Gli anni difficili de ‘Il Mediterraneo’. Il ‘caso’ dell’omicidio efferato di Irene Tagliavia e la querela miliardaria di Ferruccio Barbera

Undicesima puntata del volume di Vinicio Boschetti “Giustizia è sfatta”. In questo capitolo si raccontano storie molto tormentate che, piano piano, porteranno alla chisura del quotidiano

Se guardo oggi a quegli anni, il mio giudizio è semplice: ho fatto bene il mio lavoro di pubblicitario e qualcuno ha equivocato sul mio ruolo di editore. Possedevo tre cose importanti. In primo luogo avevo la rotativa gestita dai miei figli. In secondo luogo avevo Carbone alle spalle e questo, per me, era già una certezza. In terzo luogo c’era la mia esperienza di pubblicitario navigato. In questo contesto mi sono occupato di fare andare in edicola il giornale nelle migliori condizioni possibili. Ho messo a disposizione le mie conoscenze personali per risolvere al meglio i problemi tecnici ed editoriali. Mi sono occupato delle forniture di carta, dei rapporti con le agenzie giornalistiche e, da responsabile della gestione pubblicitaria, oltre a raccogliere la pubblicità, ho seguito anche i cambi merce e ho collaborato con i grafici per alcune inserzioni pubblicitarie. Il mio attivismo nei vari settori dell’attività editoriale – ribadisco: attività editoriale – è stata interpretata da taluni come una sorta di cointeressamento o, addirittura, come coinvolgimento nell’amministrazione del giornale: cosa, questa, che non è mai avvenuta. Io, nella gestione del quotidiano Il Mediterraneo, ho svolto solo l’attività di pubblicitario e non un ruolo più ampio che erroneamente mi è stato ascritto. A me interessava che il giornale andasse in edicola e che fosse appetibile per la raccolta pubblicitaria, grazie ai miei rapporti di lavoro.

“Siamo riusciti tra mille difficoltà a tirare avanti. Poi…”

Non altrettanto posso dire della qualità del giornale: un giornale che, man mano che andava avanti, perdeva mordente e lettori. E qualche volta prendeva pure abbagli. Non c’erano più le inchieste di Giulio, che il mio amico Pippo Morina spesso criticava: “E’ completamente matto. Attacca un giorno sì e l’altro pure i potenti. Li attacca sulla cronaca e poi li massacra con le inchieste. Prima o poi ti faranno una querela e ti costringeranno a chiudere il giornale”. Con tutto il bene che ho sempre voluto a Pippo Morina, debbo dire che su Giulio si sbagliava. E’ vero, nei cinque mesi in cui ha lavorato per Il Mediterraneo ha firmato alcune inchieste pesanti. Ma non ha preso una sola querela. La stessa cosa non posso dire di altri giornalisti che mi sono ritrovato nella redazione, presuntuosi e narcisi. Giornalisti che hanno combinato un patatrac. Dal 1995 al 1998 Il Mediterraneo ha retto. C’era qualche sbavatura ma si andava avanti. Ogni anno registravamo perdite sopportabili che venivano ripianate attraverso aumenti di capitale. Quanto affermo è tutto nei documenti. Il capitale sociale è stato portato da 20 milioni a 99 milioni di lire, a cui si sono aggiunti piccoli interventi finanziari.

“Debbo ringraziare l’allora editore del Giornale di Sicilia, Antonio Ardizzone: con è è stato un gran signore”

A un certo punto qualcosa si comincia a inceppare. Il giornale, l’ho detto, vive per lo più di pubblicità. E la maggior parte dei fondi pubblicitari arrivava dal Comune di Palermo. A Palermo, per darmi una mano, era arrivato il mio vecchio amico Umberto Bassi. Anche io, ogni tanto, prendevo qualche fregatura. Come la storia dei frangiosor con quale mi hanno fatto un buco di 300 milioni di lire. Carbone, anche per Il Mediterraneo, mi ha dato una mano. Il gruppo Finegil con editori associati mi dava le pagine nazionali, ma una protesta dell’edizione de la Repubblica di Palermo fece annullare questo servizio. Carbone mi presentò Paolo Pagliaro, ex Espresso, con il quale ho fatto le pagine nazionali. Ho avuto grande difficoltà nel trovare la carta. Costava un sacco di soldi e non era facile reperirla. Più di una volta, per mancanza di carta, ho rischiato di non stampare il giornale. Ho chiesto aiuto all’allora direttore-editore del Giornale di Sicilia, Antonio Ardizzone. Che mi prestava la carta e mi consentiva di andare in edicola. E’ successo più di una volta. Antonio Ardizzone è stato un vero signore.

