Di cattivo gusto parlare di “debolezza della Russia” mentre il Paese di Putin piange i propri morti

L’Italia, dalla ‘Strategia della tensione’ alle stragi del 1992, non ha esattamente i titoli per assegnare patenti di “Sicurezza” ad altri Paesi, a cominciare dalla Russia

Ci sono parole che un politico non dovrebbe mai pronunciare. E’ il caso del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega alla sicurezza, Alfredo Mantovano. Mantovano parla della debolezza della Russia che, nel caso dell’attentato di qualche giorno fa a Mosca, avrebbe dato prova di grande debolezza. Un fatto negativo, aggiunge, per un regime che basa la sua credibilità sulla capacità di garantire la sicurezza. Per Mantovano, in Italia, il repicolo sarebbe rappresentato dai “lupi solitari”, mentre un commendo come quello che ha operato a Mosca “sarebbe intercettato prima”. Dichiarazioni che, in realtà, dipingono l’Italia in modo diverso da quello che abbiamo visto a partire dalla fine degli anni ’60 del secolo passato, se è vero che il nostro Paese è stato oggetto di continui attentati terribili che hanno colpito banche, treni, stazioni ferroviarie e via continuando. Si chiamava ‘Stretegia della tensione’. E che dire delle stragi del 1992? Ancora oggi, dopo oltre trent’anni, molti punti di quella stagione rimangono oscuri, anche se emerge il ruolo sinistro di ‘pezzi’ dello Stato italiano.

In queste ore di terrore celebrare le proprie capacità e segnalare la debolezza della Russia è un errore che crea solo fastidio a chi ha subito un terribile attentato

Ma le parole di Mantovano non sono discutibili sono esaminando il passato. Destano perplessità anche rispetto al presente. In queste ore di terrore celebrare le proprie capacità e segnalare la debolezza della Russia è un errore. L’Occidente cerca di fare passare la tesi che dietro i morti di Mosca ci sia l’Isis. Tesi molto debole. Dice il filosofo Diego Fusaro: “Se comunque è vero che sempre bisogna porre la domanda cui prodest?, ebbene, la pista dell’Isis sembra davvero poco plausibile, soprattutto per una ragione: se l’Isis, come da sempre ci dicono, ha per obbiettivo l’Occidente, perché mai dovrebbe colpire proprio la Russia, che attualmente dell’Occidente è forse il principale nemico? O si deve riconoscere che l’Isis è uno strumento dell’Occidente?”. I fatti parlano da soli. E i fatti ci dicono che l’Occidente, in Ucraina, ha perso la guerra e anche la faccia. Alcuni giorni prima della strage di Mosca i militari russi hanno colpito molto duro in Ucraina, distruggendo tantissime centrali elettriche. Non ci vuole molto a capire quale sia la strategia di Putin: seminare pessimismo nella popolazione ucraina e costringerla ad emigrare in Europa, per non parlare dei giovani ucraini che, vedendo soccombere il proprio Paese, si rifiutano di arruolarsi nell’esercito perché sanno, appunto, che la guerra è persa e che arruolarsi significa andare matematicamente a morire.

Il caso della raffineria di Priolo, in Sicilia, tra Russia e Israele

In una guerra, quando avvengono fatti come quelli accaduti a Mosca, vanno analizzati gli effetti e chi ne dovrebbe trarre giovamento. Il condizionale è d’obbligo, perché qualche volta il giovamento non si materializza. Ci sono dubbi sul fatto che la guerra in Ucraina, al di là delle fesserie raccontate dalla televisione, stia terremotando l’economia dell’Unione europea? Ci sono dubbi sul fatto che milioni di ucraini si sono già riversati in Europa? Ci sono dubbi sul fatto che i russi stanno avanzando su tutti i fronti di guerra in Ucraina? La strage di Mosca sembra una mossa disperata da parte di chi sta perdendo la guerra. E la guerra, in Ucraina, la sta perdendo l’Occidente al gran completo, in testa Stati Uniti d’America e Unione europea. Questi sono i fatti oggettivi. Se l’Occidente pensa che basterà agitare la presenza dell’Isis per chiamarsi fuori da quello che succederà si sbaglia di grosso. Agli osservatori attenti non sfugge – per citare solo un esempio – che l’Italia si trova con la raffineria di Priolo, in Sicilia, gestita dagli israeliani in forza di una strana vendita della stessa raffineria da parte dei russi della Lukoil. Per essere ancora più chiari, nell’impianto di Priolo, che raffina il 40% del petrolio italiano, si va avanti in base a un accordo tra Israele e Russia, mentre l’Italia si barcamena con Israele e si schiera contro la Russia. Parlare di debolezza della Russia mentre questo Paese piange i propri morti non ci sembra il massimo di lungimiranza politica.

Foto tratta da Il Riformista

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