Gesù si siede a tavola con i pubblicani considerati “impuri” suscitando l’ira di scribi e farisei. Ma la sua risposta li disarma: “Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori!”

di Frate Domenico Spatola

Commento a un celebre passo del Vangelo di Marco (2,13-17)

Alla porta di Cafarnao, si imbatté in Levi, il figlio di Alfeo, in arte “pubblicano”. Era il mestiere di chi lavorava per conto dei Romani invasori. Da esattore delle imposte, poteva richiedere, per suo beneficio, anche cinque volte di più del dovuto. Ciò lo rendeva comprensibilmente odioso, oltre che peccatore irredimibile. A lui non certamente abituato a convenevoli, Gesù rivolse l’invito: “Seguimi!”. La sua risposta fu sorprendentemente immediata e lieta, perché il nuovo discepolo organizzò a casa sua una festa. Al pranzo invitò i numerosi colleghi, pubblicani e peccatori come lui. Non poteva il fatto non suscitare scandalo soprattutto tra i perbenisti, scribi e farisei, al vederlo mangiare con tale gentaglia. “Impura” per la Legge e che rendeva “impuro” chiunque si accostasse a loro. Adirati provarono a denigrare il Maestro davanti ai discepoli: “Perché mangia e beve con pubblicani e peccatori?”. Avranno gridato perché li ascoltasse anche Gesù, il quale rispose, dando del peccatore tutt’altro identikit, quello del malato, e di se stesso quello del medico. “Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori!”. Provando così a legittimare ai loro occhi il suo ministero.

Foto tratta da La Luce di Maria

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *