato dalla Manzoni. ‘E ora come farai a costruire la casa?’, mi chiese Cassina. ‘Non lo so – gli risposi – sto cercando un altro lavoro. So che il Commendatore Carbone mi darà una mano’. Il Conte mi guardò negli occhi e sorrise: ‘Trova bravi muratori e bravi artigiani – mi disse – al materiale per costruire le case e tutto il resto penserò io. Vai dove il mio gruppo tiene i materiali e prendi quello che ti serve. Andavo con Cesare Galluzzo ottimo muratore di Partanna-Mondello e gli operai con il camion e prendevamo quello che ci serviva”.

Fine Dicembre 1985-primi di Gennaio 1986: quando la politica di Palermo mollò il gruppo Cassina

“Ripeto – prosegue Boschetti -: per me il Conte Artuso Cassina è stato come un padre. Della mia vicenda giudiziaria, come ho già detto, si è occupato lui. Alla mia famiglia ha pensato lui quando per circa un mese sono stato in carcere. Quando la mia vicenda giudiziaria si è conclusa mi ha assegnato l’incarico di curare le pubbliche relazioni della sua impresa. Mi aiutò a far trovare a mio genero un posto di lavoro e ha organizzato il matrimonio di mia figlia. Devo tutto al Conte Cassina. Mi ha anche aiutato a realizzare il capannone industriale a Torretta, dove oggi lavorano i miei figli. Quando è morto, nel 2000, ho pianto la scomparsa di un uomo che, lo ripeto, per me è sempre stato un padre. Il Conte Cassina, come ho ricordato, è morto nel 2000. Da allora sono passati più di venti anni. Oggi posso raccontare una confessione che mi fece nell’Autunno del 1985. In quei giorni era molto giù, anche se non perdeva l’ironia. Come sempre, insistevo per capire cosa stava succedendo. Mi disse: ‘Adesso ti racconto come stanno le cose. Però mi devi promettere che, fino a quando sarò in vita e, possibilmente, anche negli anni successivi, questa storia la devi tenere per te. Un giorno, tra tanto tempo, la racconterai ai tuoi nipoti’. Dopo oltre vent’anni la posso raccontare. ‘Il mio gruppo – mi raccontò – non gestirà più le manutenzioni del Comune di Palermo’. E perché?, gli chiesi. La sua risposta fu telegrafica: ‘Hanno deciso così’. Chi lo ha deciso?, gli chiesi. ‘La politica’, mi rispose. Ma perché? ‘Perché hanno pronto un altro gruppo imprenditoriale per sostituirmi’. Domandai: ma come la stanno motivando questa scelta? Sorrise amaramente: ‘Non la stanno motivando. La politica si sta limitando a chiedermi cose che sanno benissimo che non posso dare. Non sono siciliano – aggiunse – ma dopo tanti anni lo sono diventato abbastanza per capire come ragionano i politici siciliani. Quando, per farti lavorare, ti chiedono una cosa che tu non puoi dargli, beh, è chiaro che ti hanno già sostituito’. Chiesi: ma lei, Conte, ha già capito chi prenderà il suo posto? ‘Lo immagino – mi rispose -. Certamente è qualcuno che non mi ha mai amato. Così come io non ho mai amato lui. Ma so che lui e i politici come lui che hanno deciso di metterci fuori gioco sono degli ‘artisti’: faranno arrivare un gruppo chissà da dove come paravento. E loro staranno dietro’”.

L’ombra di Vito Ciancimino

“Tra Dicembre 1985 e Gennaio 1986 – scrive sempre l’autore del libro – il gruppo Cassina venne estromesso dalla gestione dei lavori pubblici del Comune di Palermo. Ricordo il grande clamore. Perché centinaia di persone rimasero senza lavoro. Ma di loro si occupò subito la politica. A Roma fecero una legge che faceva lavorare questo personale al Comune di Palermo. Pagava lo Stato. Una soluzione all’italiana. Allora i soldi c’erano e certe cose si potevano fare. Ogni anno lo Stato interveniva con un finanziamento. Fino a quando questo personale non è stato definitivamente assunto dal Comune di Palermo. L’impresa che preso il posto del gruppo Cassina arrivava da Napoli. Come già accennato, il Conte aveva previsto che avrebbero preso un gruppo da fuori la Sicilia. Qualche anno dopo si scoprì che dietro la società che aveva sostituito il gruppo Cassina c’era l’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino. Della vicenda, ricordo, si occupò anche il giudice Giovanni Falcone. Ricordo che scoppiò uno scandalo: quando si scoprì che dietro l’impresa di Napoli c’era Ciancimino, Sindaco di Palermo era Leoluca Orlando sostenuto da un gruppo di democristiani e da altre formazioni politiche con il Pci che, ufficialmente, appoggiava l’amministrazione Orlando dall’esterno ma che, in realtà, governava con il Sindaco. Mezza Dc era all’opposizione. In quei giorni incontrai il Conte Artuso Cassina. Gli dissi che aveva avuto ragione. Sorrise ironicamente. Ero convinto che sarebbe scoppiato un casino. Ma il Conte, sempre sorridendo, aggiunse: ‘Metteranno tutto a tacere nel giro di qualche giorno. E chi cercherà di opporsi verrà stritolato’. In effetti andò così. La cosa venne messa a tacere. Solo qualche anno dopo, di questa storia, parlò il giudice Giovanni Falcone. Ma la vicenda finì comunque lì. Sono, queste, le cose incomprensibili di Palermo”.

La nascita de Il Mediterraneo

“Dopo la morte del Conte – racconta ancora Boschetti – sono rimasto legato ai figli Duilio e Luciano. Grazie a Duilio ho avuto un incarico a Tele Montercarlo. Mi aiutò la sua Compagna, la signora Zingales, che era l’amministratrice della società. Ma come ho già detto, la televisione non è mai stato il mio mestiere. Ho preferito trasferirmi a Roma. Dove ho lavorato presso varie testate. Quando ho fondato Il Mediterraneo – correva l’anno 1994 – ne parlai ovviamente con il Conte Cassina. Quando ho detto al Conte che avrei dato vita a un giornale con l’ex assessore regionale ai Lavori pubblici, Salvatore ‘Totò’ Sciangula, mi disse: ‘Vai, i soldi ci sono’. Purtroppo Sciangula è morto e io sono rimasto con un giornale aperto a metà. Mi sono guardato in giro. L’unico che poteva darmi una mano era Leoluca Orlando, che allora era il Sindaco di Palermo. Ne parlai con Cassina. Non approvò. Ma io testa dura sono andato avanti. Non sapevo dove potevo aggrapparmi. Luca con me si è comportato bene. E’ stato sempre un gran signore. Poi è avvenuta una sciagura: la storia della morte di Irene Tagliavia. Ma questo fa parte della storia del Mediterraneo“.

Fine della settima puntata/ Continua

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