Padre Pio già negli anni ’60 sosteneva che il bandito Salvatore Giuliano non era stato ammazzato a Castelvetrano il 5 Luglio del 1950 ma era scappato negli Stati Uniti d’America

Per caso ci siamo imbattuti in una dichiarazione degli anni ’60 del secolo passato del Santo di Pietralcina

Per caso è finito sotto i nostri occhi un articolo del 2010 pubblicato dal Corriere del Mezzogiorno. Stavamo effettuando una piccola ricerca su Padre Pio, quando abbiamo letto una dichiarazione del Santo di Pietralcina su Salvatore Giuliano (sotto foto di Wikipedia), il celebre bandito di Montelepre che negli anni del secondo dopoguerra tenne sotto scacco le forze dell’ordine del tempo che non riuscivano a catturarlo. L’articolo racconta di un incontro fra Padre Pio e Ettore Boschi, uno dei maggiori esperti italiani di diritto di famiglia. Racconta Boschi: “Ci siamo messi a chiacchierare… A un certo punto parlavamo del bandito Giuliano. Lui sosteneva che fosse vivo e che fosse in America. Io insistetti, da giovane e da avvocato: ‘Ma gli hanno fatto l’autopsia… i familiari lo hanno riconosciuto… ma Padre, che sta dicendo?’. Fino a quando lui mi ha detto: ‘Zitto, tu non capisci niente!'” (qui per esteso l’articol del Corriere del Mezzogiorno). Questo articolo ci ha fatto tornare alla memoria un articolo che Ignazio Coppola, grande appassionato di storia della Sicilia, ha scritto per I Nuovi Vespri nel 2017. Dove si riporta una testimonianza di un personaggio centrale nella vicenda Giualiano: l’avvocato Gregorio Di Maria di Castelvetrano, conosciuto anche come l‘avvocaticchio. E’ l’uomo nella casa del quale – stando alla ricostruzione ufficiale che vuole Giuliano morto il 5 Luglio del 1950 – il bandito di Montelepre avrebbe passato le ultime settimane della sua vita.

L’articolo di Ignazio Coppola che riporta la dichiarazione dell’avvocato Grogorio Di Maria, noto come l’Avvocaticchio

Leggiamo alcuni passaggi dell’articolo di Ignazio Coppola: “Di recente, poi – scriveva Coppola nel 2017 – il mistero della morte di Salvatore Giuliano s’è arricchito di un nuovo tassello che ha dell’incredibile. Ossia che quel cadavere che, il 5 Luglio del 1950, massacrato di colpi, giaceva a terra nell’assolato cortile Di Maria non fosse quello di Giuliano, ma di un suo sosia. Questa la tesi dello storico Giuseppe Casarubea, recentemente scomparso, che era fermamente convinto che al posto di Giuliano era stato ucciso un sosia per consentire al vero Giuliano di fuggire ed espatriare negli Stati Uniti con i suoi compromettenti segreti che coinvolgevano forze politiche ed istituzioni”. Ad avvalorare questa tesi è lo stesso avvocato Di Maria che ormai avanti negli anni, poco prima di passare a miglior vita, diede la sua versione dei fatti: “L’avvocato Di Maria, in punto di morte, e non si vede perché in tal frangente avrebbe dovuto mentire, all’età di 98 anni, all’ospedale di Castelvetrano, ebbe a confessare a due infermieri che lo assistevano, quasi a volersi liberare di un peso che lo aveva angosciato per tutta la sua vita, che quello che era stato ucciso e depositato, dai carabinieri, nel cortile della sua casa non era Salvatore Giuliano, ma bensì un suo sosia. Quindi, volendo prestar fede allo storico Giuseppe Casarubea prima e alle affermazioni dello’ ‘avvocaticchio’ Gregorio De Maria poi, e per dirla con Tommaso Besozzi ed estremizzando ancor più il suo concetto, di sicuro che in quel lontano Luglio del 1950 nel cortile di Maria c’era un cadavere, ma non si sa bene se di Salvatore Giuliano o di un suo sosia”. La frase del grande giornalista Tommaso Besozzi, che fu il primo a capire che nella ricostruzione della morte di Giuliano c’era qualcosa che non funzionava, era stata: “Di sicuro c’è soltanto che è morto”.

La denuncia di Giuseppe Casarrubea e la prova del DNA. Anche lo scrittore Mario Puzo, l’autore de “Il Padrino”, sosteneva che Giuliano non era morto a Castelvetrano ma che era fuggito in America

In effetti, la morte di Giuliano è stata data per certa fino a quando il citato Giuseppe Casarrubea, che conosceva molto bene le vicende e le vicissitudini della Sicilia degli anni subito successivi alla Seconda guerra Mondiale, non ha tirato fuori la storia che il cadavere trovato la mattina del 5 Luglio 1950 non era quello di Salvatore Giuliano. La denuncia di Casarrubea è stata raccolta, come atto dovuto, nel 2010, dall’allora procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, e dai PM Marcello Viola e Lia Salvia. Citiamo un altro passaggio dell’articolo di Coppola: “La riesumazione – spiegò allora il procuratore Ingroia – è una scelta obbligata. Anche se noi continuiamo a dire che andiamo con i piedi di piombo, prima di fare ipotesi bisogna aspettare le analisi”. E le analisi, ossia il riscontro del DNA effettuato su Giuseppe Sciortino, nipote di Giuliano e comparato con quello del cadavere riesumato del re di Montelepre, racconta sempre Coppola, “portarono all’archiviazione dell’inchiesta, arrivando alla conclusione che i due DNA, appunto con qualche riserva, erano al 90% compatibili”. Leggere oggi queste dichiarazione di Padre Pio fa una certa impressione. Casarrubea è venuto a mancare nel 2015. I suoi studi su Giuliano sono stati pubblicati a partire dagli anni ’90 del secolo passato. Padre Pio è venuto a mancare nel 1968. Come faceva il Santo di Pietralcina a sapere che il bandito Giuliano non era morto ma era in America? Dubitiamo che Padre Pio sia venuto in Sicilia per un’inchiesta su Giuliano, anche perché nella vita era un presbitero dell’Ordine dei frati minori cappuccini, non un giornalista. E’ evidente che aveva avuto una rivelazione quasi quarant’anni prima degli studi di Casarrubea. Non ci sembra un particolare di poco conto. Anzi. Per la cronaca, anche lo scrittore Mario Puzo (foto sopra tratta da Wikipedia), l’autore del celebre romanzo Il Padrino, uomo che non era certo ‘digiuno’ in materia di fatti di mafia, sosteneva che Giuliano non era morto ma si era trasferito in America. La tesi di Puzo è romanzata. La tesi di Casarrubea è stata smentita ma non al cento per cento dall’analisi del DNA. La tesi dell’avvocato Di Maria non è mai stata presa in considerazione. C’è anche la dichiarazione di Padre Pio. Quattro persone molto diverse tra di loro che sostengono la medesima tesi: il bandito Giuliano non è stato ammazzato a Castelvetrano ma è fuggito in America.

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