La morte è di chi non ama e non accoglie, né comunica vita. Cristo è la “Vita” ed è la “Verità” per gli uomini

2 Novembre 2024, Commemorazione di tutti i Defunti

Giobbe aveva una certezza: il suo Redentore era vivo. Il “goèl” ricomprava, pagando per lui, il parente decaduto in schiavitù per debiti non pagati. Era legge nel quinto secolo avanti Cristo. Era sicuro dunque che gli avrebbe restituito la libertà dalla morte, perché da “ultimo si sarebbe eretto sulla polvere”. La morte, dunque “schiavitù” e “polvere”. Ma l’ultima sentenza, e di vita, sarebbe spettata al suo Signore, che lo avrebbe riscattato. Giobbe fu innovativo, andò oltre e cantò vittoria: “Senza la mia pelle vedrò Dio!”. Come liberato dalla cataratta, la morte gli sarebbe stata “sorella” ( San Francesco d’Assisi) perché gli consentiva di “vedere il Signore non da straniero”. L’apostolo Giovanni ne svilupperà il motivo nella sua Prima Lettera: “Siamo figli e, se ci amiamo, lo vedremo come Egli è”. L’apostolo Paolo espliciterà inoltre: “Saremo sempre con il Signore”. Annunciarono i discepoli il “Cristo risorto” con la morte da lui sconfitta. “Dove è, o morte la tua vittoria?” griderà vittorioso Paolo. A Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro defunto, Gesù aveva assicurato: “Chi crede in me, anche se muore, continua a vivere”. La morte è di chi non ama e non accoglie, né comunica vita. Cristo è la “Vita” e per farsi raggiungere si è fatto “Via” in affabulante “Verità” per noi.

Foto tratta da La Luce di Maria

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