La lebbra era una malattia considerata un castigo per chi non osservava la legge di Mosè. Guarendo un lebbroso Gesù dimostra che si veniva liberati trasgredendo a una legge sbagliata

di Frate Domenico Spatola

11 Gennaio 2025, Sabato dopo la Epifania: Luca 5, 12-16

Ogni lebbroso era prototipo di qualunque emarginato, dalla religione e dalla società. Chi si presentò a Gesù per essere guarito, riteneva tuttavia valida l’istituzione religiosa che lo discriminava. La lebbra era intesa come castigo dato a chi non osservava la Legge di Mosè. Tutti gli scomunicati di Israele avevano fiducia in Gesù, consapevoli che li liberava dalla emarginazione. Il lebbroso si avvicinò a Gesù, contravvenendo alla Legge che vietava severamente quel gesto. Lo supplicò: “Se vuoi puoi salvarmi”. Lo volle e pure lo toccò lasciandosi contagiare della stessa sua impurità legale. Avrebbe potuto evitare di toccarlo, ma lo fece per mostrare apertamente di non credere in quella Legge che, in nome di Dio, discriminava la gente sul “puro e impuro”. Mostrava che si veniva liberati, trasgredendo la Legge. Ma il guarito non era ancora maturo per una simile libertà, per questo Gesù lo reintegrò nella società, che lo aveva emarginato, ma non lo accolse ancora nel suo gruppo. Chiese a lui che il fatto non venisse divulgato, perché i tempi non erano ancora maturi per contestare quella Legge che consacrava l’ingiustizia in nome di Dio. Tuttavia Gesù, ormai “impuro” per la Legge, stava isolato nel deserto, dove pregava
per il successo della sua missione, che voleva a vocazione universale.

Foto tratta da La Luce di Maria

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