“L’allora Sindaco di Palermo, Leolca Orlando, ha sostenuto Il Mediterraneo”

Di quegli anni ricordo una bella iniziativa con il circo Togni. E’ stato un cambio merce: ho dato loro la pubblicità gratis e il circo ha organizzato uno spettacolo per i bambini. Ho affittato a mie spese 20 pullman, regalando ai bambini le merende e i dolci della pasticceria Oscar di Palermo. Abbiamo organizzato uno spettacolo davanti al Teatro Massimo con Rigillo e tremila persone presenti. Con Ferruccio Barbera abbiamo dato vita all’apertura del Teatro Massimo chiuso per 17 anni. Ribadisco: il giornale, tutto sommato, andava bene. O, quanto meno, non c’erano grandi problemi. Il Sindaco di Palermo di allora, Leoluca Orlando, mi ha dato una grande mano. A un certo punto, come ho già accennato, le cose si sono messe male. Il giornale, come ho ricordato, vive per lo più di pubblicità. E la maggior parte dei fondi pubblicitari arrivava dal Comune di Palermo. Sennonché il direttore pro tempore, Marcello Barbaro, e il direttore editoriale, Francesco Terracina, pur sapendo che il giornale aveva un rapporto privilegiato con il Comune, lanciarono una campagna dai toni scandalistici contro il Comune di Palermo. I rapporti con il Comune peggiorarono. E cominciò a scarseggiare la pubblicità che arrivava dallo stesso Comune.

“Il rapporto difficile con la redazione del giornale”

In quel periodo cercavo in giro soldi per arrivare all’obiettivo che mi ero dato: acquisire i fondi della legge nazionale sull’editoria. Allora lo Stato interveniva a sostegno dei quotidiani. L’importante era rispettare alcuni requisiti. Il Mediterraneo aveva tali requisiti. Bisognava raggiungere il numero di anni di vita del giornale previsto dalla stessa legge. Mi rivolsi al mio amico Enzo Di Lorenzo. Di Lorenzo e il dottore Arcudi organizzarono un incontro a Milano con i vertici di Pubblitalia per la pubblicità. Con mia sorpresa trovai gli stessi personaggi che mi avevano annullato il contratto di 100 milioni di lire. Quando ho capito l’antifona sono andato via senza nemmeno trattare. Anche il bravo giornalista Felice Cavallaro lo scrive sul Corriere della Sera. Di tutto questo parlai con l’amministratore de Il Mediterraneo, che allargò le spalle: “Con la redazione è impossibile discutere. Mi hanno detto: tu amministra, noi facciamo il giornale”. Come ho già detto, con la riduzione della pubblicità del Comune cominciano i problemi. Vengono meno gli introiti. Si accumularono quattro mensilità di stipendi non pagati. Piuttosto che moderare i termini dello scontro con il Comune di Palermo, la redazione decise di continuare, inasprendola, la battaglia contro l’amministrazione comunale.

“Il ‘caso’ Irene Tagliavia e l’articolo su Ferruccio Barbera”

A un certo punto, i ‘geni’ che allora avevano in mano il giornale pensano di fare uno scoop. In quei giorni era stata ritrovata morta una ragazza molto conosciuta, Irene Tagliavia. Uccisa in circostanze mai del tutto chiarite. Cosa fanno i giornalisti che in quel momento gestivano il quotidiano? Scrivono un articolo ‘strillato’ in prima pagina, tirando in ballo Ferruccio Barbera. Stiamo parlando dell’uomo simbolo dell’amministrazione comunale di Palermo. Sapevano benissimo che Ferruccio Barbera – con il quale, come ho raccontato, ho lavorato in televisione – non era solo l’uomo che rappresentava il Comune di Palermo ma anche un personaggio molto conosciuto e apprezzato. Per anni è stato il protagonista di “Io guardo CTS”, trasmissione seguitissima in città, come ho già raccontato; ed era il figlio di Renzo Barbera, imprenditore, presidente della Palermo Calcio, uomo amatissimo dai palermitani. Ebbene, hanno tirato in ballo Ferruccio Barbera per la storia dell’omicidio di Irene Tagliavia. Avevano le prove? Loro dicevano di sì. Solo che poi queste prove non si sono materializzate.

