Vinicio Boschetti racconta: le follie del periodico ‘Il Barbiere’ e la sofferta e mancata riapertura del giornale L’Ora di Palermo

Oggi nona puntata del racconto di Vinicio Boschetti, pubblicitario di successo tra gli anni ’70 e primi anni del 2000. Oggi in scena la storia di un periodico ‘pazzo’ di due ‘giornalisti-barbieri’ e il tentativo, fallito, di riaprire una testata storica della nostra Isola

Il nome del settimanale Il Barbiere è di Francesco Terracina. E’ lui che l’ha voluto chiamare così. Siamo nel 1994. C’era chi mi proponeva un’iniziativa di qua e chi un’iniziativa di là. Dovevo riflettere. Così, per passare un po’ il tempo, con Terracina e Ambrosetti ci siamo inventati questo settimanale pazzo. Doveva essere una pubblicazione un po’ sopra il rigo, un po’ ironico, un po’ surreale. Certi numeri mi hanno fatto divertire, altri un po’ meno. Forse, come dire?, era un po’ troppo intellettuale. Ogni tanto dava una ‘zampata’, soprattutto in politica. L’anno precedente, nel 1993, c’erano state le elezioni comunali a Palermo, stravinte da Leoluca Orlando. Era venuto fuori una sorta di cartello di varie forze politiche alternativo a Orlando. Il nome che avevano scelto era Il Forum. Cosa fanno Terracina e Ambrosetti? Una pagina con una donna nuda con una freccia ‘lì’ e sopra la scritta: “Il Forum”. Insomma, un articolo di politica sul Forum illustrato così. E lo hanno pure motivato: “Magari con lei la prossima volta prendono più voti”. Una volta hanno fatto un’apertura del settimanale con un titolo a tutta pagina: “Riaprono i bordelli”. La gente che andava ad acquistare il giornale era attratta dal titolo. Non potete capire quante persone avvicinandosi all’edicola e leggendo il titolo si chiedevano e chiedevano: “Ma vero è? Hanno abolito la legge Merlin?”. Da questa esperienza ho capito che a Palermo l’ironia, o quanto meno la capacità di cogliere l’ironia quando è un po’ nascosta, non è molto diffusa. 8sopra foto tratta da Startmag)

Il viaggio a Pescara per provare a riaprire una testata storica della Sicilia

Il Barbiere è durato un paio di mesi. Anche perché con Terracina e Ambrosetti avevamo cominciato a lavorare ad un altro progetto. Sempre nel 1994 mi vengono a trovare, a Torretta, dove la mia azienda ha il capannone, i giornalisti Guido Valdini, Angelo Scuderi e Maurizio Scaglione. Quest’ultimo aveva preso il mio posto alla Manzoni come direttore di Palermo e non come Capo area. Da tempo cercavano un editore per riaprire il quotidiano L’Ora. Per questi ambienti, come chiamarli?, radical chic di una certa sinistra di Palermo sono sempre stato un pregiudicato e massone. Però, quando hanno avuto bisogno, sono venuti da me. Più di una volta. In quel caso dovevano parlare con i vertici della Manzoni. Quando sono venuti da me mi sono messo a ridere. “Ma come? – ho detto a Scaglione – sei il direttore della Manzoni a Palermo e vieni a cercare me per parlare con i vertici della società per la quale lavori?”. La verità era che Scaglione, alla Manzoni, aveva difficoltà a parlare con Carbone. Sapeva che ero una delle poche persone che poteva chiamare Carbone e fissare un appuntamento con lui e così sono venuti da me. Sapevo cosa pensavano di me ma ho cercato lo stesso di aiutarli. Così, a mie spese, sono andato a Roma e, con un’auto affittata da me, con Valdini, Scuderi e Scaglione ci siamo recati a Pescara dal commendatore Augusto Carbone al giornale IL CENTRO. Quando mi ha visto, Carbone mi ha abbracciato. E ci ha invitati tutti a pranzo. Tra un boccone e l’altro ha cominciato a porre domande a Valdini, Scuderi e Scaglione. Le risposte di questi due giornalisti e di Scaglione erano evasive. A fine pranzo Carbone mi ha preso sottobraccio e mi ha detto: “Uno lo conosco, bene o male lavora per noi. Ma gli altri due chi sono? Da dove vengono? Non mi sembra proprio che abbiano le idee chiare! A nome di chi parlano?”. Carbone era perplesso. Ma io – sbagliando – ho insistito. Forse perché volevo fare capire ai tre che alla Manzoni godevo sempre di grande considerazione, anche se tredici anni prima ero stato costretto ad andare via. Cose che ho già raccontato. Alla fine il commendatore mi ha accontentato, anche se non era molto convinto. E ci ha procurato un incontro con Mario Lenzi, direttore del gruppo Finegil. Abbiamo incontrato Lenzi nella sede del settimanale L’Espresso. La trattativa non è stata facile, anche se la Manzoni era ben disposta, perché era alla ricerca, nel Sud Italia, di piazzare giornali locali del suo gruppo. In Sardegna il gruppo Finegil operava con il quotidiano La Nuova Sardegna; in Calabria con il settimanale Il Domani e con Il Quotidiano; in Puglia c’erano i giornali di Claudio Signorile; a Salerno c’era La Città; mentre a Napoli c’era già la redazione de la Repubblica. Insomma, la Finegil era interessata ad riaprire il giornale L’Ora. Lenzi e Carbone volevano capire quali erano le condizioni per operare.

Il L’Ora e l’accordo con la Repubblica che non vide mai la luce

Mi diedero ufficialmente l’incarico di trovare un gruppo di imprenditori che avrebbero dovuto rilevare il 49% del giornale L’Ora. Li ho trovati e mi ero anche riservato un 10% per me. L’ex Partito comunista era disponibile a cedere gratis il 90% della testata. Il problema risiedeva nel fatto che c’era il restante 10% nelle mani della vecchia guardia del giornale L’Ora: Vittorio Nisticò e Etrio Fidora in testa. Sono stati questi due signori a fare fallire la riapertura del giornale L’Ora, perché chiedevano la luna nel pozzo. Ricordo che sono ancora creditore dell’Assostampa delle mie spese di viaggio per Pescara e Roma. Ricordo ancora che il progetto prevedeva di realizzare il ‘panino’ de la Repubblica: 16 pagine sulla Sicilia da vendere insieme con stessa la Repubblica. Io all’epoca avevo avuto l’incarico dal Presidente di Confidustria, Gianni Locatelli, amministratore de La Voce, per dare vita alle Vocine regionali per il SUD. Non se ne fece nulla, perché Indro Montanelli, che era il fondatore e il direttore de La Voce, chiuse il giornale. Tornando al quotidiano L’Ora, il direttore avrebbe dovuto essere Angelo Scuderi. Avevo dato vita ad una società insieme con Tony Sichera e l’assessore della Provincia di Palermo, Liborio Polizzi, che era anche dirigente della Palermo calcio. Nella vita sono sempre andato a intuito e il mio intuiti mi diceva che c’era qualcosa che non andava. Così ho deciso di rilevare le quote di Sichera e Polizzi e ho dato vita a una nuova società, Edizioni locali, della quale controllavo il 60%, mentre il 40% faceva capo a Italpress, cioè alla mia famiglia. Del giornale L’Ora ‘panino’ de la Repubblica, come ho già detto, non si fece nulla.

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