4 Settembre con l’acchianata sul Monte Pellegrino per devozione a Santa Rosalia: la vita e le leggende legate alla protettrice di Palermo nei ricordi di un bambino

di Frate Domenico Spatola

Donna di ascendenze sveve, visse alla corte normanna, dama di compagnia della regina Margherita

Dal secolo XIV la si venera con liturgia in varie Chiese locali. Conosciuta in Italia e in Europa, per le sue ascendenze sveve. Visse alla Corte normanna, “dama di compagnia” della regina Margherita, moglie di Guglielmo “il Malo”. Non doviziosi i dettagli, per le Cronache avare. Forniscono indizi. I resti del suo corpo furono ritrovati sul “Pellegrino”, per grazia ricevuta, nell’anno della peste, il 1624. Era nata a Palermo, Rosalia. Alla Quisquina, un epitaffio autografo sulla roccia racconta il suo passaggio “per amore del Signore Gesù Cristo”. Lasciò lo speco, ormai noto ai devoti che numerosi la importunavano, e fuggì sul monte di Palermo, “il promontorio più bello del mondo”, come ardì chiamarlo Goethe. Nella solitudine della Grotta, sposò Cristo in mistiche nozze. Si era sul finire del XII secolo. Altre “leggende”, la tramandarono “monaca basiliana”. Le reliquie del suo Corpo, ritrovate quattro secoli fa, fugarono la peste. Il Senato e il Popolo Palermitano, per gratitudine, la elessero “Patrona della città”. Non può mancare ogni anno “l’acchianata” al Monte, dei devoti Palermitani. Folklore o ansia di spiritualità? Il Pellegrino fu il trampolo della sua ascesa e vuole, nel simbolo, costituire il catartico itinerario interiore con desideri di Cielo.

La Santuzza

I miei ricordi su Santa Rosalia sono tutti dell’infanzia. A casa mia non si nominava altra Santa. Buona per tutte le circostanze, ma soprattutto in quelle brutte. il grido di mia madre, che si traduceva in una invocazione, era “Santa Rosalia!”. Mi ero convinto che fosse protettrice solo della nostra casa. Ma con sorpresa, una volta sentii invocare, alla stessa maniera, la signora Ninfa della porta accanto. Compresi che era corale la stessa protezione. La gita a Monte Pellegrino era devozionale. Una volta andammo tutti i figli, ancora non numerosi, a consegnare a Colei che ormai avevo imparato a chiamare la “Santuzza”, una gamba di cera, uguale a quella che si era fratturata Totò, il fratello più piccolo, centrato da una macchina. “E gli è finita bene!”, dissero. Da ciò la gratitudine alla Santuzza, la sola che l’aveva potuto salvare.

La Santa Messa concelebrata cinquant’anni fa con il Cardinale Pappalardo

Sul monte ritornavamo sempre in macchina (era una lancia 1100 di colore scuro), per i matrimoni dei numerosi parenti. Il viaggio a Santa Rosalia a consegnare il “mazzo” della sposa era infatti una devozione obbligata. Poi si scendeva, in corteo di macchine, dal lato che visiona Mondello, oggi strada perennemente chiusa, fino al “Piazzale dei Matrimoni”, alla Favorita. Qui, per la felicità di noi bambini, si sprecavano i dolciumi e si consegnavano confetti. I grandi brindavano col “rosolio”. Ritornai da adulto sul “Pellegrino” e anche spesso, ma quella volta che concelebrai la Messa con il Cardinale Pappalardo, fu cinquanta anni fa. Ero fresco di ordinazione sacerdotale. Anche quel giorno era il 4 settembre.

Foto tratta da ilSicilia,it

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