“Un colpo terribile”

Per Il Mediterraneo è stato un colpo terribile ed io sono diventato mio malgrado, debole. Siamo stati additati come quelli che attaccavano le persone senza prove, peraltro su fatti estremamente gravi. Di mezzo, lo ricordo, c’era l’omicidio di una ragazza molto conosciuta in città. Ferruccio Barbera si è rivolto immediatamente alla Giustizia e mi ha chiesto 20 miliardi di vecchie lire di risarcimento. Altri 20 miliardi mi ha chiesto la moglie di Ferruccio. Il figlio mi chiese 20 miliardi di lire e 5 miliardi li chiede il Comune di Palermo. Se il giornale avesse perso una causa del genere avrei perso tutto. Il danno di immagine ed economico, per il giornale, è stato terribile. Abbiamo perso credibilità e abbiamo perso tantissimi contratti pubblicitari. Il solo Comune di Palermo revocò fatture per circa 400 milioni di lire e non diede più pubblicità. Fino a prima della campagna contro il Comune di Palermo, culminata nel presunto scoop su Irene Tagliavia, avevo sempre pagato i giornalisti, con qualche ritardo per i versamenti INPGI e CASAGIT, ritardo tipico di tutti i giornali. Dopo l’articolo sul caso di Irene Tagliavia gli introiti pubblicitari, come ho già ricordato, sono crollati del 90% circa.

“Totò Cuffaro ha provato a darmi una mano. Ma…”

Nonostante la citazione in Tribunale, nonostante i problemi enormi che mi hanno creato ho cercato di difendermi in tutti i modi. Avevo contro tutti. Anche privati con i quali avevo firmato contratti pubblicitari si ritiravano. Gli edicolanti mi facevano la guerra facendo sparire il giornale. I giornalisti – che alla fine erano quelli che avevano combinato il grande casino – cominciavano a fare storie. Volevano essere pagati e basta. Avevano creato i problemi e facevano finta che il responsabile ero io. Scorretti fino in fondo. I miei figli, come sempre, mi hanno aiutato. Ma non era facile andare avanti. Di soli stipendi occorrevano almeno 100 milioni di lire al mese. Né era pensabile tirare avanti con la pubblicità dei piccoli commercianti, che pagavano con assegni posdatati . Carbone, come sempre, mi diede una mano. E mi ha aiutato anche Totò Cuffaro, che allora ricopriva il ruolo di assessore regionale all’Agricoltura. E cosa mi combinano in redazione? Appena vengono a sapere che l’allora assessore Cuffaro mi sta dando una mano, cominciano a pubblicare articoli contro Cuffaro. Parlo con i giornalisti e gli dico: “Avete combinato un casino con il caso Irene Tagliavia, mi avete fatto perdere il 90% dei contratti pubblicitari e ora attaccate una delle poche persone che ci sta dando una mano? Lo sapete o no che i vostri stipendi dipendono dalla pubblicità?”. E’ stato tutto inutile, perché hanno continuato ad attaccare Cuffaro.

“Debbo un grande ringraziamento a Dore Misuraca”

Non ho saputo gestire la situazione? Probabilmente sì. Mi sarei dovuto imporre. Ma come mi dovevo imporre? Imponendo all’amministrazione la chiusura del giornale? Ho continuato a lottare, anche se in condizioni difficilissime. Debbo ricordare come sono riuscito a parare l’azione giudiziaria di Ferruccio Barbera e della sua famiglia. Andai a parlare con Dore Misuraca, che allora era parlamentare regionale di Forza Italia e conosceva Ferruccio. Debbo dire che Dore Misuraca è stato un gran signore. Gli ho raccontato come stavano le cose. E lui mi ha accompagnato a Roma, dove abbiamo incontrato Ferruccio Barbera, che era amareggiato e contrariato. Grazie a Dore Misuraca, Ferruccio Barbera e i suoi familiari hanno ritirato la richiesta di risarcimento che mi avrebbe rovinato. Nel frattempo la società editrice registra un’altra battuta di arresto.

Fine 12esima puntata/ Continia

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