Perché quando si ricorda il comunista Pio La Torre si parla pochissimo delle sue difficoltà all’interno del Pci siciliano e dei suoi dubbi sulla gestione degli agrumi nei centri Aima-Cee?

I ricordi personali dell’autore di questo articolo si intrecciano con un’informazione incompleta su un grande dirigente del Pci siciliano

Ogni tanto sento parlare di Pio La Torre, il segretario del Pci siciliano trucidato a Palermo la mattina del 30 Aprile 1982 insieme con il suo collaboratore, Rosario Di Salvo. C’è chi ne scrive di qua e chi ne scrive di là. Giustissimo ricordare la sua battaglia culturale e politica contro i missili americani Cruise, tornati alla ribalta in questi tre anni perché utilizzati in Ucraina nella guerra dell’Occidente contro la Russia. Armi ormai un po’ spuntate, se è vero che i russi, di fatto, hanno vinto la guerra sul campo. Ma il tema che oggi voglio trattare in prima persona – del resto questo è il mio blog e non è una stranezza – è un altro. Che riassumo in una domanda: perché nelle ricostruzioni sulla vita di La Torre e, in particolare, sull’ultimo suo anno di vita, non si parla quasi mai delle resistenze, se non di una vera e propria opposizione che La Torre si trovò a fronteggiare quando tornò nella nostra Isola nel ruolo di segretario regionale del Pci? Due gli argomenti che proverò a illustrare: le difficoltà di La Torre all’interno del suo partito e i suoi dubbi sulla gestione degli agrumi in Sicilia. Sono due argomenti che, come illustrerò, si intrecciano.

Quando La Torre tornò in Sicilia nel 1981 non mancarono le contestazioni all’interno del suo partito

Cominciamo con il primo argomento: il ritorno di La Torre in Sicilia nel ruolo di segretario regionale del Pci siciliano. La Torre era un politico integerrimo: questo è pacifico e lo riconoscono tutti. Sono i deputati nazionali La Torre e Cesare Terranova, magistrato eletto parlamentare nazionale nelle file del Pci, che firmano, nel 1976, la relazione di minoranza a chiusura dei lavori della prima Commissione parlamentare Antimafia 1962-1976. Entrambi, lo ricordiamo, sono stati uccisi. Terranova viene ucciso insieme con il suo collaboratore Lenin Mancuso il 25 Settembre del 1979, Pio La Torre il 30 Aprile del 1982 insieme con il suo collaboratore Rosario Di Salvo. Quello che non si legge spesso è che il ritorno di La Torre in Sicilia viene contestato da una parte del Pci siciliano. Usiamo la parola ‘ritorno’, perché La Torre, siciliano di Palermo, classe 1927, è cresciuto politicamente in Sicilia, tra la Cgil e il partito, ricoprendo ruoli rilevanti. Se utilizziamo la parola ‘contestato’ è perché non mancavano gli esponenti del Pci siciliano che nel 1981 si opponevano al ritorno di La Torre nella nostra Isola. Agli atti, anche se sono in pochi a ricordarlo, c’è stata anche una manifestazione di protesta, ufficialmente perché La Torre veniva etichettato come un esponente della ‘destra’ del Pci.

La gestione banditesca degli agrumi da parte della Cee

Il secondo argomento riguarda la gestione del ritiro degli agrumi dal mercato. In quegli anni non c’era l’Unione europea che conosciamo oggi ‘sparata’ contro l’agricoltura europea; in compenso c’era la Cee, sigla che sta per Comunità economica europea. Ebbene, anche allora, come oggi, la gestione dell’agricoltura, da parte degli ‘europeisti’, era banditesca: se oggi gli ‘europeisti’ fanno arrivare in Europa prodotti agricoli scadenti, a cominciare dal grano ‘arricchito’ con glifosato e micotossine DON, nei primi anni ’80 del secolo passato gli ‘europeisti’ si mettevano d’accordo con alcuni Paesi del Nord Africa per vendere automobili, riempendo la Sicilia e il resto d’Italia di agrumi nordafricani che non erano esattamente di grande qualità. Automobili italiane da vendere in Nord Africa in cambio dell’acquisto di agrumi nordafricani da parte del nostro Paese. L’agricoltura meridionale sacrificata sull’altare dell’industria del Nord Italia: un classico del colonialismo italico che la Lega Nord ha soltanto rinvigorito. Allora l’Italia era ancora un Paese democratico, libero e ricco e sistemava tutto con i ‘famigerati’ Piani Agrumi che riempivano di soldi i produttori di arance, limoni e, in minima parte, anche di mandarini. L’Italia di allora se lo poteva permettere, perché era tra i cinque Paesi industriali più impotanti del mondo. Per quello che mi hanno raccontato La Torre non era entusiasta di questo sistema che, a suo avviso, a lungo andare, avrebbe penalizzato la produzione di limoni nel Palermitano. I fatti gli hanno dato ragione.

La storia dei centri Aima-Cee e i dubbi di La Torre

In più, la politica ‘europeista’, in combutta con la politica locale, si era inventata il ritiro degli agrumi in eccedenza dal mercato. In realtà, non c’era alcuna eccedenza di agrumi: le eccedenze produttive le creava la Cee importando, come già accennato, pessimi agrumi nordafricani. In pratica, gli agricoltori si prendevano i soldi dei Piani Agrumi e, con la regia della politica, anche i soldi in cambio degli agrumi in eccedenza che consegnavano nei centri di ritiro Aima-Cee. Si vociferava, allora, che nei centri di ritiro Aima-Cee si faceva ordinariamente la ‘cresta’: siccome la Cee pagava gli agrumi a peso, si diceva che i camion che entravano nei centri Aima venivano riempiti di pietre e solo alla sommità veniva depositato uno strato di agrumi. Insomma, una ‘cucca’ alla quale, così si diceva, ‘bagnava il becco’ anche la mafia, allora molto presente e attiva nel Palermtano e nel Catanese. Vero? Faso? Vattelappesca! Ciò che si sa è che a La Torre, che conosceva non bene ma benissimo il mondo agricolo siciliano, questa storia dei centri Aima, che si snodava in provincia di Palermo (soprattutto tra Villabate e Bagheria) e in alcuni centri agrumicoli del Catanese, non andava proprio a genio. Di certo, tra le ragioni che hanno determinato l’omicidio La Torre spicca il suo impegno contro la militarizzazione della Sicilia da parte degli americani. Ma andrebbe ricordato anche un certo ‘contesto’ siciliano che non è mai stato favorevole al ritorno di La Torre in Sicilia. Ribadisco: perché, quando si ricostruisce la vita di La Torre, e soprattutto il suo ritorno in Sicilia nel 1981, non si parla quasi mai dei due argomenti che ho provato a illustrare in questo articolo, fatti dei quali sono stato in parte osservatore da giovane giornalista? Per la cronaca, l’autore di questo articolo, dopo la morte di La Torre sino alla seconda metà degli anni ’80, scriveva spesso delle ‘opacità’, definiamole così, nella gestione del ritiro dal mercato degli agrumi in Sicilia: ne scrivevo nel mensile Sicilia Verde e anche nel quotidiano L’Ora di Palermo. Anche il Giornale di Sicilia di quegli anni ogni tanto affrontava tale argomento ‘spinoso’. Chissà se qualcuno avrà voglia di ricordare questi fatti.

Foto tratta da Antimafia Duemila

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