Gesù criticato duramente a Nazareth risponde con un commento amaro: “Nessun profeta è disprezzato se non in patria”

di Frate Domenico Spatola

Commento al Vangelo della XIV Domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 6, 1-6

Gesù giunse a Nazareth. L’evangelista la chiama “patria”, volendo  estendere all’intera Nazione la responsabilità del rifiuto dei suoi compaesani. Era un Sabato e, come al solito, insegnava in sinagoga. Non conosciamo da Marco il contenuto della “lectio”. La spigoliamo dall’omologo passo di Luca, che parla di “anno di grazia del Signore”. Commentando il profeta Isaia, Gesù si dichiarava “consacrato dallo Spirito, per annunciare l’anno di grazia del Signore”. Ma la causa del rifiuto dei Nazaretani, fu perché aveva cancellato colpevolmente, le parole che rimandavano al “giorno della vendetta di Iahvè contro i nemici di Israele”. Lo giudicarono eccessivo! Vanificava, a loro dire, le attese del futuro dominio, che Israele riponeva nel “Messia, il figlio di David”. Da qui la persecuzione iniziava con la denigrazione del suo insegnamento. Lo disprezzavano perché non garantito da alcuna scuola. Gesù, da “falegname”, non aveva studiato con alcun maestro. Passarono dunque a denigrarne la reputazione. In quanto “figlio di Maria”, si sconosceva la paternità, che, nella norma, per Legge, era obbligo menzionare anche se il padre era morto. Dei fratelli e delle sorelle il ricordo avvenne senza infamia e senza lode. Per ripicca, provarono a distruggerne l’immagine, in risposta alla denigrazione che dei loro scribi era stata fatta precedentemente a Cafarnao. L’accusa di guarigioni illusorie venivano attribuite a mendacie opere di magia, compiuta con le mani. La difesa di Gesù fu l’amaro commento: “Nessun profeta è disprezzato se non in patria”. Non trovando fede in loro, andò altrove a evangelizzare i villaggi e le città della Galilea.

Foto tratta da Preg.audio

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